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Social Innovation

Cometa, l’impatto sociale della bellezza

Il Politecnico di Milano ha misurato l'impatto sociale generato dai progetti di Cometa, la realtà comasca impegnata nell'accoglienza e nella formazione. Dispersione scolastica, inclusione lavorativa di persone fragili, riduzione delle disuguaglianze sono le aree in cui gli outcome sono più rilevanti. Ottantuno le persone fragili assunte nelle sei imprese sociali legate a Cometa: «Sembrano numeri piccoli, ma l'impatto sulle singole biografie è enorme», dice il professor Calderini

di Sara De Carli

Alla fine della mattinata, in un Teatro Sociale gremito, attento e partecipe, ma con il clima di una festa, il professor Mario Calderini in qualche modo alza le mani: «Anche oggi è emerso con forza che la cosa più bella dell’incontro con Cometa, per questi ragazzi, è il fatto che “fuori da scuola c’era qualcuno ad aspettarmi, per la prima volta qualcuno mi aspettava”. È questo l’elemento che davvero ha cambiato la loro vita. E questo evidentemente è qualcosa nessun modello può cogliere». Eppure ci hanno provato, anzi l’hanno fatto.

Siamo a Como. Il 29 maggio, nell’evento “Fatti… per il bene”, Cometa – un’organizzazione non profit italiana nata nel 2000 in città come esperienza di accoglienza familiare per bambini in difficoltà diurno e poi cresciuta negli anni nell’ambito della formazione, della prevenzione della dispersione scolastica e dell’inclusione lavorativa per persone con fragilità, siamo migranti o persone con disabilità – ha presentato la ricerca sull’impatto sociale prodotto sul territorio. Lo studio è stato condotto da Triadi, lo spin off del Politecnico di Milano.

La cosa più rilevante dell’incontro con Cometa, per i ragazzi, è il fatto che “fuori da scuola c’era qualcuno ad aspettarmi, per la prima volta qualcuno mi aspettava”. Questo evidentemente è qualcosa nessun modello può cogliere

Mario Calderini, professore alla School of Management del Politecnico di Milano

Le prime evidenze?  Nelle sei imprese sociali nate all’interno della “galassia” di Cometa, in cinque anni sono state assunte 81 persone con fragilità, di cui 28 con disabilità. Il numero dei dipendenti è raddoppiato dal 2019 ad oggi e il tempo indeterminato è il tipo di contratto più utilizzato. Alla scuola Oliver Twist di Cometa, che accoglie molti studenti a rischio di dispersione scolastica, la frequenza è del 90,8% e i promossi sono il 95,5% contro una media regionale del 91,5%. Nei suoi corsi, Cometa ha formato negli ultimi cinque anni più di mille giovani, di cui quasi 300 di nazionalità straniera, in collaborazione con 400 imprese del territorio: il 55,8% dopo un anno lavora e il 72,3% di essi ha trovato lavoro nel settore in cui si è formato. Sul versante educativo, invece, Cometa ha accompagnato 1.616 studenti tra i 6 e i 19 anni, di cui 225 con DSA e 111 con disabilità: tre studenti su quattro hanno incrementato o mantenuto la propria autostima e le proprie competenze socio-emotive, scoprendosi capaci di fare e di relazionarsi con gli altri.

Rispetto ai dati provinciali e regionali del territorio di riferimento, l’esperienza di Cometa quindi si rivela più efficace nella riduzione della dispersione scolastica, più capace di ridurre le disuguaglianze attraverso il coinvolgimento di beneficiari con cittadinanza non italiana, più impattante nel realizzare l’obiettivo dell’occupazione al termine della formazione.


Il di più della bellezza

«La mia famiglia non era neanche una famiglia», ha detto sul palco Erik Moraghi, 24 anni, che da quando ne ha 11 vive con Erasmo Figini e sua moglie Serena, uno dei fondatori di Cometa. «A 6 anni ero obbligato a vedere film horror e porno per “accelerare la crescita” e entrare al più presto nel giro dello spaccio. È stato orribile vedere mamma e papà andare a letto con altri. Dopo cinque anni in comunità e un affido andato male, quando sono arrivato in questa famiglia ho visto subito che qui c’era qualcosa di diverso e mi sono detto “va bene, ci provo”». Sono testimonianze come questa che, lungo la mattinata, hanno dato sostanza ai numeri che raccontavano l’impegno di Cometa nell’accoglienza di tutti, nell’essere luogo di comunione.

«Professionisti del noi e quindi dell’io», li ha definiti commosso il cardinal Matteo Zuppi, che di Cometa ha sottolineato la capacità di «mostrare la bellezza sì, ma la bellezza nascosta nell’umanità fragile e ammaccata, non la bellezza come astrazione tragica ma quella bellezza capace di rendere bello ciò che non lo è».

