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Colombia: l’ombra di Trump sul referendum che ha tradito la pace
Al quesito: «Sostieni l'accordo finale per terminare il conflitto e per la costruzione di una pace stabile e permanente» i no sono stati il 50,21% e hanno superato i sì di appena 55mila voti. Ad essere chiamati al voto sono stati quasi 35 milioni di colombiani ma l'astensione ha raggiunto circa il 62%. Il peso delle elezioni americane
Sotto la pioggia battente e freddo inusuale, la Colombia ha celebrato la scorsa domenica 2 ottobre il referendum con l’obiettivo di garantire un riconoscimento popolare all’entrata in vigore degli accordi di pace firmati a Cartagena lo scorso lunedi 26 agosto. Nella centrale Piazza Bolivar, il Presidente della Repubblica Santos ha dichiarato che “oggi celebriamo l’anniversario della nascita di Mahatma Gandi, dobbiamo aprire i nostri cuori allo spirito della non-violenza”.
Il Premio nobel di pace Adolfo Perez Esquivel usa un’immagine bibilica per dipingere questa data storica: «Oggi termina la lotta armata, dobbiamo trasformare le armi in aratri di pace per la vita». Tutti i telegiornali del mattino hanno annunciato la possibile vittoria del SI con buon margine. Queste speranze vengono tristemente tradite dal voto finale che lasciano il Paese andino nella totale incertezza.
Nel referendum i 'no', il 50,21%, hanno superato di un soffio (55.000 voti) il 'sì' all'applicazione dell'accordo, che sono arrivati al 49,78%. Ma sia il governo che i leader delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia hanno indicato l'intenzione di andare avanti nella strada indicata dall'accordo di pace. Secondo Jacobo Garcia del País di Madrid, Alvaro Uribe, Presidente precedente (nel periodo 2002-2010) si è realizzata una sistematica violazione massiccia dei diritti umani come documentato da molti organismi internazionali) e oggi leader dell’opposizione con il Centro Democratico, è il vero vincitore del referendum: ha condotto una campagna elettorale difficile per spiegare le ragioni del “No” che in realtá ha riempito di menzogne e disinformazione ma anche di una strategia politica di estrema destra in vista delle elezioni presidenziali del 2018.
Un esempio eclatante di queste false veritá è che gli accordi promuovono l’impunità senza carcere per i carnefici: «L'amnistia è prevista per le Farc. Non per le Forze armate, non per i gruppi che contrastavano i terroristi. Non mi sembra un compromesso ma una capitolazione. Per i delitti come il narcotraffico non ci sarà carcere, non ci saranno estradizioni. Anche per i delitti che potremmo chiamare di lesa umanità, nonostante il governo affermi il contrario, non sono previste condanne e prigione se chi li ha commessi si assume la responsabilità» sottolinea Uribe.
Ingrid Betancourt da Parigi spiega il legame Uribe-Trump: «Molto dipenderà, come sempre, anche dagli Usa. Se dovesse vincere Trump, in Colombia torneranno molte persone implicate nel conflitto che ha devastato il Paese negli ultimi 52 anni. La guerra in Colombia è stata voluta, fortemente, dall'estrema destra americana. L'influenza Usa è legata anche ai fondi di cui il mio Paese ha necessità per far trionfare la pace».
Secondo le prime analisi di un voto-shock per il Paese, i 'Sì' si sono imposti nelle aree più colpite in questi anni dal conflitto, mentre i 'No' hanno invece vinto nelle città (come Antioquia, feudo di Uribe). A essere chiamati al voto sono stati quasi 35 milioni di colombiani, i quali hanno risposto al seguente quesito: «Sostieni l'accordo finale per terminare il conflitto e per la costruzione di una pace stabile e permanente?». Nell'esito del voto ha pesato la tradizionale forte astensione colombiana, pari a circa il 62%.
I comandanti della guerriglia delle FARC avevano provato a cambiare la loro immagine (totalmente odiata dai colombiani ) nel tentativo di ritornare alla politica, ma molti hanno visto l'integrità politica e giudiziaria del paese a rischio. Grave l’immagine di Timocenko a Cartagena che entra con il pugno alzato in segno di vittoria sottolienendo che lo Stato non e’ riuscito a vincere militarmente le FARC.
Santos ha accettato il verdetto che lo delegittima politicamente ma ha aggiunto che "mi batterò per la pace fino all'ultimo giorno del mio mandato". Ha convocato un consiglio dei ministri straordinario, ha valutato tutte le opzioni sul campo, sta pensando ad un "patto politico nazionale" che raccolga anche le opposizioni.
