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Codice di condotta. Valerio Neri: “Vi spiego perché Save The Children ha detto sì”

Dopo lunghe trattative, Moas e Save The Children sono le uniche ong ad aver firmato il Codice di condotta elaborato dal ministero dell'Interno per regolamentare il soccorso dei migranti nelle acque internazionali a nord della Libia. In questa intervista rilasciata a Vita.it, il Direttore generale di Save The Children Italia, Valerio Neri, spiega le ragioni del sì.

di Joshua Massarenti

Al contrario di Medici senza frontiere e in attesa che si pronunci Proactiva Arms, Moas e Save The Children sono le due sole organizzazioni non governative ad aver sottoscritto al Codice di contotta concepito e, dopo lunghe trattative, rielaborato in tredici punti dal ministero dell’Interno per le Ong impegnate nelle operazioni di salvataggio dei migranti in mare. “L’ultima versione del codice che ci è stata sottoposta non cambia quasi niente rispetto alla realtà dentro la quale stiamo già operando”, sostiene il Direttore generale di Save The Children, Valerio Neri, che in questa intervista rilasciata a Vita.it spiega i motivi per i quali la sua ong ha scelto di collaborare con il governo italiano.

Che cosa vi ha spinto a dire sì a Minniti?

L’ultima versione del codice che ci è stata sottoposta non cambia quasi niente rispetto alla realtà dentro la quale stiamo già operando. Il Codice ha messo per iscritto le stesse cose che Save the children fa tutti i giorni.

Scusi ma sul divieto dei trasbordi e la presenza della polizia giudiziaria armata sulle navi delle Ong come la mettiamo?

Il primo problema è stato facilmente risolto perché il Codice prevede che i trasbordi vengono fatti su richiesta della Guardia costiera. Dato che noi seguiamo pedissequamente le indicazioni della Guardia costiera, le regole indicate nel Codice ci vanno bene. Sarà responsabilità della Guardia costiera autorizzare o meno i trasbordi alla nostra nave. Risulta invece più delicata la presenza di poliziotti giudiziari armati sulle navi delle Ong. Innanzitutto, è bene ricordare che si tratta di un’eventualità, il che significa che da qui in poi i poliziotti giudiziari non saranno coinvolti in ogni operazione di salvataggio delle Ong. Probabilmente non accadrà mai.

Rimaneva però aperta la questione della presenza a bordo di una nave di un’ong di poliziotti armati. Abbiamo potuto trattare con il ministero dell’Interno che ci ha concesso di aggiungere una postilla al testo nel quale chiediamo che qualora dovesse salire a bordo la polizia giudiziaria seguiremo la procedura del nostro Safety and Security policy, cioè il documento internazionale di Save The Children che cerca di regolamentare l’uso ovviamente raro del porto di armi in contesti estremi. Penso ad aesempio alle zone di conflitto in cui operiamo da molti anni.

Il Codice di condottsa ha messo per iscritto le stesse cose che Save the children fa tutti i giorni.

Riprendiamo i due punti che sono al centro delle polemiche. Ieri Msf ha motivato il suo rifiuto sostenendo tra l’altro che il “Codice di Condotta mette a rischio questa fragile equazione di collaborazione tra diverse navi con diverse capacità, comportando il rischio effettivo che le navi più piccole siano costrette ad abbandonare frequentemente la zona di ricerca e soccorso e, nel medio periodo, addirittura a cessare di operare”. E sempre secondo Msf, “questa modalità di organizzazione delle operazioni riduce la presenza di assetti navali nell’area SAR e comporta aggravi non necessari alle navi di soccorso non predisposte per operare regolarmente i trasferimenti a terra delle persone” E’ un giudizio che non condividete quindi?

Capisco le obiezioni e le preoccupazioni degli amici di Msf. Save the Children ha valutato lo stesso testo in modo diverso. Prendiamo i timori sulla presenza di assetti navali nell’area SAR. Questa presenza non dipende dal Codice, perché siamo in acque internazionali, quindi qualsiasi nave che si aggira da quelle parti e assiste al pericolo di naufragio di qualsiasi barcone o gommone, il comandante è costretto ad intervenire. In questo caso, il Codice non cambia nulla. Del resto, sul piano operativo non so cosa potrebbe cambiare per coloro che non hanno firmato il codice.

Ma il ministro Minniti ha parlato di “conseguenze” sui non firmatari…

Non capisco a quali conseguenze il ministro Minniti fa riferimento. Staremo a vedere.

Non capisco a quali conseguenze il ministro Minniti fa riferimento. Sul piano operativo, non so cosa potrebbe cambiare per coloro che non hanno firmato il codice.

Non c’è il rischio che la Guardia Costiera, nel tentativo di rispettare il Codice, riduca le chiamate alle Ong per evitare operazioni di trasbordo?

Intanto la Guardia Costiera fa un lavoro straordinario, chi ci lavora è dotato di grandissima capacità tecniche e morale. Questo significa che ogni qualvolta avrà conoscenza di un barcone o gommone in difficoltà, continuerà alle navi vicine al luogo del dramma di intervenire. Se così non fosse, sarebbe molto grave. Ma è uno scenario che ritengo impossibile perché andrebbero di mezzo delle persone in pericolo di vita.

Oltre alla presenza di funzionari di polizia armata, Msf denuncia il fatto che nel nuovo testo “si richiede ancora alle nostre équipe di contribuire attivamente alla raccolta di elementi utili ad attività di polizia e investigative, e questo costituisce una distorsione sostanziale della nostra missione”. E’ un timore condivisibile?

No, non lo abbiamo. Già oggi accade che in porto la polizia e i magistrati hanno chiesto al nostro personale di riferire e, come giusto che sia, lo ha fatto. Voglio ricordare che i cosiddetti “scafisti” non sono che degli assassini che mandano a morire esseri umani innocenti. Quindi se possiamo dare delle informazioni utili, lo facciamo.

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