Cultura
Come si costruisce un mondo condiviso
144 pagine che parlano di condivisione attraverso i saggi di otto autori, italiani ed internazionali. Il libro si intitola “Un mondo condiviso” e a pensarlo è stata Giulia Cogoli, esperta di editoria e comunicazione culturale. Il testo viene presentato l'8 marzo presso la Sala Convegni Intesa San Paolo a Milano. «L’obiettivo non è dare delle soluzioni al lettore, ma degli strumenti per farsi un’idea di cosa sia la condivisione e di come metterla in atto». L’intervista
di Anna Spena
“Un mondo condiviso” è un titolo bellissimo. Ed è stato pensato per il testo, edito da Laterza, che uscirà nelle librerie il prossimo 17 marzo; ma domani 8 marzo alle ore 18.00 sarà presentato ufficialmente presso la Sala Convegni Intesa San Paolo, in piazza Belgioioso, a Milano. 144 pagine fitte di idee ed opinioni che raccontano come la “condivisione” non abbia solo un carattere filosofico, ma, al contrario, è qualcosa di molto pratico. Ad avere l’idea e tenere tutto insieme è stata Giulia Cogoli, che si occupa di editoria e comunicazione culturale da quasi trent’anni. È stata ideatrice e direttrice per le prime dieci edizioni del Festival della Mente di Sarzana (2004-2013). Ha ideato e dirige il festival di antropologia culturale Pistoia – Dialoghi sull’uomo, e quello sul senso del ridicolo di Livorno. È stata lei a scegliere gli otto autori, Mauro Agnoletti, Laura Boella, Derrick De Kerckhove, Ilvio Diamanti, Andrea Moro, Giacomo Rizzolatti,Luigi Zoja e Jared Diamond, e a capire poi, in base al settore di riferimento dell’autore, il minimo comune denominatore di tutto il lavoro. Agraria, neuroscienza, filosofia, linguistica. Esistono tanti modi per pensare alla condivisione. «Ma», sottolinea Giulia Cogoli a Vita.it, «quelle della condivisione sono pratiche ancestrali che ci riguardano tutti»
Che cos’è il mondo condiviso?
Un posto dove si cerca di realizzare buone pratiche di condivisione o di sharing. Ne esistono già molte, alcune spontanee altre istituzionali, ma a mio parere non sono ancora sufficienti. Quindi dobbiamo cercarne ancora altre: economiche; politiche; scientifiche… Le nuove pratiche di condivisione sono l’unica possibilità che abbiamo per uscire dalla crisi globale e allo stesso tempo sono necessarie per arrivare ad un futuro di buona convivenza e condivisione.
Come sono stati selezionati gli otto esperti che hanno dato il loro contributo?
Questi grandi otto pensatori, italiani e stranieri, sono un po’ l’eccellenza del loro settore. L’obiettivo è stato quello di creare un mosaico attraverso varie discipline più antiche, come ad esempio la filosofia, ma anche recenti come la neuroscienza e la linguistica. Quindi un pensiero compatto che potesse dare al lettore non delle soluzioni ma degli strumenti per farsi un’idea di cosa sia la condivisione e di come metterla in atto.
Qual è l’idea di base che tiene insieme tutte le riflessioni?
Che quelle della condivisione sono pratiche ancestrali che in alcune tribù ancora sopravvivono. Questo dovrebbe farci riflettere.
Com’è nata l’idea?
L’idea è nata circa un anno e mezzo fa per Expo. L’ho sviluppata con Intesa San Paolo. Pensavo che Expo fosse una buona occasione per riflettere sul tema dello sharing. Nazioni, ospiti in un unico grande paese, che condividevano i lori pensieri su diverse tematiche. Si sono tenute una serie di conferenze che sono state stimolanti e innovative. Quindi quasi subito mi è venuta l’idea di chiedere agli autori di scrivere dei piccoli saggi. Sarebbe stato un peccato se tutte quelle idee fossero rimaste per un solo pubblico.
Una sola donna tra gli autori…
Io non credo nelle quote. Ho scelto le discipline e poi le persone che, a mio avviso, rappresentavano meglio il tema. È stata una scelta culturale la mia.
All’interno del libro c’è un saggio in particolare che preferisce?
Sono completamente diversi tra loro. Non posso dire di preferirne uno. Però c’è il saggio scritto da Laura Boella sull’empatia. Tema che mi è particolarmente caro e che sento molto vicino.
Perché?
Negli ultimi tempi viene citata spesso. Anche in politica, economia, ci si appella all’empatia come risorsa estrema delle grandi crisi. Si ricorda sempre che “solo questa ci salverà dal disastro”. Ma nessuno dice mai che l’empatia si può imparare e si può insegnare. È facile fare sempre appello ad una cosa così profonda senza mai porci il problema di come introiettarla.
Qual è per lei la vera condivisione?
Essere in ascolto. Essere disponibili. Non solo degli altri, ma anche delle idee degli altri. Questa è la prima forma di condivisione intellettuale. La condivisione è legata alla connessione ma significa anche sapersi mettere in discussione. È un punto di partenza.
Quando si può dire di condividere realmente qualcosa?
Quando mio e tuo non esiste più ma diventa di entrambi. Mentre nel dono c’è un passaggio, la condivisione vera crea un legame.
Jasper Juinen/Getty Images
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