L'amnistia è prevista per le Farc. Non per le Forze armate, non per i gruppi che contrastavano i terroristi. Non mi sembra un compromesso ma una capitolazione. Per i delitti come il narcotraffico non ci sarà carcere, non ci saranno estradizioni. Anche per i delitti che potremmo chiamare di lesa umanità, nonostante il governo affermi il contrario, non sono previste condanne e prigione se chi li ha commessi si assume la responsabilità»
Alvaro Uribe, Presidente della Colombia in carica dal 2002 al 2010
Il voto del referendum offre varie chiavi interpretative. Flor Ilba, sindaca indigena governadora di Jambalo (Cauca-Sud Colombia), mi spiega «Nel nostro paese ben 40 bimbi sono stati reclutati, e sono avvenute 180 azioni di guerra fatte dalle Farc. Colombia e sopratttutto la parte urbana delle citta’ non capisce l’assurdita’ della guerra che soffriamo sopratutto in zona rurale , serve pace per nostri bambini e le generazioni future».
A Jambalo il sostegno alla pace e’ arrivato al 75% (SI), poco lontano Toribio, cuore indigeno del Cauca dove sono molto conosciuti i missionari della Consolata Padre Ezio e Padre Antonio Bonanomi, da oltre vent’anni appoggiano la formazione dei popoli indigeni riuniti nel CRIC.; Toribio ha sofferto 614 attacchi delle FARC dal 1980. Proprio le regioni del Cauca, Choco’, Nariño, che hanno sofferto maggiormente le violenze del conflitto hanno votato massicciamente per il SI. A Bojaya il SI ha ottenuto 95%, la settimana scorsa le FARC hanno chiesto pubblicamente perdono per aver assessinato durante un bombardamento, 100 persone nascoste in una chiesa cattolica e aver provocato il desplazamiento (espulsione) di 1.000 persone. Nella regione della Guajira, dove centinaia di bambini stanno letteralmente morendo di fame per mancanza d’aqua e servizi di base, il popolo indigeno Wayu ha castigato l’abbandono dello stato con un’astensione del 86%.
Mario Giro, Vice Ministro degli Esteri con delega alla cooperazione internazionale analizza che «La notizia della vittoria del fronte di chi non accetta i termini dell'accordo firmato tra Santos e il leader delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia, Rodrigo "Timochenko" Londono, apre una nuova fase per l'intera Colombia. Il voto ha dimostrato che la Colombia è un paese spaccato tra chi era pronto all'intesa e chi invece considera che l'accordo sia troppo favorevole agli ex guerriglieri Farc e al loro reinserimento, dopo anni di sangue e attacchi armati, nella società. Ma è il Paese intero a entrare, dopo il voto della domenica, in una nuova tappa che, ce lo auguriamo, porti comunque ad un percorso "diverso" ma di pace».
Ho partecipato alla presentazione del libro “Paz en Colombia: perspectivas, desafíos, opciones” della CLACSO alla Pontificia Universita’ Javeriana dei gesuiti di Bogotá. Pablo Gentili, Direttore CLACSO che raccoglie centinaia di ricercatori e esperti di scienze sociali e politiche di tutta l’America Latina, ha denunciato «proprio oggi, giornata internazionale della non-violenza una manciata di colombiani hanno deciso festeggiarla continuando con l’orrore di una guerra assurda. Colombia e’ una democrazia degradata dove l’80% della popolazione lascia il 20% che decida di continuare a vivere con la guerra e l’orrore».
Nel laboratorio colombiano dove mezzo secolo di massacri e violazioni hanno incancrenito il conflitto, la vittoria del NO rappresenta un fallimento non solo del Presidente Santos ma anche di tutto un popolo con 8 milioni di vittime della guerra che non accetta “lo scenario di confrontazione -enfrentamiento” in una confusa democrazia “in stato di eccezione” come direbbe Agamben. Per Jorge Restrepo, Direttore del Centro di Analisi CERAC conclude: “Ha vinto l’odio contro le FARC, ora siamo sottomessi ad una grave crisi politica con gravi conseguenze per il futuro. Milioni di cittadini (6 milioni quattrocentotrentamila) hanno deciso di rischiare tutto per continuare la guerra… E questo mi ferisce profondamente nell’animo”.
AUTORE
Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani in America Latina dove vi risiede dal 2001, impegnato in ONG aderenti a FOCSIV e CIPSI in Ecuador, Peru’, Bolivia, Colombia, Brasile. Ha collaborato con la Fondazione “Giustizia e Solidarieta” – espressione della Conferenza Episcopale Italiana (2005-2008) e con la rete nazionale Libera (2007-2008) e attualmente con Universidad Externado de Colombia e Universita’ Federal de Maringa (Brasile). Ha scritto vari libri.
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