Non profit

Coding per ridurre il divario di genere

Insegnare alle bambine una famigliarità con la programmazione informatica per accorciare il gap sulle lauree e le carriere scientifico-tecnologiche. È l'obiettivo di Coding Girls, programma giunto alla nona edizione

di Barbara Polidori

Le ragazze che intraprendono corsi nelle discipline scientifiche e tecnologiche, Stem secondo l'acronimo che sta appunto per "science, technology, engineering and mathematics" e, conseguentemente carriere tecnico-scientifiche, sono ancora troppo poche per rendere l’Italia un paese equilibrato sulle pari opportunità. I

l tasto dolente riguarda soprattutto l’informatica, settore a cui sono rivolte diverse iniziative per ridurre il gender gap, tra cui “Coding girls”, programma formativo che allena le nuove generazioni a orientarsi con disinvoltura nelle carriere digitali future.

«Le ragazze che gareggiano nelle competizioni di informatica sono solo il 14%. Credo dipenda da un problema culturale, innanzitutto nelle famiglie di provenienza», ha raccontato ieri a Roma, durante il lancio della nona edizione, all’Ambasciata Usa, Annamaria Brancaccio, direttrice generale per gli ordinamenti scolastici e per la valutazione del sistema nazionale di istruzione per conto del ministero dell’Istruzione, «Occorre aumentare nelle ragazze la convinzione che possano studiare e lavorare nelle Stem al pari dei colleghi uomini».

Il primo stereotipo da abbattere riguarda sicuramente il gender gap: secondo l’Eurostat il divario retributivo tra uomo e donna si riduce nell’ambito lavorativo delle discipline Stem , tuttavia il percorso per l’uguaglianza e l’inclusione è ancora lungo. Per questo Fondazione Mondo Digitale e la missione diplomatica Usa in Italia portano avanti “Coding Girls”, con la sinergia di numerosi partner che hanno “adottato” scuole, territori e intere comunità educanti: oltre a 32 istituzioni accademiche, in rete anche Microsoft, Compagnia di San Paolo, Eni e Ing Italia.

Programmare il futuro delle bambine con la programmazione

«L’esperienza maturata dal 2014 con le nostre Coding Girls ci ha fatto capire che la cultura dell’inclusione in ambito Stem necessita di percorsi radicati sin dai primi anni del percorso scolastico delle bambine e dei bambini perché, aumentando la consapevolezza, è più facile indebolire progressivamente stereotipi di genere fortemente radicati nella nostra società. Lo dimostrano chiaramente anche i ragazzi coinvolti nel progetto che al termine del percorso riconoscono di aver modificato le loro convinzioni e superato i pregiudizi iniziali», ha spiegato Mirta Michilli, direttrice generale della Fondazione Mondo Digitale.

Solo lo scorso anno, “Coding Girls” ha coinvolto circa 15mila studentesse in più di 30 città italiane, in collaborazione con oltre 30 atenei, al centro del progetto perché cartina tornasole del talento femminile, spesso inespresso nel mondo del lavoro ma fin troppo evidente nell’istruzione. “Il nostro bilancio di genere ci dice che le studentesse sono più brave degli studenti, si laureano prima e con voti più alti, ma nelle materie informatiche abbiamo una prevalenza di uomini al 92%” – ha spiegato Beatrice Pasciuta, Prorettrice pari opportunità dell’Università degli Studi di Palermo – «Tuttavia i nostri laureati uomini a 3-5 anni dalla laurea guadagnano di più delle colleghe laureate. Per questo stiamo predisponendo il ‘gender equality plan’, e investiremo risorse economiche superiori a 400 mila euro per sensibilizzare sul gender gap l’intera comunità studentesca, senza divisioni nette di genere».

Le opportunità formative ispirate ai percorsi Stem femminili non sono omogeneamente distribuite tra gli atenei italiani, ecco perché con Coding girls gli enti organizzatori vogliono “Dare alle giovani donne gli strumenti necessari per avere successo nel mondo del lavoro, rappresentando un'importante priorità nella politica estera degli Stati Uniti", ha dichiarato Christina Tomlinson, ministro consigliere per gli Affari Pubblici dell’Ambasciata degli Stati Uniti. «Le donne sono una forza trainante nel contribuire al cambiamento sociale e nell’educare i cittadini ai valori democratici che i nostri Paesi condividono».

Poche donne nell’informatica, cercasi competenze

Non sono solo le donne a scarseggiare nelle mondo tech e nell’informatica. Secondo Maria Grazia Pugliese, customer success executive presso Microsoft Italia, mancano anche i profili giusti che spronino all’innovazione.

«Esistono diversi studi che dimostrano come la diversità nel personale contribuisca ad aumentare anche la redditività e la crescita delle aziende che investono in politiche di inclusività. Molte aziende, tuttavia, faticano a trovare profili qualificati: lo skill gap è un problema urgente e, in particolare, la carenza di competenze digitali è uno dei principali freni alla digitalizzazione e alla competitività del Paese”. Ecco perché, partendo anche dalla scuola e dalle università, Microsoft sta lavorando con Coding Girls e con il piano “Ambizione Italia”, incentivando le studentesse a intraprendere percorsi di studio nelle materie Steam.

La rivoluzione però è soprattutto socioculturale, come ricorda Beatrice Pasciuta: «È importante», dice, «che il cambiamento arrivi prima di tutto dalla comunità studentesca: bisogna superare la logica binaria tra maschi e femmine e raggiungere un concetto di pari opportunità che superi quello di eguaglianza: non è vero che abbiamo le stesse opportunità di genere e siamo uguali, è importante riconoscere e abbracciare le nostre diversità».

La foto in apertura è di Annie Spratt per Unsplash

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.