Sostenibilità

Com’è difficile fare l’avvocato dell’ambiente

Giampaolo Schiesaro, parte civile al processo per Porto Marghera

di Elisa Cozzarini

Lunghissime vertenze a caccia di colpevoli difficili da individuare, risarcimenti che non arrivano. Prescrizioni in agguato. Ma anche qualche piccola vittoria «La magia è che sono tutti innocenti, eppure hanno pagato. Nel processo sul Petrolchimico di Porto Marghera, Montedison ha accettato un risarcimento danni di ben 550 miliardi di vecchie lire. E ciò tre giorni prima della sentenza che assolveva tutti. Ecco perché siamo un caso studiato nel mondo intero». Giampaolo Schiesaro, ex pretore “d’assalto”, oggi membro dell’Avvocatura di Stato di Venezia, ha sostenuto la parte civile in uno dei processi ambientali più noti e controversi, quello sul Petrolchimico di Porto Marghera. È uno dei massimi esperti di reati in materia ambientale.
Ecomondo: Avvocato, ci spiega cos’è esattamente il danno ambientale?
Giampaolo Schiesaro: Il concetto giuridico di ambiente è molto ampio e comprende, oltre al patrimonio naturale, anche quello artistico, storico, archeologico, riguarda l’incolumità e la sicurezza della popolazione? Faccio un esempio: a Rovigo è stato riconosciuto il danno ambientale per il deterioramento di alcune chiese del Settecento. Gli edifici erano stati danneggiati a causa dello sprofondamento del terreno provocato da lavori edilizi.
Ecomondo: Quando si è iniziato a fare processi di questo tipo?
Schiesaro: Il primo è stato alla metà degli anni 70. In seguito a un incendio al Petrolchimico di Mestre, Montefibre è stata condannata a un risarcimento di 100 milioni di lire per aver compromesso la qualità dell’aria. E si trattava di un modesto incendio.
Ecomondo: Quali sono le difficoltà che incontra lo Stato nei grandi processi per danno ambientale?
Schiesaro: In generale è estremamente difficile dimostrare le responsabilità individuali dei danni di questo tipo. A Marghera è facile verificare che il terreno è una bomba ecologica, eppure non si riesce a stabilire di chi è la colpa, perché parliamo di fatti accaduti decenni fa. La zona industriale di Venezia nasce ai primi del Novecento, per portare lavoro e sviluppo. Solo alla fine del secolo si è scoperto che si portavano anche veleno e morte. E ora, in mancanza di prove, vengono tutti assolti.
Ecomondo: Allora perché Montedison ha accettato di pagare?
Schiesaro: Per otto anni abbiamo condotto un processo durissimo nei loro confronti. Siamo arrivati a un punto in cui l’azienda ha preferito pagare, pur di non dover più sostenere tutte le spese processuali e non avere una pendenza giudiziaria e civile che danneggia la propria immagine. Montedison ha pagato prima ancora che si decidesse l’esito del primo grado. Anche Eni ha accettato la proposta di una transazione civile, ma dopo che era già stata assolta in secondo grado. In tutto Eni ha sborsato 280 miliardi di lire pur di evitare il rischio del processo in Cassazione. Sono soldi che si aggiungono ai risarcimenti ottenuti dalle vittime e famigliari, di cui non ci occupiamo noi. In tutto, per il Petrolchimico di Porto Marghera, l’Avvocatura dello Stato ha raccolto circa 700 milioni, che sono serviti per il marginamento dei canali industriali, un’opera ciclopica, costata attorno a 1,2 miliardi: una muraglia lunga 97 chilometri e alta 40 metri, che segue i margini della zona industriale segnando il confine con la laguna e impedendo la fuoriuscita di liquami inquinanti. È una specie di enorme sarcofago che ha permesso alla laguna di Venezia di tornare a vivere. Più della metà dei costi sono stati coperti dai soggetti presunti inquinatori.
Ecomondo: Lei ha seguito anche il processo contro Eni per l’inquinamento da ddt nel Lago Maggiore?
Schiesaro: In quel caso l’azienda, convinta di risultare innocente, non ha accolto nessuna proposta, ma è emersa una prova e il giudice civile di Torino ha condannato Eni, in primo grado, a un risarcimento di 2 miliardi nel 2008. È una sentenza devastante. Se l’azienda pagasse, fallirebbe e lo Stato non ha alcun interesse che Eni fallisca. Allora continua la battaglia per non pagare mai. Sta qui il paradosso.
Ecomondo: E cosa sta accadendo nel resto d’Italia?
Schiesaro: Su 60 siti di interesse nazionale che richiedono una bonifica urgente, in oltre 50 c’è il coinvolgimento di Eni. La bonifica spetta comunque all’azienda, ma il costo del danno ambientale è ben più alto. Parliamo di decine di euro che servirebbero per compensare la perdita delle risorse ambientali per tutto il periodo di sfruttamento di questi siti.
Ecomondo: Cosa sta facendo lo Stato?
Schiesaro: Sono praticamente solo. Il ministero dell’Ambiente non ha a disposizione un esercito o una polizia. Nessuno riconosce che la riparazione ambientale è l’altra faccia dell’economia nazionale. Credo che l’unica strada per ottenere dei risultati sia quella delle transazioni civili, come è stato al Petrolchimico. A Brindisi e Napoli abbiamo raggiunto i primi accordi e ci muoviamo lentamente in tutta Italia. È solo così che si fa la differenza, in un Paese in cui il sistema penale è finto, non c’è certezza della pena e i reati ambientali si prescivono ancor prima di accertarli.

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