Economia

Come corre l’americalontana da wall street

oltre la crisi Il grande sistema cooperativo Usa lancia la sua sfida

di Redazione

Piove a dirotto sulla Corporate America. Una tempesta “perfetta” innescata dal crack dei subprime, la crisi del credito facile e dei super indebitamenti per la prima e la seconda casa, che affossa i conti delle multinazionali, brucia miliardi nei bilanci delle banche, spinge al limite della bancarotta 16 Stati su 51, e manda sul lastrico milioni di famiglie. Si salva dal tornado l’altra faccia degli Usa, la Coop America, il paese di periferia, che si è messo al riparo sotto il tetto del movimento cooperativo, uno dei più grandi al mondo superato solo dalla Cina e dall’India. Quattro americani su dieci, circa 120 milioni di persone, sono soci delle coop Usa, 22mila imprese che contribuiscono al Pil americano con ricavi superiori ai 230 miliardi di dollari e impiegano più di 600mila persone. Anche l’altra economia Made in Usa subisce la crisi, ma di fronte ai venti della recessione non chiude bottega. Anzi. Le Credit Unions, le banche cooperative che vantano assets per 700 miliardi di dollari, godono di ottima salute. Al contrario dei colleghi del credito di New York e Boston, crescono a doppia cifra per raccolta, con un leggero ripiego – a causa della scarsa liquidità – solo nei finanziamenti alla clientela. Il trend viaggia sul filo del paradosso. Un Paese a due corsie e a doppia velocità. Quello della finanza, del sogno americano per eccellenza, che ha creato valore – e un ristretto club di milionari – su risorse ipotetiche (ricorrendo al debito), per poi perdere cifre da capogiro in un paio di sedute in Borsa, tra uno scandalo e gli eccessi della speculazione. E quello rurale, che non corre ma avanza ai ritmi contenuti – peraltro sostenuti dai generosi sussidi statali all’agricoltura – senza però conoscere drammatiche battute d’arresto. Il crollo della fiducia nei consumi colpisce tutti, inflazione e disoccupazione spingono gli Usa dentro il tunnel della peggior crisi della storia dopo quella del 1929. Ma a due passi dalla fine di un’era, quella dell’impero del dollaro (che in molto hanno già etichettato la fine dell’uomo “bianco” a vantaggio dei Paesi emergenti), l’America riscopre l’economia “reale”, un po’ meno capitalista e più mutualistica.

Coop di campagna
Ma chi sono le coop americane? Per Antonio Tencati, docente di Economia gestionale alla Bocconi ed esperto di Csr e mondo cooperativo, il modello americano è un fenomeno essenzialmente agricolo, che fattura 111 miliardi sui 230 prodotti da tutto il sistema coop. È espressione delle esigenze dei territori di provincia, attorno ai quali si è sviluppato un indotto di servizi sempre più importante. «Le coop Usa funzionano come un network, una rete però più chiusa rispetto all’esperienza europea e anche italiana. Hanno infatti una valenza locale fortissima, costruita intorno ai bisogni dei soci. Il movimento tuttavia ha conosciuto le sue fasi negative. Negli anni 80 si sono registrati numerosi accorpamenti di imprese per far fronte a diversi casi di crack. Dalle 40mila coop si è passati a 22mila, anche se decisamente più grandi rispetto al passato e con una rinnovata propensione alla sostenibilità, al biologico e all’energia verde». Il ritorno alla crescita, proprio in un momento di crisi, «è anche la risposta delle comunità al declino del Welfare». Le 9mila coop del credito sono un pilastro del movimento. In cassa hanno 615 miliardi di depositi, 700 miliardi in asset e 90 milioni di soci-clienti. Quelle dell’energia, circa 930, fatturano 5,4 miliardi e forniscono elettricità a 37 milioni di persone (come Oglethorpe Power, che accende la luce nell’80% delle case della Georgia) e poi ancora ci sono le coop di housing (7.500), di acquisto e consumo (340), le mille compagnie assicurative. I valori di fondo (la partecipazione economica, controllo democratico, radicamento nelle comunità di appartenenza, solidarietà e sostegno ai Paesi poveri) si ispirano ai principi della prima coop americana, quella assicurativa e mutualistica fondata nel 1752 da Benjamin Franklin, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, tra i protagonisti della Rivoluzione americana.
Aziende di “ringhiera”, nate intorno agli anni 30 in risposta alla Grande Depressione del 29, che oggi navigano nel mare magnum dell’economia Usa sotto insegne spesso poco conosciute. Ma ci sono anche i big del mondo coop. Nella galassia dell’informazione c’è l’Associated Press, la storica agenzia di stampa che è una cooperativa non profit. Nel settore del consumo c’è anche la “Ferrero” d’America, Land’O Lakes, 4 miliardi di dollari in dolciumi venduti e 350 coop aderenti. Nel credito macina risultati positivi la Navy Federal, 3 milioni di soci, 25 miliardi di assets e uno dei cento miglior posti, secondo Fortune, dove poter lavorare in Usa. Mentre le altre banche svalutano asset e licenziano, la Navy ha assunto 3mila persone, migliorando i ricavi del 25% e puntando ad estendere la rete delle filiali.


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