Famiglia

Come funziona l’affido in Italia

La vicenda di Bibbiano ha segnato profondamente il mondo degli affidi, perché anche le famiglie affidatarie spesso si sono sentite guardate con sospetto. Ma in Italia ci sono 28mila minori fuori famiglia, di cui 13.555 sono in affidamento familiare a singoli, famiglie e parenti. L'affido ha appena compiuto 40 anni e ha voglia di mettersi in gioco per rispondere sempre meglio alle esigenze che i bambini di oggi hanno. Ecco a chi rivolgersi

di Sara De Carli

Quanti sono i minori in affido in Italia? Difficile saperlo con esattezza. O meglio, si sa con esattezza ma con uno sfasamento temporale fortissimo: oggi per esempio gli ultimi dati che abbiamo risalgono al dicembre 2019. Si tratta di un problema enorme e vecchissimo, perché come tutti sappiamo a memoria tutto ciò che non è contato non conta o conta un po’ meno. Non tanto per i numeri in sé ma perché non avere il polso della situazione impedisce di leggere correttamente la realtà e conseguentemente di mettere in campo politiche più adeguate.

«La questione dei dati e della loro mancanza è un problema, per comprendere ciò che accade e per individuare vie di miglioramento», affermava per esempio Paola Ricchiardi, professoressa di Pedagogia sperimentale all’Università di Torino, alla vigilia del convegno organizzato dal Tavolo Nazionale Affido il 4 maggio alla Camera dei Deputati, per celebrare i quarant’anni dell’affido. Il tema della sua relazione era proprio lo “stato dell’arte dell’affido nei numeri”, ma in verità – dichiarava – «nessuno sa dire quanti siano i minori che hanno vissuto un’esperienza di affido in questi 40 anni, né quante siano le famiglie affidatarie. I dati sui minori fuori famiglia vengono raccolti nella forma che conosciamo oggi solo dal 1998/99 e comunque i dati presentati così, in maniera aggregata, ci aiutano poco: pur mantenendo l'anonimato ci servirebbe avere dati che raccontino le traiettorie di vita dei minori, sapere dove è stato il bambino prima dell’affido, dove va quando l’affido termina. È l’unico modo per fare delle correlazioni, comprendere le dinamiche, migliorare l’efficacia dello strumento». Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali realizzata una specifica attività di monitoraggio quantitativo: dal 2009, in collaborazione con le Regioni e le Province autonome è stata elaborata una scheda di raccolta dati stabilendo un set minimo di informazioni relative ai bambini e agli adolescenti in affidamento familiare (a singoli, famiglie e parenti) o accolti nei servizi residenziali: l’ultimo report è il numero 49 dei Quaderni della Ricerca Sociale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Un’altra raccolta di dati la fa l’Autorità Garante Infanzia e adolescenza tramite le Procure presso i 29 Tribunali per i minorenni, indagini non confrontabili. Il Gruppo CRC anche nel suo 12° Rapporto ha evidenziato la discordanza e l’incompletezza dei dati raccolti rispetto ai minorenni fuori dalla propria famiglia di origine e ha chiesto al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di rendere quanto prima pienamente operativo il sistema S.In.Ba. (Sistema informativo sulla cura e la protezione dei bambini e delle loro famiglie), al fine di avere finalmente dati omogenei e comparabili tra le Regioni per l’intero territorio nazionale rispetto ai minorenni fuori famiglia d’origine.

I numeri

Nel 1983, alla vigilia dell’approvazione della legge che ha introdotto l’affidamento familiare, in Italia erano 230mila i minori che vivevano in un orfanotrofio o in un istituto. Oggi i minori fuori famiglia sono poco meno di 28mila, al 31 dicembre 2019. Una lieve prevalenza si riscontra nell’affidamento etero-familiare (57%) rispetto a quello intra-familiare (43%), incrinando lo storico andamento di equo ricorso alle due tipologie di affido.

