Il diamante che ornava il lobo sinistro dell’orecchio di Lorenzo è scomparso. È stato rimpiazzato da un orecchino più grande, stile pirati dei Mari del Sud. Celava, quel diamantino sull’orecchio, una sottile trasgressione e allo stesso tempo consentiva a Lorenzo di mantenere quel suo faccino pulito. Piccolo di statura, si sentiva grande con l’orecchino, ma ora con l’anellone giganteggia. Quando gli ho chiesto il motivo della sostituzione, la risposta è stata secca: «Il diamante lo portano i gay», ha detto con espressione schifata, quasi ad allontanare il “sudiciume” con il quale, inconsapevole, si era marchiato per mesi. Gli ho chiesto anche il perché dell’orecchino, e la risposta mi ha sorpreso più della prima: «Mi sento un figo».
La madre di Lorenzo dice che suo figlio trascorre quattro ore al giorno a smanettare davanti al computer, anziché sui libri, e non c’è verso di farlo smettere. I suoi sono pomeriggi vuoti riempiti da un mondo virtuale, ma povero di relazioni. Lorenzo non ha amici e va male a scuola. Ha un passato sportivo nella pallacanestro, uno sport che alle superiori ha lasciato: «Quelli che fanno sport sono sfigati», mi ha detto, anche se il tono non era del tutto convinto. Fuori dalla scuola dice parolacce e sputa di continuo, un modo per sentirsi grandi.
Un giorno siamo andati a fare arrampicata su una parete artificiale, imbragati in massima sicurezza e con l’assistenza di esperti free climber. Lorenzo pian piano è salito fino a cinque metri, più in alto di tutti. È stato allora che i suoi compagni gli hanno gridato: «Sei un figo». Da qualche mese, appena può, raggiunge una palestra di roccia. Lungo la parete con attenzione cerca dove far presa con le mani e dove appoggiare le punte dei piedi per salire più in alto. Da qualche tempo anche i voti vanno verso l’alto: l’insegnante di lettere, facendo ruotare il palmo della mano di 180 gradi, mi ha detto che Lorenzo è cambiato da così a così.
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