Sostenibilità

come vincerela sfida trasparenza

Le proposte di sette presidenti

di Redazione

Carlo Pileri
presidente Adoc
«Perché non subordinare l’ingresso nel Cncu, e dunque il finanziamento pubblico, all’attività effettivamente svolta in termini di conciliazioni stipulate e cause avviate?».

Paolo Martinello
presidente Altroconsumo
«Tutti hanno diritto di esistere, ma non di essere finanziati con soldi pubblici. Non è possibile che in Italia ci siano decine di associazioni di consumatori e ognuna dichiari di avere 30mila iscritti. Inevitabilmente qualcuna farà parte del genere che definisco «associazioni, un uomo un fax», create ad hoc per ricevere finanziamenti. Il criterio da seguire allora è quello del cofinanziamento. Lo Stato deve aiutare solo chi è minimamente autonomo nel proporre progetti, almeno dal punto di vista economico».

Pietro Praderi
presidente Lega Consumatori
«Le verifiche sul numero degli iscritti e sulle fonti di bilancio sono fondamentali. E devono funzionare a dovere. Oltre a questo, bisognerebbe tenere presente l’attività effettivamente svolta dalle associazioni, magari certificando il numero delle conciliazioni e delle consulenze effettuate. Come? La Commissione europea ci ha fornito uno strumento utilissimo, il formulario unico, per monitorare la nostra attività. Noi lo utilizziamo già».

Rosario Trefiletti
presidente Federconsumatori
«Non credo che il numero degli iscritti debba essere il criterio unico per l’accreditamento. Fondamentale è piuttosto la presenza sul territorio e il lavoro svolto, in termini di pratiche avviate, conciliazioni stipulate, consulenze offerte. Naturalmente occorre fare verifiche sull’attività e sul servizio svolto sul territorio. E se il ministero da solo non è in grado di farle, perché non incaricare un ufficio ad hoc presso l’autorità Antitrust?».
Paolo Landi
presidente Adiconsum
«Quello degli iscritti non può essere il principale criterio per il riconoscimento ufficiale. Occorre tenere conto della presenza dell’associazione sul territorio, dell’anzianità e della democraticità della sua organizzazione interna. E si tratta di elementi facilmente verificabili tramite documenti e atti pubblici».

Luca D’Ascenzo
vicepresidente Codacons
«Attenzione a cambiare le regole del gioco. Non vorrei che il tentativo di rendere più trasparenti i meccanismi di accreditamento si trasformasse in un bavaglio per le associazioni. Adottare criteri più stringenti migliora la trasparenza ma può essere un’arma a doppio taglio che ostacola un lavoro che in questi anni ha portato a discreti risultati e ad uno sviluppo innegabile dei diritti dei consumatori. E poi gli strumenti di verifica ci sono già: il ministero effettua ispezioni e se individua irregolarità non esita a bloccare i finanziamenti. D’altra parte, non siamo una lobby chiusa: ne stiamo discutendo, assieme allo stesso ministero e alle Regioni».

Antonio Longo
presidente Movimento difesa del cittadino
«Le ispezioni del ministero? Le ultime le hanno fatte 3 o 4 anni fa, a seguito della denuncia di Codacons e Federconsumatori sull’irregolarità della posizione di Altroconsumo. Poi più nulla. Il problema della trasparenza è reale. Tanto è vero che le stesse associazioni di consumatori se lo stanno ponendo. A maggio scorso hanno istituito, assieme alle Regioni e al ministero per lo Sviluppo economico, un tavolo interistituzionale per rivedere il sistema di accreditamento. Ci stiamo lavorando, insomma. Per ora, sembra che ci sia consenso sulla proposta di spostare le verifiche a livello regionale, dove è più semplice mettere a fuoco l’effettiva presenza sul territorio e il servizio svolto dalle associazioni».
(a cura di Daniela Verlicchi)

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