Per dare dimensione universale al ricordo della Shoah bisogna fare in modo che la lezione del passato serva da monito contro ogni genocidio. Polemico nei confronti di una visione “esclusivista” della Memoria, Avraham Burg, presidente emerito del parlamento israeliano e uomo di pace all’interno del panorama culturale dello Stato ebraico, suggerisce di trasformare Yad Vashem, a Gerusalemme, in un museo dedicato a tutti i crimini contro l’umanità. «Avrà un’ala armena, una sezione serba, una mostra per il Rwanda e la Namibia… Chi è sopravvissuto a un male estremo dovrebbe essere il primo a battersi per assumersi una responsabilità universale».
Parole che hanno trovato eco, il 23 gennaio a Milano, nel convegno internazionale Memoria e attualità dei giusti. Come vedere il nemico con gli occhi dell’amico, organizzato per onorare il ricordo di coloro che, nell’orrore della Shoah (ma anche del genocidio durante il governo dei Giovani Turchi, del conflitto in Bosnia Erzegovina e idealmente di tutti gli stermini perpetrati nella storia), hanno preservato il sentimento di prossimità all’altro, dissociandosi dall’individuazione del “nemico”, disobbedendo e reagendo con atti di soccorso o denuncia. «Una lettura comparata rompe le barriere e crea le condizioni di una memoria universale», ha detto nel suo intervento introduttivo Gabriele Nissim, storico e presidente del Comitato per la Foresta dei Giusti Gariwo (Gardens of the righteous worldwide). «Non esiste alcuna provvidenza contro il manifestarsi del male, ma soltanto l’intervento di singoli individui, uomini Giusti, che rischiano la loro vita per opporsi alla barbarie e, forse senza neppure saperlo, volgono (e fanno volgere) lo sguardo a Dio. È accaduto ieri, nei Paesi in cui dilagò il male nazista, e succederà in futuro. Significa che radicati in ogni essere umano ci sono valori imprescindibili che occorre riconoscere e a gran voce difendere. Significa che alcune persone si sono assunte un simile compito, quando non era affatto comodo, sicuro, scontato».
È una lezione che non riguarda solo il passato ma anche l’oggi, con tutte le tensioni che la globalizzazione ha portato dentro le nostre società. È stata Svetlana Broz, la storica che ha raccolto le storie dei Giusti di Sarajevo, a raccontare un episodio emblematico. «Giorni fa, dopo una testimonianza all’università di Göteborg, ho ricevuto una mail da uno studente che era presente. Riportava un episodio che gli era accaduto. Alcuni vandali, saliti sull’autobus, avevano preso a picchiare il conducente di fronte all’indifferenza dei passeggeri. Anche lui, intimorito, guardava altrove. D’un tratto però ricordò le testimonianze ascoltate all’università e si chiese: “Cosa direbbero i Giusti in una situazione simile?”. Così è intervenuto, ricavandone un naso rotto. Ma ha evitato che l’autista venisse ammazzato. Tutti nella vita abbiamo una scelta. Tutti possiamo cercare di essere giusti».
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