Politica
Come sarà la nuova misura contro la povertà? Lo spiega Raffaele Tangorra
Oltre un miliardo di fondi europei sull'infrastruttura e 100 milioni per i senza fissa dimora. Per la misura nazionale contro la povertà l'obiettivo di medio periodo restano le famiglie con figli minori. Settimana prossima in Conferenza Unificata le Linee guida. Il direttore generale per l'inclusione e le politiche sociali del Ministero del Lavoro spiega i dettagli della nuova misura contro la povertà
Raffaele Tangorra è il direttore generale per l'inclusione e le politiche sociali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. A lui abbiamo chiesto chiarimenti sulla nascente misura nazionale di contrasto alla povertà.
Partiamo dall’inizio: la misura di contrasto alla povertà di cui si parla nel ddl di delega riguarda il 2016 o il 2017?
Nel 2016 avremo, come prevede la legge di Stabilità, due misure: l’Asdi, il cui decreto attuativo è stato pubblicato in GU il 18 gennaio e il Sia, che ha le risorse per andare su tutto il territorio nazionale, in parte indicate in legge di Stabilità, in parte già attribuite alla sperimentazione precedentemente per estensioni non attuate, risorse che potremo utilizzare. Si tratta di circa 750 milioni per il Sia e 600 milioni per l’Asdi. Queste due misure costituiscono l’avvio dal Piano di lotta alla povertà per il 2016. La delega costituisce una misura “nuova”, ereditando però lo schema della sperimentazione nelle 12 città maggiori e della sua estensione: ovviamente lo fa in un contesto legislativo, non più amministrativo, e questa è una novità.
La nuova misura nazionale, unica, a quanto ammonterà nella sua parte monetaria?
Nel 2016 ci muoviamo sulle stesse cifre sperimentate nelle 12 città, ovvero fino a un massimo di 400 euro a nucleo famigliare. Per l’Asdi le cifre sono quelle indicate nel decreto. Per il 2017 dovremo vedere il riordino.
Quanto vi aspettate di recuperare dal riordino delle prestazioni assistenziali e previdenziali?
Il tema non è tanto quanto “arriverà”, perché il riordino ovviamente non riguarda le prestazioni correnti ma solo le nuove domande. Quindi per avere un afflusso di risorse bisognerà aspettare qualche anno. Il riordino si fa innanzitutto per ragioni di equità. Intendevo dire che esistono strumenti specifici di lotta alla povertà che possono essere maggiormente indirizzati, oggi ad esempio abbiamo due strumenti ma si può decidere di farne uno differenziato, in un disegno più organico. La delega però su questo ancora non dice nulla.
Per il 2017 quindi le risorse disponibili restano quindi il famoso miliardo e mezzo?
Sì, il miliardo stanziato in legge di Stabilità per il Fondo più i 200 milioni dell’Asdi più i 250 della social card.
La platea di 1 milione 150mila persone che ne beneficeranno di cui parlava ieri il ministro Poletti, si riferisce al 2016 o al 2017?
Al 2016 e solo per la misura del Sia allargato. Nel 2017 mi aspetterei dei numeri superiori, di sicuro andranno aggiunti per lo meno i beneficiari dell’Asdi, quindi un poco meno di 100mila persone.
Che priorità si pensa di indicare per l’accesso alla misura?
Resta criterio della priorità per i nuclei con figli minori, sia per il 2016 sia per il 2017: questa è una priorità che il Presidente Renzi ha ribadito più volte. Nel 2017 a seconda delle risorse che si renderanno disponibili si potrà allargare alle persone con maggiori difficoltà di collocazione sul mercato del lavoro, come già avviene con l’Asdi. L’obiettivo principale è coprire i nuclei con figli minori.
La disabilità è un fattore di impoverimento delle famiglie: vi sarà un’attenzione specifica nell’individuare i criteri di priorità?
In Parlamento ha già corretto la legge di Stabilità introducendo un’attenzione ai nuclei con figli disabili, indipendentemente dalla loro età. Noi nel decreto attuativo per il Sia nelle 12 città abbiamo già previsto di elevare le soglie di accesso in presenza di disabili: se un nucleo beneficia di 600 euro di trattamenti è esclusa dall’accesso, ora questa soglia di sbarramento è elevata a 900 euro in presenza di persone con disabilità. Il decreto è già stato firmato.