I minori fuori famiglia dove vivono? 14.053 sono collocati in un servizio residenziale, mentre 13.555 sono in affidamento familiare a singoli, famiglie e parenti. Di questi, il 57% sono in affidamento etero-familiare e il 43% in affidamento a parenti: nel 2019 per la prima volta è avvenuto il sorpasso, storicamente gli affidi a parenti sono sempre stati la maggioranza. Gli stranieri sono il 20,5% dei minori in affido: uno su cinque. Nessuno dei due dati comprende invece i minori stranieri non accompagnati: nel dicembre 2019 i Msna erano 6.054 mentre oggi sono quasi 20mila (per l’esattezza 19.640 al 31 marzo 2023, di cui 4.755 dall’Ucraina). Nel 2019, dice il Ministero, i Msna collocati in affidamento familiare erano poco meno di 500: in questi ultimi anni diversi progetti hanno lavorato all’obiettivo di rendere l’affido in famiglia una possibilità concreta anche per i minori migranti soli, ma questa opzione resta comunque di fatto rara. Le regioni in cui l’affidamento familiare risulta più praticato sono la Liguria e il Piemonte, con valori superiori ai 2 casi per mille minori residenti. Sul fronte opposto ci sono la Provincia autonoma di Bolzano, la Campania, la Provincia autonoma di Trento, il Friuli-Venezia Giulia, che stanno sotto un minore in affido per mille minori residenti. Quattro affidamenti su cinque sono decisi da un Tribunale per i Minorenni: quasi l’80%. Due minorenni su tre, tra quelli in affido, lo sono da oltre due anni. Tra i bambini e gli adolescenti che hanno concluso l’affidamento familiare nel corso del 2019, solo il 34% è rientrato nella famiglia di origine, che sarebbe sulla carta l’esito naturale del percorso. Sulla carta, appunto: nella realtà invece il 12,6% dei minori è andato in affidamento preadottivo; il 10% è stato collocato in un’altra famiglia affidataria; il 15% è entrato in una comunità; il 4,5% ha raggiunto una vita autonoma. Per gli altri, non si sa nulla.

L’effetto Bibbiano

Se vogliamo fermarci ai numeri dei report, quindi, l’impatto “di Bibbiano” sul sistema degli affidi non è ancora visibile. Non è così invece nell’osservazione empirica sul campo, con associazioni e servizi che raccontano della difficoltà a trovare famiglie disponibili all’affido (qui le testimonianze di Marco Giordano e Valter Martini). Sull’altro fronte, quello delle segnalazioni, già a luglio 2019 la Camera ha approvato all’unanimità una mozione che chiede più impegno sia nella prevenzione che nel contrasto della violenza su minori, intorno a cui «si creano vere e proprie barriere di omertà in cui parenti, vicini e compagni di classe, pur essendo a conoscenza degli episodi di violenza, maltrattamenti e abusi, decidono di non denunciare l’accaduto alle autorità competenti». Pediatri e insegnanti, in particolare, hanno un ruolo importantissimo per prevenire i maltrattamenti verso i minori e per trattare le successive fasi di recupero. «Bibbiano ha mosso tutti e molte insegnanti mi dicono “ma noi come facciamo ad andare a denunciare una situazione che ci sembra pericolosa per un bambino, con i genitori che ci sono adesso?”», raccontava Cristina Riccardi, vicepresidente di AiBi. «Vedo le persone perplesse, mentre servirebbe un sistema di tutela che faciliti le persone che sono a conoscenza di situazioni di pregiudizio di minori a segnalare, magari non in procura ma ai servizi, in modo che chi ha le competenze per approfondire lo faccia. In questo senso serve una svolta anche culturale di attenzione al bambino, per cui se io vedo una situazione che mi fa venire il sospetto di una compromissione, io senta di dover segnalare questa cosa». Due osservazioni quantitative la professoressa Ricchiardi comunque le fa. La prima riguarda il Piemonte, di cui si conoscono i dati relativi al 2021 e che conferma come questa regione, dopo essere stata quella che l'affido lo ha visto nascere, ne sia ancora oggi una “culla”: «A dispetto del clima dell'orientamento politico che in questi ultimi anni ha condotto la regione ad approvare una legge battezzata “Allontanamenti Zero”, anche nel 2021 c’è stata una ulteriore crescita della percentuale di minori in affido anziché in comunità. Negli anni più recenti invece la tendenza nazionale è quella di un aumento del ricorso alle comunità, lo si vede in tantissime regioni in maniera trasversale: Toscana, Sicilia, Puglia, Lombardia, Marche, Liguria, Lazio», conclude.

