Le categorie nel giornalismo non mi piacciono. Secondo me esistono solo buon giornalismo e cattivo giornalismo. Ma se serve a capirsi, allora è giusto valorizzare il giornalismo impegnato sui temi sociali. E’ stata una settimana per me molto interessante, chiamato prima a intervenire alla cerimonia del premio Sodalitas, e poi a condurre un workshop sulle parole della disabilità nel seminario “In mare aperto” promosso dall’Ordine dei Giornalisti, e con la presenza massiccia degli allievi delle scuole di giornalismo. Sensazione piacevole di interesse, di attenzione, di competenza, di creatività. I partecipanti al premio Sodalitas hanno presentato articoli, servizi televisivi, servizi radiofonici, servizi per il web, di grande efficacia sui temi che ci stanno a cuore: immigrazione, disagio giovanile, disabilità, lotta alla mafia, ecosostenibilità, periferie urbane degradate, storie di associazioni e di volontariato. Linguaggi giovani, concreti, poca retorica e molti dati, un giornalismo d’inchiesta che a volte sembra imitare Fabrizio Gatti, ma spesso centra l’obiettivo di colmare un vuoto di informazione. Il fatto è che si tratta pur sempre di una minoranza, l’effetto complessivo è buono ma è evidente che si tratta di tentativi di lavorare sul sociale a proprio rischio e pericolo, impegnandosi al di là del normale obbligo di lavoro. E’ quasi una forma di volontariato giornalistico, degno di apprezzamento, ma troppo poco rispetto a quanto il pubblico vorrebbe. Lo si capisce bene dai risultati dell’indagine Eurisko, sia pure su un campione non molto ampio, ma sufficiente a far capire che il pubblico competente sa vedere le differenze e non a caso pone al vertice del gradimento il nostro magazine Vita, il nostro portale, e l’agenzia Redattore Sociale. Scelte nette, che distanziano i media generalisti, e puniscono soprattutto la televisione, del tutto inadeguata a raccontare il nuovo della società che cambia.
Ha ragione Zamagni quando sottolinea la necessità di premiare, di valorizzare, di incentivare il giornalismo sociale. L’esempio porta all’imitazione, anche un piccolo premio rappresenta un riconoscimento importante da portare al proprio direttore, all’editore, per spingerli a un maggior coraggio, a un impegno più costante.
Piero Colaprico, ieri, al seminario “In mare aperto” ha provocato i giovani aspiranti giornalisti che gremivano la bella sala del villaggio Barona a Milano: “Guardatevi dentro, potete farlo solo voi, e decidete se vi sentite Borgia o san Francesco. Se vi sentite Borgia andate tranquilli a cercare il giornalismo del potere, se siete san Francesco trovate la compagnia giusta per sentirvi a vostro agio”. E’ dunque una scelta morale, non solo professionale. Il giornalismo, è bene ricordarlo, è ricerca della verità.
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