Economia

Coldiretti: “Razziati 15mln di ettari dai nuovi colonialisti”

L'organizzazione italiana commenta così il provvedimento della Fao per diminuire il land grabbing, l'acquisto a prezzi stracciati di terre dei paesi poveri da parte delle multinazionali

di Daniele Biella

“L’aumento dei ‘furti’ di terre ai danni dei Paesi poveri, con quindici milioni di ettari di campi coltivati ceduti praticamente gratis o in cambio di vaghe promesse, è una nuova forma di colonialismo che deve essere fermata”. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare l’annuncio della Fao sul  nuovo codice di condotta per rendere meno pesante nei confronti delle povere comunità rurali il fenomeno cosiddetto del land grabbing, ovvero l’accaparramento di terreni agricoli da parte delle multinazionali straniere e fondi di investimento che, secondo gli esperti, muove un giro d’affari di 100 miliardi di euro. 

“Le oscillazioni dei prezzi dei prodotti agricoli mondiali e le restrizioni alle esportazioni da parte di alcune nazioni, hanno accelerato la tendenza agli acquisti dei terreni nei Paesi in via di sviluppo da parte di molti Paesi, in particolare di quelli arabi e della Cina”, sottolinea la Coldiretti, “siamo di fronte ad un salto di qualità nella speculazione finanziaria internazionale che dopo aver “giocato” in borsa senza regole sulle materie prime agricole si è rivolta direttamente alla compravendita di terreni, sottraendo così una risorsa determinante per lo sviluppo dei Paesi poveri”.

Il termine di ‘neo-colonialismo’ ben si addice a questo tipo di attività che, oltre ai terreni agricoli, por tano all’acquisto anche delle risorse idriche per produrre beni alimentari. “Il boom di acquisti di terreni agricoli nei Paesi poveri da parte di investitori esteri interessati alla produzione di alimenti da destinare alle proprie necessità è una nuova pericolosa forma di colonizzazione che va fermata”, sottolinea l’organizzazione di coltivatori diretti, “la sottrazione delle terre alle popolazioni locali ha preoccupanti conseguenze sulle popolazioni locali se si considera che i tre quarti delle persone che nel mondo soffrono la fame vivono nelle campagne”.

Nonostante gli effetti negativi, ci sono molti Paesi in via di Sviluppo che cercano di attrarre questi investimenti perché pensano di ricavarne benefici in termini di sviluppo, con l’ingresso di nuove tecnologie, l’aumento dell’occupazione, la realizzazione di infrastrutture. “In realtà i Paesi ricchi”, rileva ancora la Coldiretti, “utilizzano i campi per coltivare prodotti da destinare al proprio consumo interno, senza lasciare nulla o quasi sul posto, con il rischio che le popolazioni povere perdano la possibilità di accedere a risorse come il cibo e l’acqua. Il tutto stipulando contratti per accaparrarsi la terra che, secondo il rapporto Onu, sono sorprendentemente semplici e sintetici rispetto alla reale portata dalla transazione”


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