Sostenibilità
Come stanno i parchi italiani?
Rispondono Alessandro Pignatti e Aldo Cosentino( a cura di Chiara Sirna).
di Redazione
La rete di aree protette in Italia sta raggiungendo l?obiettivo primario
di conservare la biodiversità?
Alessandro Pignatti: No, ma la biodiversità non va valutata in base al numero di specie, bensì alle diverse funzionalità. Nel 2001 ho pubblicato un libro Liste rosse e blu della flora italiana: internazionalmente le prime comprendono specie in pericolo, le seconde quelle in ripresa, che sono rarissime da trovare perché qualsiasi alterazione dell?ecosistema danneggia le specie più sensibili. Anche le aree protette alterano gli equilibri. Basti ricordare l?aumento eccessivo di cervi nel Parco dello Stelvio, e di cinghiali e daini nei parchi tirrenici del litorale.
Aldo Cosentino: Grazie a un sistema di aree protette che copre più del 10% della superficie nazionale, l?Italia riesce a salvaguardare parte del patrimonio naturale e conservare una biodiversità che per ragioni storiche e geografiche è già di per sé ricca di paesaggi, ecosistemi, habitat e specie. Le specie animali ammontano a 57mila (1/3 di quelli europei), 5.600 le piante (il 50% di quelle europee). Se a questo si aggiungono i 2.500 siti della rete Natura 2000 si capisce quanto sia significativo il contributo della biodiversità italiana nel sistema europeo di aree protette.
Quali sono allora gli ostacoli e i problemi che interessano oggi queste
aree protette?
Pignatti: Dagli anni 90 in poi il 10% della superficie nazionale italiana è stata destinata ad aree protette. Ma non è detto che queste servano sempre a sviluppare l?ambiente naturale. A volte causano perdite di biodiversità. Fino a poco tempo fa il rapporto uomo-natura era più armonico e la biodiversità elevata. Oggi no. Per esempio, sostituendo i vitigni tradizionali con quelli moderni sono rimasti solo 4 o 5 tipi di vino, difficili da distinguere tra loro. L?aumento di aree protette non è proporzionale all?aumento di biodiversità. Dipende tutto dall?impatto esterno sulla natura.
Cosentino: Gli ostacoli e le difficoltà sono sempre in agguato. Basti pensare a come una così vasta articolazione territoriale chiami a essere protagonista e a cooperare una molteplicità di soggetti sia pubblici che privati. Dal ministero agli enti gestori, dai Comuni alle Comunità montane, dalle Province alle Regioni ma anche dalle associazioni ambientaliste a quelle di categoria, dalle comunità scientifiche alle imprese, tutti devono condividere obiettivi e progetti unitari e integrati, oltre che contribuire alla loro definizione e realizzazione.
Quali sono gli strumenti da attivare perché la rete delle aree protette diventi efficace nella conservazione della biodiversità ?
Pignatti: Mancano organi tecnico-scientifici specializzati che pianifichino e interagiscano. Una volta esisteva la Consulta delle aree protette del ministero dell?Ambiente, formata da Accademia dei lincei e Federparchi in una perfetta unione di competenze. Ma poi è stata sciolta. In Italia il volontariato si batte per la biodiversità, ma non esiste alcun organo di intermediazione con l?amministrazione. Tra poco uscirà un libro su biodiversità e aree protette, redatto proprio da questi gruppi volontaristici, ma attraverso collaborazioni spontanee, a costo zero.
Cosentino: Bisogna attivare un processo dinamico coerente con gli aspetti naturalistici che la caratterizzano. In tal senso anche a livello mondiale si è recentemente aperto un monitoraggio che, ricorrendo all?uso di indicatori, verifichi l?efficacia degli interventi ai fini della conservazione della biodiversità.
Quali sono in Italia i problemi principali legati alla biodiversità? E quali le azioni da intraprendere?
Pignatti: La legge 394 del 1994A Johannesburg nel 2002 l?Italia si è impegnata nella definizione di azioni concrete per arrestare la perdita di biodiversità. Ma tra gli obiettivi del target 2010 è subito emerso che la strategia di protezione non può che articolarsi trasversalmente. In giugno a Montecatini si terrà il primo working group mondiale sulle aree protette della Convenzione sulla diversità biologica (Cbd). Il ministero ha avviato un processo di raccolta dati e individuazione delle criticità, dal quale si progetteranno azioni che consentiranno all?Italia un efficace incremento del proprio contributo nel raggiungimento degli obiettivi globali.
È importante che la Comunità europea riconosca e istituisca i parchi transfrontalieri?
Pignatti: Questo è un punto fondamentale. I primi parchi transfrontalieri sono sorti tra Italia ed ex Jugoslavia e sulle Alpi Marittime, tra Italia e Francia. Gli spartiacque non sono divisioni, ma nodi centrali delle reti ecologiche. È importantissimo sviluppare parchi a cavallo dei confini politici perché generalmente sono punti strategici, meglio conservati, magari zone montane con una bassa densità abitativa e uno scarso impatto umano. L?Unione europea di questo tema si occupa già, ma dovrebbe insistere ancora di più.
Cosentino: Per quanto riguarda l?istituzione di aree protette transfrontaliere, l?Italia, in ambito marino, è all?avanguardia. Basta pensare al Santuario Pelagos per i mammiferi d?acqua, costituito in collaborazione con la Francia e il Principato di Monaco e situato per il 50% in acque internazionali. La Ue però non è la sede appropriata per legiferare perché, per il principio di sussidiarietà, può soltanto indicare indirizzi o direttive, che poi devono essere recepite dagli Stati membri. Oggi comunque lo spirito di collaborazione transfrontaliera sta avendo grande slancio.
L’Italia si sta impegnando per attivare una rete ecologica nazionale che dia maggiore valore al sistema di aree protette?
Pignatti: Non mi intendo molto di politica, ma la mia impressione, come naturalista, è negativa. I corridoi di collegamento che attraversano il Paese finiscono per isolare i territori. Abbiamo elettrodotti, strade e ferrovie tutti concentrati in poco spazio. Certamente bisogna favorire i trasporti, ma allo stesso tempo si deve cercare di non ridurre la nostra superficie a uno spezzatino. Si parla tanto di sistema delle aree protette: ebbene, ci sarebbe bisogno che diventassero veramente un sistema di interazione tra le parti.
Cosentino: Coerentemente con quanto sostenuto anche a livello europeo, il ministero dell?Ambiente si sta impegnando perché la protezione della biodiversità venga attuata in considerazione delle caratteristiche del territorio. E proprio partecipando al processo internazionale di verifica del ruolo delle aree protette per la conservazione della biodiversità, l?Italia ha avviato il confronto con gli altri Paesi su terminologie, metodologie ed obiettivi per l?individuazione di una rete ecologica nazionale.
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