Famiglia

Come sfamare gratis tre milioni di persone

Ogni anno finiscono in discarica 800 milioni di tonnellate di materiali vari, molti dei quali riutilizzabili. Il solo scarto alimentare, 1 milione di tonnellate, vale 7000 miliardi, il doppio di 20

di Gabriella Meroni

L? Italia potrebbe avere tre milioni di abitanti in più. Quelli che si sfamerebbero con tutto il cibo che gli altri 57 milioni buttano ogni anno nella spazzatura. Buttiamo di tutto, noi italiani. La mole di rifiuti pro capite è addirittura raddoppiata in 20 anni: nel 1975 ciascuno di noi ne ?produceva? circa 700 grammi al giorno; nel 1985 un chilo; nel 1995 siamo arrivati a un chilo e 400 grammi a testa. Totale, 800 milioni di tonnellate di spazzatura prodotti ogni anno da tutti noi. Ma è proprio tutta spazzatura, inutilizzabile, da buttare? No. Dalle nostre tavole imbandite continuano a cadere scarti di cibo ancora perfettamente commestibili. Uno spreco? Di più: un vero scandalo, se si pensa che così se ne vanno in fumo, o meglio in discarica, ben 7000 miliardi l?anno. Uno studio promosso da Michele Boato, portavoce regionale dei Verdi del Veneto, è andato a spulciare nei cassonetti delle famiglie italiane, scoprendo che ciascuno butta via ogni anno 9 chili di pasta e carne ancora commestibili, cioè 1 milione di tonnellate di cibo, sufficienti appunto a dare da mangiare a tre milioni di persone secondo le razioni fissate dalla Fao. In totale, ben il 10% del pane e della pasta acquistati nei negozi italiani fanno una brutta fine, così come il 15% della carne. Un altro esempio? I 21 mila ristoranti McDonald?s del mondo (185 in Italia) sono ?costretti? a gettare hamburger ancora buoni da mangiare dopo 10 minuti dalla cottura (anche se la percentuale deglmi scarti non deve superare l?1%, precisano i dirigenti della McDonald?s Italia). Lo chiamano ?controllo di qualità?. Sarà, ma come dirlo all?80% della popolazione mondiale, che può accedere solo a metà della produzione di carne?
Altro problema, gli imballaggi in cui sono avvolti i cibi: sono loro, su cui l?industria alimentare ha puntato sempre più negli ultimi 10 anni, a intasare le discariche, costituendo ben il 50% dei rifiuti quanto a volume, e il 44% quanto a composizione. La plastica, tanto per fare un esempio, è aumentata di 5 volte in 20 anni. Ma lo spreco alimentare è un problema che non tocca soltanto il nostro Paese. L?Italia, ad esempio, riceve ogni anno merci per100 miliardi provenienti dalle sovrapproduzioni alimentari dell?Unione: carne, cereali, riso, olio, latte in polvere o burro che finiscono ad un?agenzia del ministero dell?Agricoltura, l?Aima (Azienda intervento mercato agricolo), che la gira poi a enti caritativi italiani quali il Banco alimentare, la Caritas, la Croce Rossa. Così si sfamano 1 milione e 400 mila cittadini italiani, ma ancora il problema delle eccedenze non è risolto: le famose ?quote latte?, ad esempio, contro cui protestano ogni anno gli allevatori del Nord, non entrano in questo meccanismo. «Le quote latte sono un aiuto agli allevatori» ribatte il dottor Ignazio Beverelli, dirigente dell?Aima. «Evidentemente l?Unione non ritiene di incanalare questi prodotti per gli indigenti, quindi non li ritira. È una decisione politica».
Per contenere gli sprechi, da qualche anno anche in Italia si punta sul riciclaggio. Ma con risultati deludenti. Vetro, carta, plastica, alluminio sono i materiali che alcuni comuni (appena 200 sugli oltre 8000 esistenti in Italia)hanno puntato negli ultimi anni. Una scelta che oltre a far bene all?ambiente, fa risparmiare e crea pure posti di lavoro: un?indagine del Worldwatch Institute di Washington, un?organizzaione non profit per la tutela dell?ambiente, ha calcolato che per 1 milione di tonnellate di rifiuti solidi urbani avviati all?inceneritore si creano 80 posti di lavoro; 600 posti se si inviano in discarica; 1600 con la raccolta differenziata.
Ma i comuni d?Italia che la fanno veramente vanno sui giornali, come il piccolo San Pietro in Gu, in provincia di Padova, che ricicla addirittura l?85% dei rifiuti. Per il resto, il vuoto o quasi. Perché anche dove il riciclaggio dei rifiuti esiste, come a Milano (32% dei materiali va nella raccolta differenziata, dicono le cifre ufficiali), solo una piccola parte viene effettivamente riutilizzato, e per colpa degli utenti, come spiega Giorgio Nebbia di Legambiente: «La carta straccia eterogenea, raccolta dalle famiglie, viene utilizzata malvolentieri o rifiutata dalle cartiere, che importano carta straccia di qualità dall?estero. Lo stesso vale per il vetro: nelle ?campane? viene messo vetro di tutti i tipi e tutti i colori, ma la vetreria non può addizionare rottame verde o marrone a una carica per produrre vetro bianco». Insomma, per funzionare davvero il riciclo dovrebbe essere fatto per colore e qualità. Un passo avanti per cui non siamo ancora pronti. E pensare che ricliclando correttamente si potrebbero realizzare prodotti sorprendenti, e qualcuno ci sta già provando: a Bonate Sopra (Bergamo) la ditta Recovered, ad esempio, produce parchi gioco per bambini in plastica riciclata delle bottiglie d?acqua minerale. E il colosso del mobile Ikea ha presentato Ogla, la prima sedia di polipropilene realizzata con i vasetti dello yogurt riciclati.

Povertà e cibo

Persone denutrite nel mondo
841 milioni
Persone con carenze idriche
132 milioni

Spesa annuale per consumo procapite
Paesi industrializzati
15.910 $
Africa sub-sahariana
275 $

Consumo medio di proteine procapite
Francia
115 grammi/giorno
Mozambico
32 grammi/giorno

Consumo medio annuale di carne
Paesi industrializzati
77 kg
Asia orientale
41 kg
Persone con carenze di ferro
3,6 miliardi
Persone anemiche
2 miliardi

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