Erik Moraghi nella sua testimonianza

«Cometa è un grande dono per il nostro territorio, non solo per quanti ne usufruiscono», ha aggiunto il vescovo di Como, cardinale Oscar Cantoni: «I comaschi credono più agli occhi che alle orecchie e non sono troppo inclini agli entusiasmi, ma tutti riconosciamo Cometa come un fiore all’occhiello della nostra realtà e siamo grati per la sua presenza e per le sempre nuove creazioni che sa proporre a vantaggio di tutti e in particolare dei più bisognosi».

Narrarsi, prima forma di impatto

«Misurare l’impatto è un esercizio faticoso e costoso, che richiede sforzi. Perché farlo? Per tre ragioni, che riguardano tutto il non profit e quindi anche Cometa», ha esordito Mario Calderini, professore alla School of Management del Politecnico di Milano. La prima è che «dobbiamo raccontare quello che facciamo, non per autocelebrarsi ma perché anche nel racconto di quello che si fa c’è una forza trasformativa. Il fatto steso di esistere e di raccontare la propria storia è un modo per trasformare la società», ha evidenziato il professore. La seconda è che «se l’impatto è frutto atteso delle nostre azioni, c’è necessità di chiedersi ogni mattina se quello che si fa lo si sta facendo al meglio. Chi fa il bene per definizione crede di agire bene, perché animato da buone intenzioni: ma ogni giorno questo va messo alla prova della realtà e un modo per farlo è la misurazione dell’impatto». La terza ragione per fare uno studio della valutazione d’impatto è che filantropi, fondazioni, banche ed enti erogatori sempre più spesso dal non profit se lo attendono.

Mario Calderini e Valentina Tosi durante la presentazione dello studio

Da queste ragioni nasce “Nella scia di Cometa”, lo studio volto a comprendere l’impatto generato da Cometa nel territorio comasco negli ultimi cinque anni, dal 2019 al 2023. Lo studio di Triadi ha confrontato i risultati ottenuti dai progetti di Cometa con quelli del territorio di riferimento. Una seconda fase del lavoro sarà volto alla costruzione di un’infrastruttura digitale per migliorare la raccolta di dati utili alla misurazione dell’impatto e a valutare non più solo i singoli progetti di Cometa, ma l’organizzazione nella sua interezza, nell’impatto che essa produce sul territorio per il solo fatto di esistere: «È questa la sfida cruciale a cui le organizzazioni come Cometa saranno chiamate a rispondere nei prossimi anni», ha sottolineato Mario Calderini.

Dobbiamo raccontare quello che facciamo, non per autocelebrarsi ma perché anche nel racconto di quello che si fa c’è una forza trasformativa

Mario Calderini

Nella scia di Cometa

Lo studio ha analizzato vari progetti di Cometa, raggruppandoli e valutandone l’impatto in tre dimensioni: l’educazione per il contrasto della dispersione scolastica, la formazione per la riduzione delle disuguaglianze e l’inserimento lavorativo. In relazione al territorio, Cometa ha performance migliori, soprattutto se si considera che il target di Cometa presenta fragilità maggiori rispetto la popolazione generale (fatta eccezione per il 2020, l’anno del Covid, che però ha risultati anomali per tutto il territorio). I dati, illustrati da Valentina Tosi, responsabile dell’area Sustainability & Impact Assessment dello spin off del Politecnico, hanno mostrato performance particolarmente positive per gli indicatori che riguardano gli stranieri, in Cometa in aumento dal 2021, e gli studenti con DSA, che sono stabilmente oltre il 13% in più rispetto il dato del territorio.

La presentazione degli impatti di Cometa sull’inclusione lavorativa di persone fragili

La percentuale di Neet ad un anno dal diploma, ad esclusione del 2020, risulta essere sempre inferiore alla media lombarda, raggiungendo nel 2022 il -7,6% rispetto il dato del territorio. Inoltre, è visibile un miglioramento dell’occupazione ad un anno dal diploma negli ultimi due anni rispetto il periodo pre-covid, e ottenendo il 54% nell’ultimo anno. Nell’ambito educazione, sono cresciute le ore dei tutor dedicate ai beneficiari del progetto di supporto allo studio realizzato da Il Manto e i chilometri fatti: gli educatori vanno a prendere i bambini all’uscita di scuola, li portano a Cometa dove pranzano insieme, studiano insieme nel pomeriggio. In cinque anni sono stati seguiti 1.600 bambini e ragazzi, con 28mila ore dedicate e 140mila km percorsi.

