Mondo

Come si viaggia dopo l’11 settembre?

In anteprima i risultati di una ricerca dell'Ispo

di Emanuela Citterio

Come è cambiato l’atteggiamento verso i viaggi dopo l’11 settembre? I primi risultati di un sondaggio condotto dall’Ispo (Istituto per gli Studi sulla pubblica opinione) rivelano che la paura è diminuita molto rispetto a qualche mese fa.

Il sondaggio è stato effettuato nel gennaio 2002 su un campione di 5mila persone. Il 25% degli intervistati dice che preferisce evitare di viaggiare in aereo e il 6% circa afferma di evitare di viaggiare con qualsiasi mezzo collettivo (aereo, treno, nave…). E’ pari invece a circa un terzo degli intervistai (32%) la quota di chi afferma di non aver cambiato atteggiamento nei confronti del viaggio (l’8% dichiara di viaggiare più volentieri di prima; il 14% non sa esprimere un’opinione).

Uno degli aspetti più interessanti emersi dall’indagine è il fatto che la maggior parte delle resistenze nei confronti dei viaggi aerei si manifestano proprio in quella fascia di popolazione che già in genere viaggia meno: anziani, pensionati, chi ha un titolo di studio più basso, chi non ha mai viaggiato nemmeno per visitare una regione italiana diversa da quella di residenza. Al contrario, mantengono la stessa propensione al viaggio i più giovani (37% di “viaggio/viaggerei come prima” tra i 18-29enni), chi ha un titolo di studio più elevato (46% tra i laureati) e chi ha esperienza di viaggi extraeuropei (44%).

In generale i risultati del sondaggio metteno in luce come molto spesso vi siano delle tensioni/preoccupazioni legate al viaggio. Solo il 13% degli intervistati ha detto infatti di non trovare nei viaggi alcuna fonte di preoccupazione, mentre la grande maggioranza ha indicato anche più di un elemento. Tra la popolazione, l’elemento che suscita più tensione è il viaggio in sé, il momento di trasferimento. Coloro invece che effettuano viaggi extraeuropei hanno spesso il timore di rimanere delusi dal luogo di destinazione o dalla sistemazione prevista per l’alloggio. Per entrambi i campioni assume una certa rilevanza il disagio generato dalla necessità di abbandonare la propria casa: non spaventa tanto l’incontro con “l’altro” e quindi una nuova cultura locale, quanto il distacco da ciò che è familiare.

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