Cultura

Collateral, Cruise una notte a raffica

Recensione del film "Collateral" di Michael Mann (di Andrea Leone).

di Redazione

Michael Mann è probabilmente il più grande regista di sparatorie della storia del cinema. Forse nessuno come lui è riuscito a mettere in scena conflitti a fuoco urbani con tale impressionante potenza e precisione; le sue sparatorie sono affollati balletti della morte, coreografie della distruzione, spietate, esatte rappresentazioni plastiche della follia. Dopo The Heat con Robert De Niro e Al Pacino, il sessantenne regista americano dimostra il suo talento di cronista della violenza anche in questo Collateral.
Vincent (Tom Cruise) è un killer che deve uccidere cinque testimoni nel corso di una sola notte. Prende in ostaggio un taxista e lo obbliga a portarlo sui luoghi delle esecuzioni, e infine a prendere la sua identità. Al nichilista, freddo Vincent si contrappone il timido Max, taxista sognatore, ma generoso e altruista. Il personaggio di Tom Cruise è un vero e proprio portatore di morte, insensato e indifferente, per lui la vita «è solo un giorno e poi più nulla». Compirà la sua strage e morirà solo e senza nome in un vagone della metropolitana.
Mann dirige una sinfonia di luci e volumi, crea davanti ai nostri occhi un?indimenticabile Los Angeles notturna, ci accompagna attraverso vicoli sordidi e architetture avveniristiche, locali alla moda e stanze miserabili di motel. Stupende le riprese aeree e perfetto l?abbinamento musica/immagini. Il film è percorso da una specie di corrente elettrica, le scene d?azione hanno un fortissimo impatto emotivo, (perfetta, da manuale di regia la scena della strage in discoteca). La fotografia è straordinaria e inedita: la notte non viene illuminata, al contrario è come se fosse il buio, dotato di luce propria, ad illuminare lo spettatore. Purtroppo Collateral è guastato da un finale decisamente brutto e dimostrativo, un finale in cui esplode l?elemento che pericolosamente serpeggiava qua e là nel film: la piccola lezione filosofico-psicanalitica, come appiccicata a forza al resto dell?opera.
Cruise invecchiato è perfetto, funzionalissimo, e si impegna in una delle sue migliori prove di sempre. Conserva uno sguardo gelido, assente e paranoico per tutta la durata del film. E ogni volta che episodi di bontà o pietà si presentano davanti a lui, nei suoi occhi di killer e superuomo leggiamo una luce di straordinaria intensità, un indimenticabile smarrimento, una segreta nostalgia e allo stesso tempo un disperato, ostinato disprezzo per la dimensione umana irrimediabilmente perduta.

Andrea Leone

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