Cinque associazioni a cui appoggiarsi

Anfaa. Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie. Anfaa è un’organizzazione di volontariato che opera su un piano istituzionale e politico per migliorare le pratiche di accoglienza, e su un piano culturale per offrire occasioni di formazione, incontro e scambio alle famiglie. È costituita da sezioni territoriali a cui ci si può rivolgere per avere maggiori informazioni. Dal sito di Anfaa è possibile richiedere gratuitamente anche il volume “La scuola di tutti” che contiene le linee guida per garantire il diritto allo studio degli alunni e delle alunne che vivono fuori dalla famiglia di origine. www.anfaa.it

Aibi. Organizza incontri informativi e corsi di preparazione per le famiglie che desiderano compiere questo gesto d’amore. Gli incontri informativi vengono realizzati periodicamege via zoom e a seguito dei momenti informativi, per le famiglie che desiderano intraprendere l'esperienza, pviene proposto un percorso sull’affido della durata di due giorni, generalmente nel week-end. https://www.aibi.it/ita/attivita/affido/

Cometa. L’Associazione Cometa è una rete di oltre 60 famiglie affidatarie che si sono aperte negli anni all’accoglienza. La proposta di un luogo, di una casa, di un contesto di vita che rende possibile accogliere ed educare nell’alveo di un accompagnamento vicendevole tra famiglie. Il tutto nasce dall’iniziativa di alcune famiglie e da altre che sono state coinvolte nel tempo e che hanno aperto le loro case all’ accoglienza di bambini e ragazzi in affido offrendo un contesto di vita ricco di opportunità per la loro crescita. Nell’ambito dell’Associazione sosteniamo bambini e ragazzi attraverso percorsi di accompagnamento alla genitorialità e alla cura dei legami familiari. Per svolgere le nostre attività l’Associazione si avvale di un’equipe multidisciplinare di professionisti qualificati. https://www.puntocometa.org/associazione-cometa/

Progetto Famiglia. È una Federazione di enti, di ispirazione cristiana, che riconoscono la centralità della famiglia. Tra i suoi ambiti di impegno e attività c’è proprio l’affido. Tra le varie azioni portate avanti dalla Federazione c’è la proposta, formulata insieme al Tavolo Nazionale Affido ( https://www.tavolonazionaleaffido.it), di istituire una Giornata nazionale dedicata proprio all’affido per rilanciare questa pratica. http://www.progettofamiglia.org/

Associazione comunità Papa Giovanni XXIII. Fondata da don Oreste Benzi, gestisce una rete di progetti in Italia e nel mondo che intercettano oltre 41mila persone e si strutturano in 500 realtà di condivisione: dalle case-famiglia alle mense per i poveri, dalle realtà di accoglienza alle case di preghiera, dalle Capanne di Betlemme per i senza fissa dimora alle famiglie aperte. https://www.apg23.org/

Una guida all'affido

(a cura di Silvia Sanchini, pubblicata su VITA di febbraio 2022)

L’affidamento familiare in Italia è disciplinato dalla Legge 184/1983 e successive modifiche. A differenza dell’adozione, l’affido è temporaneo (anche se la sua durata può protrarsi nel tempo) e ha lo scopo di supportare famiglie che stanno vivendo un momento di difficoltà. Può essere di tipo giudiziario, nelle situazioni più complesse e nel caso sia disposto dal Tribunale per i minorenni o consensuale se è concordato con la famiglia stessa del minore e i Servizi sociali di riferimento.

Chi può candidarsi
Gli aspiranti genitori affidatari devono possedere i seguenti requisiti: maggiore età compiuta, idoneità fisica e psichica accertata attraverso un percorso con i Servizi, disponibilità di un appartamento, un lavoro per garantire il mantenimento del minore e il suo diritto all’istruzione e all’educazione. Non esistono limiti d’età. Possono offrire la loro disponibilità a diventare affidatari sia coppie sposate, con o senza figli, sia coppie non sposate, con o senza figli, sia persone adulte non sposate. Anche le coppie omogenitoriali possono candidarsi all'affido. Nella scelta della famiglia affidataria viene solitamente data priorità alla cerchia dei parenti entro il quarto grado: se questi ritenuti idonei, ci si rivolge a persone terze.

