Non profit
Come si può essere padre vedendo tuo figlio due giorni all’anno?
A San Vittore l'associazione Bambinisenzasbarre ha inaugurato il primo Spazio Giallo, dove vengono accolti i bambini in attesa del colloquio con il genitore in carcere. Sono 100mila in Italia i minori con un genitore detenuto. La testimonianza del cantautore Maldestro: «Io sono stato un bambino con le sbarre»
In Italia ci sono 100mila bambini che hanno un genitore in carcere. Non hanno commesso nessun crimine, ma in qualche modo vivono una condanna. Bambini senza sbarre è una onlus che da 13 anni lavora per difendere e mantenere la relazione fra genitori e figli durante il periodo – a volte anche molto lungo – della detenzione. In questi giorni ha in corso una campagna nazionale di raccolta fondi (sms solidale al 45503), intitolata proprio “Non un mio crimine ma una mia condanna”, in collaborazione con B Solidale, volta a realizzare nelle carceri italiane degli Spazi Gialli, ovvero luoghi attrezzati per accogliere i bambini che entrano in carcere per il colloquio con il genitore. Il primo Spazio Giallo – giallo perché è il colore della consapevolezza – è stato inaugurato a San Vittore, a Milano, alla presenza di Lia Sacerdote, presidente di Bambinisenzasbarre, Novella Pellegrini, segretario generale di Enel Cuore, che ha finanziato il progetto e che ne realizzerà ancora nelle altre carceri italiane e Andrea Abodi, presidente della Lega Nazionale Professionisti B, che sta raccogliendo fondi per il progetto e che in carcere ha arbitrato una partita di calcio fra detenuti con figli e detenuti senza figli («il calcio vive spesso in una dimensione inconsapevole, la serie B solidale è per noi un bagno di concretezza», ha detto).
«I bambini hanno richieste radicali per il carcere, portano senza filtri il loro bisogno di normalità, che per il carcere è una richiesta scandalosa. I bambini trasformano il carcere, loro poi se ne vanno, ma lasciano il segno», dice Lia Sacerdote, presidente di Bambinisenzasbarre.
Quando i bambini entrano in carcere per il colloquio con un genitore, devono attendere un’ora buona prima di entrare. Un’ora che passano da soli, mentre l’altro genitore è impegnato a svolgere gli adempimenti burocratici. Lo Spazio Giallo creato a San Vittore è uno spazio colorato, piacevole, a misura di bambino, dove i bambini trovano libri, pennarelli, ma soprattutto una persona che si dedica a loro: «Ogni giorno entrano una decina di bambini, il sabato e la domenica arriviamo anche a 40», ci dicono le operatrici. «È un luogo dove i bambini si sentono previsti, non invisibili. Ma lo spazio – che pure è strategico perché connette il fuori e il dentro – non è il fine ultimo, il nostro è un accompagnamento che va oltre lo spazio», continua Sacerdote: «Il nostro compito non è creare delle oasi felici, ma cambiare l’istituzione».
Tanti progressi sono stati fatti in questi 13 anni per tutelare il rapporto affettivo che lega un padre e un figlio, anche quando in mezzo c’è il carcere. Lo raccontano due padri detenuti, che ricordano quando i colloqui di sabato e domenica nemmeno si potevano fare e i bambini dovevano per forza perdere giorni di scuola o delle difficoltà che ancora esistono per avere un permesso non solo per i funerali ma anche per esserci nei momenti importanti della vita di un figlio, come la Prima Comunione. «La Carta dei figli di genitori detenuti, firmata l’anno scorso dal Ministro Orlando, dal Garante Spadafora e da Bambinisenzasbarre è la prima in Europa, trasforma i bisogno dei bambini in diritti, ha cambiato totalmente le cose ma ancora non è applicata ovunque», continua Sacerdote. Intanto Gerardo ricorda i tanti mesi passati senza vedere sua figlia, che stava male ogni volta che entrava in carcere. E Antonio, in carcere da quando suo figlio ha sedici mesi, con un groppo alla gola si chiede «Un’ora di colloquio alla settimana fa due giorni e otto ore all’anno, come puoi fare il padre vedendo tuo figlio due giorni all’anno?». E il giovane cantautore Maldestro, primo testimonial di Bambinisenzasbarre, commuove con le sue parole: «Sostegno Bambinisenzasbarre perché io sono stato un bambino con le sbarre, emarginato. Mi ha salvato mia madre. Da poco ho ritrovato una mia foto da bambino e ci ho scritto dietro “Sono stato anche io un bambino, ma allora non lo sapevo”. Sostengo questo progetto perché i bambini che oggi sono in questa stessa situazione possano essere bambini e bambini senza sbarre».
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