Famiglia
Combattere la malaria con un dollaro per dose
Si chiama As/aq. Sarà una grande speranza per i 500 milioni che secondo loms vengono ogni anno infettati dalla zanzara anofele. Costa poco, non ha brevetti...
Economico, facile da usare e non coperto da brevetto. Il farmaco antimalarico dei sogni, è diventato realtà. Si chiama AS/AQ, dalle iniziali di artesunato e amodiquina, i principi attivi di cui è composto, e sarà venduto negli ospedali e dispensari dei Paesi poveri entro metà del 2006. Al prezzo di un dollaro a dose invece dei 2,50 necessari per acquistare il Coartem di Novartis, l?unico altro antimalarico low cost diffuso nel Sud del mondo per cui non sono stati riscontrati alti livelli di resistenza. E con una posologia che faciliterà la vita dei 500 milioni di nuovi infetti contati ogni anno dall?Organizzazione mondiale della sanità: sei pastiglie invece della 24 previste dalla più diffusa terapia contro la malattia trasmessa dalla zanzara anofele.
La strana alleanza
La notizia, diffusa il 7 aprile scorso, già da sola basterebbe a far parlare di rivoluzione nel campo della lotta alla malaria. Soprattutto dopo l?accusa che, un mese fa, la prestigiosa rivista scientifica The Lancet ha rivolto a Roll Back Malaria: «Inefficace, in sette anni ha fatto più male che bene». Ma c?è di più: a lanciare sul mercato l?AS/AQ, sono Sanofi Aventis e la Drugs for neglected diseases initiative (Dndi). E cioè un?azienda farmaceutica e un?organizzazione non profit che, per la prima volta nella storia, collaborano come partner allo stesso livello invece che come benefattori e beneficiari. Con una netta suddivisione dei compiti: Dndi si è occupata della fase di ricerca e dei test clinici ancora in corso in Africa e in Thailandia, Sanofi Aventis della produzione e della registrazione, che avverranno in Marocco entro la fine del 2005, e della distribuzione.
Per comprendere l?importanza dell?AS/AQ, e della strana alleanza che l?ha generato, bisogna tornare indietro nel tempo. Al 2003, quando Medici senza frontiere, leader della campagna per l?accesso ai farmaci nel Sud del mondo, forte di alcuni studi clinici sulla resistenza agli antimalarici come la clorochina sviluppata in Africa, lancia la Dndi: un network internazionale, di cui fanno parte l?Istituto Pasteur e altri quattro centri di salute pubblica, che dimostri al mondo perché la lotta alle malattie dimenticate sta andando nella direzione sbagliata e come è possibile produrre farmaci etici per combatterle.
La sfida è prima di tutto culturale: «Dovevamo spiegare che l?innovazione tecnologica non è l?unico criterio per giudicare il progresso medico-scientifico», ricorda Nicoletta Dentico, ex direttore generale di Msf e oggi policy and advocacy adviser della Dndi, « e che si può fare innovazione anche dal punto di vista del paziente, per esempio dandogli sei pastiglie invece di 24». Nel 2003, il modo più efficace per farlo è convincere istituzioni internazionali e governi a passare dai vecchi trattamenti antimalarici inefficaci alle Act: terapie a base di derivati della pianta cinese Artemisina, che stavano dando ottimi risultati nel Sud del mondo. «In particolare», ricorda la Dentico, «nella provincia sudafricana del Quasulu Natal che aveva cominciato la terapia a base di due derivati dell?Artemisina, Artemeter e Coartem, con ottimi risultati: dal 2000 al 2001, il numero di casi di malaria è diminuito del 78% passando da 41.789 a 9.443, contemporaneamente i decessi sono diminuiti dell?87% e i ricoveri dell?892%».
Sono dati impressionanti, che danno i primi risultati: a pochi mesi dalla sua fondazione, Dndi ottiene un finanziamento di 1,2 milioni di dollari e, sfruttando il know kow dei suoi partner che includono la famosa azienda brasiliana Far Manguinhos che produttrice farmaci generici anti Hiv per conto del governo brasiliano, in Burkina Faso, Malesia e Thailandia porta avanti i test clinici sull?AS/AQ. Nel 2004, Dndi comincia a cercare un?azienda disposta a produrre il suo farmaco che combina in un?unica pillola, da assumere due volte al giorno per tre giorni, l?artesunato e l?amodiquina. E, nel dicembre dello stesso anno, chiude l?accordo con Sanofi Aventis, una delle poche aziende certificate dall?Oms per produrre derivati dell?Artemisina. E l?unica, ad oggi, ad aver accettato di produrre un farmaco senza brevetto.
No profit, no loss
Per Patricia Mosello, responsabile comunicazione del gruppo in Italia, «è una scelta in linea con la strategia ?No profit no loss?, niente profitto niente perdite, che Sanofi Aventis ha inaugurato pochi mesi fa. La produzione di farmaci a un euro per il Sud del mondo non porta profitto ma, comunque, consente alle nostre fabbriche di produrre volumi più alti di farmaci perché c?è più richiesta e si riesce a venderli a prezzi più bassi». Nei Paesi ricchi, inoltre, i profitti per l?innovativo antimalarico non sono esclusi. L?accordo prevede, infatti, che Sanofi Aventis possa lanciare il farmaco anche in Occidente, ma con un prezzo, un nome e una confezione diversi da quelli studiati per il Sud del mondo e destinando delle royalties del 3% alla Dndi che si impegna ad usare il denaro per promuovere l?uso delle terapie Act e la diffusione delle piantagioni di Artemisina fuori dalla Cina per abbattere il costo di questa pianta che oggi supera i 500 dollari al chilo.
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