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Come cambia il mondo attorno alle parrocchie. L’oratorio si merita un master

Il primo corso per operatori da oratori è partito a Cremona. Non è un caso: oltre i cancelli si aggrega un mondo giovanile sempre più vasto e sempre più variegato (di Sara De Carli).

di Redazione

E chi se lo sarebbe mai aspettato un master per ?oratoriani?? Eppure a Cremona 17 giovani stanno frequentando proprio un supercorso di livello universitario in Pastorale giovanile, che li ?laureerà? ufficialmente Educatori di oratorio. Un?iniziativa tutt?altro che peregrina, anzi la spia di un cambiamento profondo che sta investendo una delle istituzioni italiane più antiche, ma anche sulla quale si sono costruiti, negli anni, molti stereotipi e pregiudizi. C?era infatti una volta l?oratorio: luogo armonioso e protetto, zona franca rispetto alla società e ai suoi problemi. Una sorta di isola che non c?è, con i confini ben marcati a separare i bravi ragazzi – quelli che il cancello dell?oratorio lo varcano – da quelli che stanno fuori, sul muretto. E soprattutto con le porte sbarrate alle istituzioni pubbliche. Venne poi la legge 206 dell?1 agosto 2003, meglio conosciuta come ?legge sugli oratori?. Con 404 voti favorevoli e solo 19 contrari, lo Stato italiano ha riconosciuto la funzione educativa e sociale svolta dall?oratorio (universo composto da più di 5mila strutture, 100mila educatori volontari e 1 milione di ragazzi coinvolti) e lo ha autorizzato a partecipare ai tavoli istituzionali dove si progettano le politiche giovanili. Soddisfazione generale, politici entusiasti: ma in questi sei mesi, negli oratori, che cosa è cambiato? La legge prevede che l?oratorio collabori con le amministrazioni, le Asl, le cooperative sociali: ma ne ha le competenze professionali? E le politiche giovanili, al di là del riconoscimento formale garantito dalla 206/03, sono disposte a dialogare con la pastorale giovanile? Pochi mesi di vita, ma difficile “Se gli oratori si aspettavano una pioggia di finanziamenti”, spiega don Massimiliano Sabbadini, presidente del Forum oratori italiani, che ha seguito da vicino l?iter della legge, “saranno certamente delusi. La legge infatti si limita a una dichiarazione di principio, e rimanda alle singole Regioni il compito di emanare leggi applicative. Alcune si erano mosse in questo senso già prima della legge nazionale, altre stanno cominciando ora a pensarci”. Molto rumore per nulla, allora? “Assolutamente no”, continua don Sabbadini. “Riconoscere che le attività di oratorio hanno un valore educativo intrinseco è una novità assoluta ed è il punto di forza della legge. Lo Stato non trasforma l?oratorio in una unità che offre servizi sociali; al contrario, prende atto del fatto che la proposta dell?oratorio, così com?è, rappresenta già una risorsa sociale preziosa, al servizio dell?intera comunità civile”. Un sano interesse, quindi, ha guidato il legislatore. Soprattutto da quando l?oratorio, tornando alle origini, ha mandato alcuni educatori sulle strade, per essere presenti nelle situazioni di disagio, per inventare nuove prassi pastorali. Laboratori teatrali, doposcuola, animazione di strada, discoteche e pub di tendenza, centri di aggregazione giovanile: sempre più spesso, negli ultimi anni, l?oratorio offre tutto ciò, rivolgendosi in particolare agli adolescenti e ai giovani. Si chiama ?pastorale dell?informalità?, ed è naturale che sia entrata in contatto con chi di disagio giovanile e servizi sociali si occupa per professione o compito istituzionale. È cominciata così, con la legge 285/97 (la cosiddetta legge Turco a favore dei minori) e la 328/00 (la riforma dell?assistenza sociale), alla quale infatti la 206/03 rimanda, la partecipazione dell?oratorio ai Piani di zona. No all?autosufficienza educativa È presto per fare un bilancio e valutare le conseguenze concrete della legge. Anche perché, ricorda don Sabbadini, “la legge 206 è allo stesso tempo punto d?arrivo e di partenza, che riconosce il lavoro fatto nel passato ma stimola a nuove responsabilità e pone nuove sfide. Prima fra tutte quella di rinunciare a una presunta autosufficienza educativa e aprirsi al territorio”. La legge punta proprio sull?educazione, e invita a una maggiore responsabilità nella formazione professionale degli educatori d?oratorio, anche se il volontariato resta una risorsa irrinunciabile: per la sua valenza educativa, più che per ragioni economiche. “Ben vengano gli educatori di professione”, dice Pier Codazzi, responsabile del Servizio per il disagio nell?età evolutiva della diocesi di Cremona, “ma con ruoli di coordinamento dei volontari e di interlocutori qualificati per il lavoro in rete, ad esempio con gli enti locali”. Su questo, un paio di cose si possono già dire. Da parte dei Comuni ci sono, di fatto, alcune preclusioni: la 206 sancisce il riconoscimento dell?oratorio in quanto tale, ma nei Piani di zona continuano a essere richiesti parametri di accreditamento che l?oratorio (a meno di mascherarsi giuridicamente come associazione, onlus o centro di aggregazione) non ha. Qualche Comune, poi, ha chiesto i versamenti arretrati dell?Ici sugli immobili oratoriani per gli anni dal 1992 al 2002, come se l?esenzione fosse entrata in vigore solo con la nuova legge. Da parte degli oratori, invece, c?è ancora un po? di ritrosia a lavorare col pubblico, a misurarsi con il linguaggio e la logica della politica. Paura della politica? Che cosa trattiene i responsabili dal lanciarsi in questa nuova avventura? “Forse il timore della strumentalizzazione”, azzarda don Gianluigi Bollini, delegato del vescovo di Como per la pastorale giovanile, “anche se è importante capire che non ci si lega a una giunta, si collabora con un?istituzione. Non dobbiamo avere paura di aprire le porte alla partecipazione civile: come diceva don Bosco, il compito dell?oratorio è di formare onesti cittadini e buoni cristiani”. L?oratorio di oggi assomiglia a un laboratorio sul territorio, ben lontano dall?essere prolungamento della sacrestia. L?ha detto anche il Papa: che l?oratorio sia ponte tra la strada e la chiesa. Più che in funzione delle leggi, l?oratorio cambia perché è luogo che vuole incrociare la vita. “Deve essere lo spazio in cui la fede e la vita si incontrano”, ribadisce don Sabbadini. “E chissà che proprio in oratorio non maturino vocazioni alla politica?”

Sara De Carli

Info: Foi – Forum oratori italiani www.oratori.org Oratori delle diocesi lombarde (Odielle) tel. 035.278370 ODL Per il master tel. 0372.25336 MASTER IN PASTORALE GIOVANILE


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