Non profit

Come far ripartire il turismo sociale e i circoli culturali

Frequentati spesso dai soggetti più a rischio come gli anziani, molti spazi sono ancora bloccati. Difficile riattivare anche il comparto del turismo sociale, ma è necessario trovare una strategia per riprendere a fare comunità in sicurezza. L'analisi di Marco Livia, responsabile tecnico progettazione terzo settore di Acli nazionali

di Lara Esposito

Tra le conseguenze dell'emergenza epidemiologica Covid 19 c'è stato un inevitabile blocco della socialità, considerando che il necessario distanziamento fisico ha minato soprattutto le relazioni interpersonali e le più semplici e comuni abitudini delle persone. Basti pensare che in ordine le attività sociali e culturali sono quelle che, non solo apriranno per ultime, ma anche con numerose restrizioni, alcune delle quali rimarranno almeno per il momento vietate: si pensi al ballo, al giochi da tavolo, alle pratiche ludiche che prevedono una fisicità che non rispetta le norme anti Covid-19. Allo stesso tempo, la chiusura e l’obbligo a non uscire di casa durato più di due mesi, ha fatto crescere un nuovo ed estremo bisogno di vicinanza e socialità, soprattutto in questo momento di crisi. Su come ripensare le attività culturali e ricreative si è espresso Marco Livia, responsabile tecnico progettazione terzo settore di Acli nazionali durante il seminario di formazione online online organizzato da CSVnet sul tema “Volontariato e sicurezza: le indicazioni per il terzo settore nella fase 2” lo scorso 25 maggio.

Le attività, infatti, sono sospese, nonostante alcune Regioni abbiano adottato delle linee guida per la riapertura. Per quanto riguarda le Acli, è utile ricordare che si tratta di un’associazione di promozione sociale: questo significa che la maggior parte delle attività viene svolta dai volontari e che la vita associativa è segnata da una buona presenza di soci che frequentano quotidianamente le sedi. I circoli Acli, inoltre, sono piccole realtà organizzate autonomamente, dal punto di vista giuridico, con un’assemblea democratica, un suo presidente, un consiglio direttivo, codice fiscale etc.. Questo significa che ogni organizzazione ha la sua responsabilità civile, penale e amministrativa e deve declinare le attività secondo le sue specifiche esigenze nel pieno rispetto della normativa vigente: sia quella ordinaria prevista dal Codice e dalla Riforma del Terzo Settore, sia quella speciale che attualmente pone limiti alle normali attività associative.

Ecco una sintesi dell’intervento di Marco Livia su come riaprire gli spazi di socialità.

Piccole realtà con attività molteplici: la difficoltà di riaprire
La riapertura è da considerare solo dopo che saranno emanate tutte le norme e le linee guida da parte del legislatore nazionale che di quello regionale. In questo caso, non si tratta solo di essere ligi alla norma ma esiste una dimensione sostanziale da cui non si può prescindere: i circoli Acli sono spesso frequentati da persone anziane, da famiglie con bambini, che sono soggetti particolarmente fragili e sottoposti ad un elemento di rischio maggiore rispetto alla possibilità di contagio da Covid_19.

In questi luoghi si svolgono attività diverse e per ogni singola realtà bisognerebbe pertanto adottare protocolli specifici. Questo comporta inevitabilmente un carico di lavoro organizzativo ed una responsabilità piuttosto pesante per realtà così piccole e poco strutturate. Per questo è stata richiamata la necessità che ci siano delle linee guida di base semplici ed applicabili in modo non particolarmente gravoso. È utile, per esempio, la recente azione dell’Emilia Romagna, che fin da subito si è spinta in avanti con un decreto regionale che ha definito linee guida più specifiche per la riapertura delle attività, rivolte ai circoli e centri sociali e ricreativi.

Riattivare questi spazi infatti non è così semplice. Basti pensare che i codici Ateco, come ulteriore esempio, distinguono l’attività di mescita da quella di ristorazione e, mentre per la ristorazione sono state emanate le linee guida per la riapertura, per la prima manca una specifica misura di riferimento e non è possibile attenersi alle misure previste per la ristorazione per gli eccessivi costi conseguenti al loro adempimento. Quello che si può fare riaprendo questi spazi è fare una semplice lista delle attività che possono essere svolte e indicare, per queste, un protocollo minimo da rispettare che non preveda soprattutto eccessivi oneri e adempimenti difficilmente perseguibili. Naturalmente andrebbe considerato, da parte delle autorità governative nazionali e regionali, di prevedere specifiche misure economiche che permettano la riapertura delle sedi associative per la loro fondamentale valenza sociale che permette alle persone di ristabilire un equilibrio psichico e sociale frutto della socialità e della vita comunitaria, che è stato seriamente messo in crisi dalle misure restrittive e di contenimento sociale.

Quali attività si possono svolgere in sicurezza?
Un altro aspetto che fa la differenza è il fatto che le attività dei circoli sono svolte in prevalenza a favore dei soci. In pochissimi casi c’è un’apertura delle attività sociali all’esterno ed a terzi. Questo può essere attualmente, un elemento utile perché, come nel caso dei lavoratori, si può richiedere a chi entra nelle sedi di rilasciare un’autocertificazione in cui dichiari di non essere stato a contatto con persone che hanno avuto il Covid o di non avere stati febbrili etc.

