Comitato editoriale
50 anni di volontariato, dal dono di sé alla formazione permanente
L’associazione nell’anno del suo cinquantesimo guarda avanti e riflette sul suo futuro. 20mila volontari, 81 sezioni provinciali e un’idea: una scuola permanente per i volontari e un ricambio generazionale. Il contributo del professor Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali nell’incontro “La scelta volontaria. Riflessioni sul volontariato. Dalla vocazione del dono all’esigenza della formazione. Il modello Ail”
Nel celebrare i suoi 50 anni l’Ail, associazione italiana contro le leucemie, linfomi e mieloma ha deciso di approfondire il ruolo e il futuro di quella che viene riconosciuta come una delle sue risorse più preziose: i volontari. E lo ha fatto con un incontro, a Roma, in cui riflessioni e testimonianze sulla scelta volontaria l’hanno fatta da protagonisti. «I nostri volontari non si occupano solo degli eventi di piazza, ma anche dell’accoglienza lavorando al centro di ematologia e poi della Casa Ail: abbiamo 120 volontarie che, divise in turni, accompagnano i pazienti dalla prima visita alle pratiche», ha raccontato Maria Luisa Rossi Viganò, presidente di RomAil (la sezione della capitale nata 30 anni fa) che ha anche sottolineato come il prezioso aiuto dei volontari negli eventi di piazza ha permesso, in occasione della manifestazione Uova di Pasqua Ail di distribuirne «60mila. È come se avessimo un Uovo di Pasqua Ail in ogni posto dell’Olimpico», ha sottolineato con orgoglio.
«C’è una duplice confusione di pensiero da cui guardarsi: quella tra filantropia e azione volontaria e quella tra dono e donazione. Quest’ultima ha a che fare con un oggetto monetario o no e attiene alla filantropia, mentre il dono implica una relazione interpersonale ed è quello che fa il volontario», ha detto il professor Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali che ha portato la sua riflessione all’incontro di Ail sottolineando come il volontariato testimoni con i fatti «la rilevanza del principio del dono come gratuità». Che è diverso da gratis «che indica qualcosa a prezzo zero, mentre la gratuità ha un valore infinito. L’azione gratuita ha a che fare con il principio fraternità e lo avevano ben capito i primi rivoluzionari francesi: libertà ed eguaglianza non stanno assieme senza il collante della fraternità», ha insistito Zamagni. «Senza il principio del dono la società rischia di diventare disumana; con il dono il volontario non dà un oggetto ma se stesso per costruire una relazione interpersonale. Con la sua azione gratuita non aiuta solo il destinatario ma l’intera comunità», ha aggiunto ricordando che in campo sanitario in particolare ci sono il dolore e la sofferenza che sono diversi: «Nei confronti della sofferenza non ci sono medicamenti c’è il volontariato con la sua relazione interpersonale». Per Zamagni è importante «ricalibrare a livello giuridico le storture della normativa sul volontariato» ricordando anche che l’obiettivo ultimo dell’azione volontaria è la felicità e che occorre far conoscere come «l’azione gratuita produca nessi di reciprocità. E questa è sostenibilità». Il professor Zamagni ha chiuso il suo intervento con un monito ai media: «dedicano troppo poco spazio alla gratuità che non fa notizia: occorre invece far conoscere le azioni virtuose, il bene va raccontato per farlo diventare contagioso. Perché come diceva Aristotele La virtù è più contagiosa del vizio a condizione che venga fatta conoscere» e ha concluso «Anche un’economia di mercato per evolvere non potrà mai fare a meno della gratuità e del principio della fraternità».
Nel prendere la parola il presidente nazionale Ail, Sergio Amadori ha ricordato come nei cinquant’anni di storia dell’Ail si siano fatti moltissimi progressi in campo medico «anche solo 40 anni fa una diagnosi di tumore del sangue era una condanna a morte. Oggi sono malattie che guardiamo negli occhi. È quadruplicata la sopravvivenza, ci sono farmaci intelligenti ed è per questo che la ricerca va sostenuta, ma tutte le attività fatte in questi anni che mettono al centro il paziente non ci sarebbero state se, come diceva sempre il professor Mandelli, non ci fosse la forza dei volontari». Il presidente ha poi richiamato la recente udienza (il 2 marzo scorso) concessa da Papa Francesco all’associazione e le parole rivolte ai 7mila presenti: «Fare volontariato è farsi prossimo per il prossimo sofferente».
La celebrazione dei 50 anni di Ail, per il presidente Amadori è anche lo stimolo per continuare a guardare avanti «a innovare la rete Ail diffusa in tutta Italia. La nostra, come altre associazioni – ha aggiunto – ha bisogno di un ricambio generazionale e di formare veri e propri professionisti del volontariato. I nostri prossimi obiettivi puntano sia a realizzare una Scuola permanente di volontariato, per formare in modo continuo quanti sceglieranno liberamente di essere al fianco dei malati e delle famiglie, sia a una nostra maggiore presenza nelle scuole superiori per sensibilizzare e rendere consapevoli i ragazzi sul valore del dono solidale e gratuito». L’idea è quella di creare un modello di formazione per i volontari Ail che sia omogeneo su tutto il territorio «un progetto percorribile», lo ha definito Amadori.
Nell’occasione dell’incontro è stato presentato il libro “La scelta volontaria” di Alessandra Turrisi, giornalista palermitana che racconta la storia di Ail Palermo, indicata nel sottotitolo come “modello di impegno civile”, presenti l’autrice, Danilo Paolini, capo della redazione romana di Avvenire e il presidente di Ail Palermo Giuseppe di Toro. Rispondendo alla provocazione di Zamagni ai giornalisti Paolini ha ammesso che «è più facile leggere e scrivere del male, ma dobbiamo ribellarci a questa logica e trovare spazio per raccontare il bene». Paolini ha poi ricordato il ruolo generativo del volontariato perché «dall’esperienza volontaria possono nascere altre realtà di economia civile, imprese sociali, lavoro pulito».
Prima di dare la parola all’autrice del libro il presidente di Ail Palermo ha ricordato che il donarsi dei volontari, l’approntare presidi di aiuto al malato come la Casa Ail, il trasporto, il supporto psicologico «diventano condizioni fondamentali accanto alla terapia». E citando alcuni studi ha ricordato il fatto che se negli Usa dove non tutti hanno accesso alle stesse cure il reddito è fondamentale, in Italia dove le cure sono le stesse «chi si ritrova solo ha un 35% di qualità della vita in meno rispetto a chi invece ha la possibilità di un supporto. Riuscire a dare dei presidi diventa strategico». Oggi Ail Palermo conta oltre 200 volontari che seguono corsi formativi specifici, una storia che oggi ha raggiunto i 25 anni e che è iniziata, ha ricordato Turrisi nel 1994 e che ha fatto sì che Ail «interpretasse la voglia di cambiamento di Palermo e con tutte le energie positive». L’autrice ha ricordato i sette anni necessari per far sì che i fondi raccolti durante la Partita del cuore del 1993 si trasformassero nell’inaugurazione del nuovo centro trapianti.
«Siamo nati in un sottoscala dell’Ospedale Cervello, reclutato volontari e tutto è stato costruito passo dopo passo sempre la fianco dei malati» ha ricordato ancora Giuseppe Toro.
Nella foto in apertura, da sinistra, Giuseppe Toro, Sergio Amadori, Stefano Zamagni e Maria Luisa Rossi Viganò
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