Welfare
Colloquio con la mia compagna, ma un abbraccio pare un furto
Un ex detenuto racconta come vive il suo rapporto sentimentale con propria compagna, ancora in carcere.
In carcere ci sono anche colloqui, come quello raccontato qui di seguito, dove un detenuto in permesso chiede di incontrare la sua compagna ?ristretta?. Ma la testimonianza di Massimiliano è particolare anche per un altro aspetto: il suo è un rapporto affettivo nato da una corrispondenza da carcere a carcere, cominciata per cercare sollievo dalla solitudine e comprensione da parte di chi sta vivendo i tuoi stessi problemi, e diventata qualcosa di più.
Ornella Favero (ornif@iol.it)
Non mi era mai passato per la testa che un giorno io sarei andato a trovare una mia compagna detenuta, effettuando un colloquio ?dall?altra parte del bancone?. è stato comunque un susseguirsi di emozioni, certamente molto belle, ma per certi versi anche angoscianti. Entrare in un carcere, come persona libera, sottoporsi all?ormai obbligato rito della perquisizione, entrare in quella piccola sala per abbracciare una persona cara, è qualcosa che mai, prima d?ora, avevo sperimentato.
Pur avendo trascorso oltre 10 anni di detenzione, ho provato ugualmente una strana sensazione, quando prima dell?entrata a colloquio sono stato sottoposto al controllo da parte dell?agente, che accortosi del mio ?impaccio? mi ha subito chiesto se era la mia prima volta!!! In verità il mio impaccio non era dovuto alla mia ?prima volta?, ma al fatto che la mia testa non riusciva a non pensare che dopo pochi minuti, finalmente, sarei stato di fronte alla mia compagna. Pensavo a questo e cercavo di immaginarmi lo stato emotivo in cui poteva trovarsi lei, che già poche ore prima era stata informata del mio arrivo. Dopo la perquisizione di rito, sono finalmente stato accompagnato verso una piccola sala dove si svolgono i colloqui. L?emozione iniziale è poi stata seguita da quella di un abbraccio che, seppur breve, è riuscito a racchiudere in sé molto più di quanto io stesso avrei voluto esprimere con le parole. Dopo un primo momento d?imbarazzo, tenendoci per mano ho provato una sensazione davvero incredibile, come se in fondo io e lei ci conoscessimo da sempre. Questo ha fatto sì che il nostro colloquio non fosse semplicemente un incontro di sguardi, ma anche di parole, di dialogo e allo stesso tempo di disagio, per il costante controllo visivo da parte dell?agente. Un colloquio durato due ore, che avrei voluto non finisse mai, ma che ad un certo punto è stato interrotto dalle inesorabili lancette di un orologio che sembravano correre all?impazzata.
Mai come in quel momento ho pensato a quelle proposte, che da più parti erano state lanciate, per restituire un po? di dignità agli affetti, a quei valori che nessuno ha il diritto di negare. Persino un semplice abbraccio è diventato una specie di furto…
Massimiliano Ruggiero
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