Una cosa poi è certa: attualmente sarà possibile svolgere solo ciò che permette il rispetto del distanziamento sociale. L’Emilia Romagna su questo prova a fare un elenco dettagliato di ciò che è permesso o vietato. Rimane vietato lo svolgimento di attività che non permettano la sanificazione dei materiali e la distanza minima o quelle espressamente vietate dalla normativa nazionale. Tra queste il gioco delle carte, giochi da tavolo, biliardino, calcio balilla, giochi di ruolo, balli a due etc. Le altre attività possibili possono essere svolte nella consapevolezza che dovranno essere misurati gli spazi chiusi delle associazioni e dei circoli per verificare la possibile capienza minima e massima di persone ammissibile. In questa valutazione è opportuno considerare la metratura delle sedi e l’eventuale disponibilità di spazi all’aperto. Questo significa che, al di là delle indicazioni nazionali, ad esempio, un piccolo circolo di 60-70 metri quadrati non potrà tenere al proprio interno molte persone: bisognerà in questo tenere il freno a mano tirato.

Ripensare il valore della vicinanza sociale, evitando solo quella fisica
L’unica strada percorribile sarà quella di riprogettare e programmare bene le attività da svolgere nelle sedi. Se il Covid-19 è stato davvero distruttivo per molti versi interrompendo tutte le attività associative sociali e culturali, è stata e sarà, anche un’occasione per ripensarsi, per richiamare i propri soci e volontari ad iniziative di solidarietà e aiuto ai più emarginati, poveri o soli, – ad esempio – ripensare le attività più a misura dei giovani chiamandoli a darci una mano per cercare di sviluppare attività di “riqualificazione” della socialità che operino a favore di tutta la comunità. La socialità rimane prioritaria e non si può prescindere dall’incontro e dalla vicinanza con le persone. Le persone più fragili hanno più sofferto del distanziamento sociale ma questa può essere l’occasione per capire come rilanciare il sistema sociale del terzo settore come momento educativo, culturale e di promozione dei valori del civismo in maniera più aderente alle esigenze delle comunità ove essi hanno messo le radici, in una nuova ottica più indirizzata alle esigenze ed alle necessità reali, ma senza dimenticare l’importante lato del benessere e del tempo libero. Molti spazi nascono per essere luoghi di socialità e di comunità per cui il distanziamento deve essere solo fisico, se le attività vengono svolte solo all’interno, ma in un’ottica di riprogettazione e con un’apertura al territorio lo spazio fisico del circolo o dell’associazione può moltiplicarsi a dismisura.

Turismo sociale, come salvarlo?
Come molti settori, è importante fare un piccolo accenno anche al comparto del turismo sociale. Anch’esso è in forte crisi ed è stato danneggiato dalla chiusura della mobilità interregionale, ma esso ha una sua valenza culturale e sociale molto importante. Basti pensare ai campi estivi, in cui persone con fragilità potevano fare un’esperienza importante e le loro famiglie prendere respiro, alle gite organizzate per gli anziani e le famiglie, che attraverso di esse avevano a volte l’unica possibilità di fare qualche giorno di vacanza. Ma anche a tutte le possibilità di attività di promozione dei beni culturali e religiosi che il turismo sociale ha sempre sviluppato all’interno dei suoi percorsi. Nel decreto Rilancio a queste attività viene riconosciuta la possibilità di un bonus o una detraibilità, ma molti degli enti che organizzano i campi non hanno la possibilità di attivare un percorso di detraibilità fiscale essendo spesso esentasse.

Potrebbe essere utile, invece, un sovvenzionamento mirato a fondo perduto proprio per salvaguardare le attività istituzionali. Basti pensare ai finanziamenti dell’Avviso 1 art. 72 del D.Lgs. 2017, i cui progetti richiedono una notevole parte di innovatività, azioni innovative che sono molto importanti per innovare il Terzo Settore, ma al momento e con l’emergenza forse sarebbe più importante tutelare le attività istituzionali, provando a rilanciarle con percorsi di riprogettazione delle attività istituzionali di interesse generale di cui all’art. 5 del Codice del Terzo Settore, partendo proprio ciò che già si fa, e si fa bene. Basti pensare che attraverso quel finanziamento non si possono fare attività di ristrutturazione delle sedi degli enti, nonostante per l’emergenza Covid sia in un certo qual senso quasi un obbligo per permettere la riapertura in spazi adeguati. Altra possibilità, è quella di avere finanziamenti a fondo perduto mirati proprio all’adeguamento sanitario preventivo, in modo da poter spendere al meglio le risorse e soprattutto in modo funzionale alle attività dell’associazionismo. In conclusione, Livia ha sottolineato che bisogna sbrigarsi a definire le modalità di riapertura dei circoli e delle associazioni culturali, attenendosi a tutte le norme sanitarie necessarie a tutelare i legali rappresentanti da eventuali rischi accessori, ma ripartendo con tutte le attività ad esse connesse tramite un apposito supporto economico necessario perché le fragilità di queste strutture non vengano appesantite da oneri difficilmente sopportabili, che rischiano di decretarne la definitiva chiusura piuttosto che la riapertura.

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.