Mi è tornata in mente questa “mitica” canzone di Lucio Dalla e riascoltandola ci ho visto tutta la nostra miopia. Il mare non è solo il luogo che stiamo riempiendo di plastica e di morti, ma rappresenta l’elemento che ci ha accompagnato sin dall’infanzia e che dà linfa al creato. Ma di questo mare non conosciamo le profondità, le immaginiamo, le sogniamo, le desideriamo, le temiamo. Nello stesso mare mi sollazzo e muoio. Lo stesso mare lo governo e mi stordisce. Dal mare sono nato nel ventre di mia madre e nel mare affogo.
Ci spiegano che il mare non appartiene a tutti, ma che a seconda della posizione, potresti trovarti nel mare altrui ed in quel mare non puoi passare liberamente e tantomeno puoi attraccare nel porto altrui. Ma questo non vale per tutti: se sei ricco e potente puoi stare dove vuoi sul mare, puoi scorazzare senza limiti, puoi trasportare chi vuoi e quello che vuoi. Se invece sei povero e fragile quel mare diventa un muro invalicabile, sul quale al massimo puoi rimbalzare e magari puoi salutare qualcuno da lontano, invocare aiuto a sazietà e magari affogare. Ma come fa quel mare amico a diventare un muro! Chi è capace di fare questo, quale legge si è inventato per impedirmi di bagnarmi in questo mare.
Il mare lo ha creato Dio (o chi per lui) e certo non avrà fatto una legge per impedire a uomini, bestie, fauna e quant’altro di viverci dentro o lungo le sponde
Nel tempo il mare è stato un percorso di conquista, di guerra, di commercio, di migrazione, di turismo: sempre li ad ospitare tutti, nessuno escluso. Poi qualcuno ha pensato che dovessero crearsi in mare dei confini, delle separazioni: il tuo mare, il mio mare, non più il “mare nostrum”.
Improvvisamente “L'uomo diventò qualcuno, resuscitò anche i morti, spalancò prigioni, bloccò sei treni con relativi vagoni. Innalzò per un attimo il povero ad un ruolo difficile da mantenere, poi lo lasciò cadere a piangere e a urlare solo in mezzo al mare”
“Frattanto i pesci dai quali discendiamo tutti assistettero curiosi al dramma collettivo di questo mondo che a loro indubbiamente doveva sembrar cattivo. E cominciarono a pensare nel loro grande mare” che forse era finita anche per loro, che anche il loro “pensiero dà fastidio, anche se chi pensa è muto come un pesce, anzi è un pesce. E come pesce è difficile da bloccare, perchè lo protegge il mare”.
Ma, nonostante tutta la cattiveria umana che sta distruggendo il mare e chiunque ci viva o lo solchi, il pensiero del mare è “come l'oceano: non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare”
Il mare è il respiro dell’anima, un respiro a pieni polmoni, quel respiro che ha sempre risollevato l’umanità dalle sue bassezze, che ha riportato l’uomo alla sua fonte originaria, che ha dato valore alla vita sempre, in qualunque condizione, che ha generato e donato futuro.
Come possiamo rinunciare alla profondità del mare, sapendo che senza il mare non abbiamo possibilità di vivere?
Allora abbiamo a cuore il mare e i suoi abitanti, le sue creature, i suoi tesori: potremmo esserci noi su quel mare ed aver bisogno di quell’ossigeno, di quella profondità dell’anima che ci rende vivi. E non vorremmo mai che qualcuno, ricco e potente, alzasse la mano per dirci che in quel mare non possiamo abitare.
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