Volontariato

Come circola il Covid nelle scuola? A Roma un istituto i dati li ha…

C’è un istituto, in Italia, che i dati su come circola il virus a scuola li ha. È l’IC Regina Elena di Roma. La Società Italia di Pediatria realizza uno screening mensile su circa 1.200 persone, il 96% della sua popolazione scolastica. Dopo il terzo mese, con 3.431 tamponi fatti, i positivi individuati sono stati in tutto 11 (dieci studenti e un adulto). Con nessun contagio all'interno della stessa classe

di Redazione

C’è un istituto, in Italia, che i dati su come circola il virus a scuola li ha. È l’IC ‘Regina Elena’ di Roma, zona super-centrale, tre plessi scolastici fra ministeri e ambasciate. In due dei tre plessi di questa scuola la Società Italiana di Pediatria insieme all’ospedale pediatrico Bambino Gesù, l’Istituto di Ortofonologia e la Fondazione Mite ha realizzato un progetto pilota di screening ripetuto che ha coinvolto 1.262 persone, pari al 96% del totale. Il primi risultati del progetto ‘A tutela dello studente, per una scuola sicura’ sono stati presentati ieri, mentre la ricerca integrale è in attesa di essere pubblicata su una rivista scientifica internazionale. Si può però anticipare l’esito che i riceratori hanno messo nero su bianco: «In conclusion, according to the data that emerged from this study, the school in Italy, thanks to all the procedures adopted, can be considered a safe place for children and adolescents», queste sono le loro parole.

Tesi che in tanti in queste settimane hanno sostenuto e altrettanti hanno criticato, nel buio più assoluto rispetto ai dati sui contagi a scuola (li ha il Ministero? Li ha l’ISS? Li ha il CTS?). Gli screening si sono svolti in tre round: a inizio settembre e poi a un mese e a due mesi dall’inizio dell’anno scolastico. La popolazione scolastica studiata conta in totale 1.262 persone, di cui 1.094 studenti (132 alla materna, 369 alla primaria, 414 alla secondaria di primo grado e 336 alla secondaria di secondo grado), 141 insegnanti e 27 fra impiegati e personale Ata.

Nel primo test settembrino su 1.099 campioni solo 1 studente delle superiori è risultato positivo, nel secondo a fronte di 1.075 tamponi sono risultati positivi 7 persone, un adulto e 6 studenti, mentre nel terzo round, a due mesi dall’inizio dell’anno scolastico, su 1.257 test sono risultati positivi 3 studenti. In totale, quindi, su tre screening e 3.431 tamponi, 11 persone (dieci studenti e un adulto) sono risultati positivi. La notizia più importante è che non si è verificato «nessun cluster, nessuno contagiato all'interno delle classi». Gli alunni del Regina Elena sono più protetti degli altri? Più attenti? Non usano i mezzi per andare a scuola? Può essere. Ma allora dateci dieci, cento, mille altri progetti di screening come questo. O mettiamo insieme i dati che i dirigenti ogni settimana inviano. E prendiamo decisioni a parteire da quei dati.

«Proseguiremo lo studio», ha detto ieri in conferenza stampa Alberto Villani, Presidente della SIP. «I pediatri sono stati sempre convinti dell’importanza della scuola in presenza, ma era importante accertare che la scuola fosse un luogo sicuro. E questa ricerca lo dimostra». Anche Federico Carlo Perno, responsabile di microbiologia dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, ha ribadito che: «Quello che abbiamo visto è che il tasso di presenza del virus nelle scuole che abbiamo testato è un tasso più basso della media nazionale, non cresce nel tempo e soprattutto la scuola non è causa di focolai. I ragazzi si infettano fuori. Oggi abbiamo l’evidenza che una scuola che segue le regole ed è monitorata non è veicolo del virus ma se mai è un luogo protetto. Questi risultati servono anche per aiutare a fare le scelte sulla base di dati reali».

Presente in conferenza stampa anche Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, che anche oggi sul Corriere della Sera ha citato lo studio: «La scuola deve tornare a essere un imperativo culturale sociale ed economico di questo Paese. È vero che il rischio zero non esiste, ma a scuola c’è un rischio controllato. Un rischio accettabile».

Photo by Jelleke Vanooteghem on Unsplash

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.