Le storie

Giulia per esempio ha 25 anni e oggi fa l’educatrice a Rapallo. È di Milano. «In prima superiore, nel liceo in cui mi ero iscritta, ero il numero 5 dell’appello. Andavo a scuola convinta che il mio posto nel mondo non ci fosse, così dopo pochi mesi ho abbandonato. Dopo un anno, i miei genitori mi hanno proposto la scuola Oliver Twist di Cometa. Quando sono entrata qui, la prima cosa che mi ha colpito è la bellezza. Ma subito dopo è arrivata la consapevolezza che qui non ero un numero. Qui tutte le mattine il preside ti saluta. Un giorno che non sono entrata a scuola, la tutor mi ha telefonato ed è venuta a prendermi in centro a Como. Mi sono sentita voluta bene e questo mi ha permesso di lasciar cadere quella maschera da ragazza difficile e disillusa che era il modo in cui avevo trovato il mio posto nel mondo», racconta. Giulia a Cometa ha fatto il percorso del tessile, ma oggi fa tutt’altro: «Mi ha dato un metodo per guardare il mondo, la curiosità, il saper fare domande… tutto questo mi è servito tantissimo per affrontare l’università. Oggi con il mio lavoro vorrei portare ai miei ragazzi un pezzetto di Cometa, cercando di trasmettere quella bellezza che è stata regalata a me».

Giulia, 25 anni, ex studentessa di Cometa. Oggi fa l’educatrice a Rapallo

«Sono arrivato in Italia nel 2017, a Lampedusa», racconta Ibrahima, che ha portato la sua testimonianza insieme a Antonio Corengia, imprenditore e protagonista con la sua azienda dei corsi di formazioni per installatori di infissi realizzati da Cometa. «Ho subito iniziato a studiare italiano. Ho frequentato il Cpia di Como e sono riuscito ad ottenere la licenza media e a terminare il biennio della scuola superiore. Intanto ho fatto il cameriere, le pulizie, l’aiuto cuoco. Nel dicembre 2021 ho avuto la grande opportunità di frequentare un corso di un mese per posatori di infissi, a Cometa. Alla fine del corso ho fatto un tirocinio di 6 mesi e poi sono stato assunto alla Erco con un contratto di apprendistato. Il lavoro mi piace. Sarò sempre grato a Cometa per questa opportunità che mi ha fatto crescere a livello professionale e personale e che mi permette finalmente  di cominciare a realizzare i miei sogni».

Ibrahima con l’imprenditore Antonio Corengia, che lo ha assunto dopo un corso di formazione a Cometa

Victor invece è nato in Romania e dopo essere stato adottato è cresciuto a Messina. «Ero poco seguito e i compagni mi lasciavano solo. Cercavo lavoro, ma non lo trovavo e mi sentivo nervoso e triste. A un certo punto i miei genitori hanno scelto di trasferirsi a Como per cercare di darmi più opportunità lavorative e la mia vita ha cambiato colore». Da cinque anni Victor lavora a For&From, il negozio di calzature e accessori in città murata che Cometa ha aperto in collaborazione con il gruppo Inditex: «Ora sono felice, mi piace il lavoro e sto bene con i colleghi e voglio dimostrarlo sorridendo sempre a tutti. Qui ho incontrato persone che mantengono le promesse».

Sono nove le imprese sociali nate da Cometa per rispondere alla difficoltà di molti giovani fragili nel trovare un posto di lavoro finita la scuola, luoghi in cui realizzarsi e conoscere il proprio valore, fra cui il bar Anagramma a Cernobbio, il Work Cafè nella sede di LVMH a Milano e il panificio/pasticceria Il Pane di Sandro a Como.

Victor da 5 anni lavora nel negozio For&From di Cometa a Como

«Abbiamo iniziato a valutare alcuni progetti, con la metodologia basata sulla teoria del cambiamento e raccogliendo una mole enorme di dati attraverso tantissime interviste ai beneficiari. È chiaro che c’è un livello di risultati, relativi al benessere soggettivo di chi si trova assunto o di chi non è più in dispersione che sono molto ì più di impatto di quanto non sia il racconto di quante persone sono entrate nei vari progetti», annota Calderini. «Per i ragazzi aiutati ad avere una buona performance scolastica, ad esempio, a parte gli esiti scolastici rilevati c’è una riduzione dei disagi soggettivi che è un moltiplicatore molto grande del contributo alla società dato da Cometa. Lo stesso per le persone con disabilità assunte, i numeri sono relativamente piccoli rispetto ai numeri del disagio esterno, ma gli impatti soggettivi sulla biografia della singola persona sono stratosferici», conclude.

Quando sei quotidianamente impegnato nel fare, non dico che ti dimentichi “cosa fai” ma rischi di dare per scontate tante cose. Questo lavoro è una spinta a fare ancora meglio

Erasmo Figini, fondatore di Cometa

«Il lavoro che ci ha restituito oggi il professor Calderini è molto importante», dice Erasmo Figini, fondatore di Cometa, al termine della mattinata. «Quando sei quotidianamente impegnato nel fare, non dico che ti dimentichi del “cosa fai” ma rischi di dare per scontate tante cose. Questa è una spinta a fare ancora meglio. E penso sia anche il momento di mettersi insieme tra istituzioni e realtà del territorio, per conoscersi meglio le une con le altre e per restituire al territorio una visione complessiva dell’impatto che apportiamo».

Tutte le foto sono di Andrea Barbieri


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