Il ministro Poletti ha parlato di una misura individuata come livello essenziale delle prestazioni, ma i soldi attualmente disponibili non sono sufficienti per realizzare compiutamente questo obiettivo. Come avverrà l’estensione graduale della misura e con quali soldi se la delega non deve comportare maggiori oneri?
Il primo step sono le famiglie con minori, l’obiettivo di medio periodo è questo. All’interno delle famiglie sotto una soglia Isee che sarà verosimilmente di 3mila euro, con figli, si individueranno le famiglie con maggiori fragilità. L’estensione la vedremo con l’esercizio della delega, in via generale è evidente che i criteri di accesso cambiano solo per i nuovi non ho risorse aggiuntive immediate. Procediamo con le risorse che abbiamo e che non sono poche.
Si parla di progetti personalizzati e di inclusione attiva, ma questo implica una infrastruttura di professionisti sui territori: cosa immaginate a questo proposito?
La prossima settimana porteremo in Conferenza Unificata delle linee guida sull’assessment delle famiglie, gli interventi, la costituzione della rete con i servizi del territorio: questo è uno degli aspetti fondamentali del Piano, innovativi, su cui scommettere. Lo facciamo a partire da alcune risorse che mettiamo su base nazionale, con un PON dedicato per la prima volta interamente all’inclusione sociale e che contribuisce all’attivazione di questa infrastruttura con 1 miliardo e 100 milioni nei sette anni 2014/20 che poi saranno 2016/22. Chiederemo ai territori di progettare e finanzieremo i progetti. È importante però fare tutto ciò in intesa con le Regioni, per questo abbiamo fatto un tavolo, un proposta, lo portiamo con un accordo in Conferenza unificata. È un modello molto ambizioso, dobbiamo guardiamo alla fine del percorso, è un cantiere. È ovvio che non possiamo immaginare che domani tutti i servizi, ovunque, siano in gradi di fare cose che non si fanno nemmeno in territori più avanzati del nostro.
L’approccio multidimensionale del progetto personalizzato come si vede?
È un progetto che si deve fare con servizi sociali ma anche con i professionisti dei centri per impiego o di altre realtà se la situazione è più complessa, ad esempio i CSM, che nasce dalla valutazioni delle diverse dimensioni. Il progetto che sarà solo lavorativo, il sostegno economico non sarà condizionato solo alla disponibilità al lavoro – questa parte ovviamente si applica tutta, con tutte le innovazioni previste nel Jobs Act – ma è un’attenzione al nucleo nel suo complesso. Le sperimentazioni, anche piccole, dimostrano come la professionalità paga: penso ad esempio al programma PIPPI, che ha dato risultati clamorosi nella capacità di recuperare responsabilità genitoriale: ci siamo ispirati a questa esperienza, vorremmo fare un’operazione simile sulle famiglie in condizione di povertà. Chiaramente non sempre queste famiglie hanno bisogno di un intervento complesso, a volte basta un sostegno nella ricerca di un lavoro, ma non raramente il bisogno necessita di essere preso in carico nelle sue diverse dimensioni.
Poletti ha chiarito in conferenza stampa che il riordino delle prestazioni riguarda solo quelle già soggette alla prova dei mezzi e che sono escluse quelle legate alla disabilità. È così?
Certo.
In un piano contro la povertà, c’è un’attenzione per i senza dimora?
Ci sono 100 milioni di risorse specifiche, nell’ottica in particolare dell’housing first. Abbiamo presentato a dicembre in Conferenza Unificata delle Linee guida per la presa in carico, in maniera analoga a quelle che stiamo per presentare sulle famiglie. Il miliardo e 100milioni del PON di cui dicevo prima in realtà si divide in 1 miliardo e 50 milioni per il Sia, più 50 milioni per i senza fissa dimora. Altri 50 milioni vengono dal Fead- il Fondo di aiuti Europei Agli Indigenti.
Foto JOEL SAGET/AFP/Getty Images
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