A chi rivolgersi
Il primo passo da fare è quello di rivolgersi ai Servizi sociali del proprio Comune di residenza. Inizia così un percorso di conoscenza della coppia o della persona disponibile all’affido. Solitamente questa fase prevede dai tre ai sei colloqui, svolti dall’èquipe affidamenti (composta da assistenti sociali e psicologi) e una visita domiciliare. La valutazione di idoneità non va intesa come un giudizio né come una condizione immodificabile, in quanto le condizioni di una famiglia o la sua disponibilità possono mutare nel tempo. Molto importante è il coinvolgimento dei figli naturali nella scelta, se presenti, e la condivisione con il proprio nucleo familiare e amicale più allargato. Una volta avuta l’idoneità, inizierà un percorso di formazione (che, a volte, può iniziare già in parallelo).

Il percorso di formazione
Un periodo di formazione è necessario per prepararsi ad accogliere. Le modalità scelte variano da città a città ma solitamente si prediligono percorsi di gruppo. Gli incontri vengono condotti da educatori, psicologi e assistenti sociali o altri professionisti. L’obiettivo dei percorsi formativi è quello di aumentare la consapevolezza del proprio ruolo all’interno della rete dell’affido, stimolare una riflessione critica sulle dinamiche relazionali che potranno attivarsi e sui cambiamenti che la scelta di accogliere porterà in famiglia. Solitamente vengono anche promossi momenti con famiglie affidatarie che portano la loro esperienza.

Tempi
I tempi effettivi perché avvenga un abbinamento tra famiglia e minore non sono mai certi perché variano in base alle necessità. Anche la durata del progetto di affido può cambiare in base alle esigenze del minore e della famiglia di origine. Tutte le decisioni circa la durata e la modalità dell’affido vengono inserite nel Provvedimento di affidamento familiare, come indicato dalla Legge 149/2001. A conclusione dell’affidamento, il minore può continuare a mantenere rapporti con gli affidatari: lo prevede la Legge 173/2015.

Tipologie di affido
L’affido familiare può essere di diversi tipi:

  • a tempo pieno, quando il minore vive con la famiglia affidataria e pernotta nella loro casa almeno cinque giorni a settimana;
  • a tempo parziale, se il minore trascorre presso la famiglia affidataria solo alcuni periodi ma ripetuti nel tempo (per esempio durante le vacanze o nei fine settimana) o solo una parte della giornata;
  • diurno, se il minore vive con la famiglia affidataria solo qualche giorno e senza pernottare.

Costi
La famiglia affidataria deve poter provvedere al mantenimento economico del minore che accoglie. Viene solitamente dato un contributo economico alla famiglia affidataria, il cui importo è stabilito da ogni Comune. Esso rappresenta anche un riconoscimento dell’impegno volontario assunto dagli affidatari.

Cosa mettere in conto
L’affido è un’opportunità di grande arricchimento, in cui si riceve tantissimo, ma non è priva di criticità. Trovare il giusto abbinamento tra famiglia e minore non è semplice, il principio orientatore deve essere sempre quello di garantire il prioritario interesse dei bambini e dei ragazzi che saranno accolti. Spesso le famiglie affidatarie immaginano di accogliere neonati, magari bambini non riconosciuti alla nascita, ma questa possibilità è in realtà molto rare. Più spesso si tratta di bambini o ragazzi pre-adolescenti e adolescenti, che vanno quindi accolti riconoscendo e rispettando la loro storia e il loro passato. Un altro elemento di fatica può essere la solitudine delle famiglie affidatarie: quindi è importante creare un rapporto di chiarezza e collaborazione con i Servizi sociali di riferimento, fondamentali anche nella gestione dei rapporti con le famiglie di origine, e aprirsi al confronto con altre famiglie che accolgono, associazioni e soggetti del territorio che possano aiutare e sostenere il percorso della famiglia affidataria.

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