Non profit

Cogne, le vostre parole sagge

La riflessione di un lettore su come è stato affrontato dai media il crimine di Cogne

di Riccardo Bonacina

Caro direttore, ho molto apprezzato l?articolo di Marco Revelli su Vita del 12 aprile scorso. Esso fa seguito ad altri interventi, e soprattutto alla vostra linea editoriale sull?affaire Cogne che mi sento di condividere a pieno. Se ti scrivo su questo argomento è perché, frequentando Cogne da quando sono nato, mi ha colpito in particolar modo, oltre alla efferatezza del crimine, vedere trasformato un luogo amico, una ?seconda? patria personalissima, quasi intima, in un banale e tragico ?luogo del delitto?. Ma ciò non basta.
Come bene ricordava Revelli, sul delitto di Cogne in questi mesi è stata spacciata per ?informazione? una nauseante ondata di melma che ha coinvolto e messo forzatamente contro una piccola comunità, una famiglia, dei professionisti, autorità varie (carabinieri, magistrati …). La responsabilità di ciò che si dice è personale, si sa. Ma qui i media hanno volutamente seminato zizzania tra gli attori dell?affaire. Dove si richiedeva prudenza, è stato messo in piazza ogni sospiro; dove si pretendeva riservatezza, sono state violate le naturali norme di tutela della privacy; dove si reclamava silenzio, si è fatto chiasso, sono state urlate indiscrezioni rivelatesi il più delle volte false. L?obiezione che i media fanno a queste contestazioni sono riassumibili nella seguente frase: «è il pubblico che ce lo chiede, e poi … il diritto di cronaca». Si rimane allibiti di fronte a tanta e tale banalizzazione degli argomenti. Ma esiste un codice di autodisciplina, una linea ?etica?, una coscienza in un giornale, in un comitato di redazione, in un direttore di testata? Nel caso di Cogne si è partiti subito per la tangente, dando sfogo al più bieco voyeurismo della gente, alimentandolo, promuovendolo, erigendolo ad esempio di volontà di ricerca della verità. Ma chi ha insegnato a questa gente come si cerca e coltiva la verità? Il delirio di onnipotenza e di impunibilità di certi presentatori e di certe redazioni mi muove a chiederti un grossissimo favore. Nel caso in cui, voi di Vita con altri attori del Terzo settore, foste chiamati a premiare i giornalisti che hanno dimostrato una certa attenzione e sensibilità al sociale, credo che per il 2002 dovreste fare ?il gran rifiuto?, non per viltade, ma come atto di coraggio. In ultimo: Vita e il non profit sanno bene che comprendere la realtà delle cose per poi intervenirvi è arte difficile ma necessaria, e che per questo bisogna coltivare il senso del limite, sospendere il giudizio, essere consapevoli che vi è sempre qualcuno che ne sa più di noi, avere il pudore e l?umiltà propria di chi, per mestiere, deve mettere naso nelle tragedie altrui. Con affetto
Carlo Mazzini, Milano

Caro Carlo, condivido il tuo sfogo. Mi permetto solo una piccola nota: nello scempio che descrivi, media e giornalisti hanno, come al solito, goduto della complicità delle Procure.

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