Welfare
Come rimettersi in moto?
Reportage in anteprima dal settimanale VITA in edicola
È ancora notte quando i pulmini speciali della Gtt torinese scaricano i “ragazzi” del primo turno. Ragazzi si fa per dire, per consuetudine di squadra, visto che qui l’età media viaggia attorno ai 45 anni. E sono almeno 25 anni che i lavoratori percorrono le due arterie cittadine della periferia sud – corso Giovanni Agnelli e corso Unione Sovietica – che sfociano nel grande piazzale davanti alla Fabbrica. Fuori il badge, timbratura, l’abbraccio meccanico del tornello, e giù negli spogliatoi a indossare la tuta blu. L’alba al neon di Mirafiori inizia così, alle 5.45 di ogni giorno che la cassa integrazione ha risparmiato al lavoro. Qui sono rimasti gli ultimi mohicani, i 5mila delle carrozzerie, la“nobiltà” operaia di una volta, quella che dettava i tempi del confronto (lotta) sindacale, palestra dei giovani politici del Partito comunista italiano e di tutta l’area della sinistra. In linea di produzione si va in squadre da 30-35 persone – tante le donne, più di un terzo – e si montano i pezzi sulla scocca dell’auto, nuda e verniciata. Tre pause di 10-15 minuti e poi in mensa alle 11.45 per riprendere alle 12.30 e finire il turno alle 14. Se tutto va bene, senza cassa integrazione, la busta paga mensile di un operaio di terzo livello è di 1.200 euro netti.
Nel 2009 appena 290 nati
«È un lavoro duro», dice Nanni, operaio di 50 anni, «ma in giro non vedo di meglio. Mia figlia lavora in un call center, precaria, porta a casa appena 800 euro al mese». Sulla mappa di Torino la fabbrica del Lingotto è una macchia grigia, grande quanto un parco, che occupa circa un terzo del quartiere Mirafiori. Circoscrizione 10, profondo sud di Torino, che si estende per 11mila quadrati, 39mila abitanti, la zona con maggior densità di case popolari. Il quartiere operaio non c’è più. I “ragazzi” delle carrozziere abitano nell’hinterland torinese, a Nichelino, Beinasco. Le ex casa Fiat, fatte costruite negli anni 50 per accogliere gli operai immigrati dal Mezzogiorno, ospitano ex dipendenti. Mirafiori, come la sua fabbrica, emblema e fonte di vita per quasi un secolo (nel primo Novecento era l’aeroporto di Torino), è a rischio estinzione.
Continua a leggere il reportage (per soli abbonati) dove è presente anche un commento di Aldo Bonomi e un’intervista a Mario Nesi.
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