Vecchie e nuove droghe

Cocaina e stimolanti, così è cambiata la dipendenza

Esclusa la cannabis, è la droga più utilizzata in Italia «da tutte le classi sociali. È così usata perché porta al piano della vita in cui si vorrebbe essere. L’intercettazione precoce delle dipendenze di tutte le droghe rimane un aspetto fondamentale, soprattutto nei primi quattro anni di consumo. È necessaria una vera integrazione tra servizi sociali ed educativi, sanitari e delle forze dell’ordine». Così Leopoldo Grosso, psicologo e psicoterapeuta, presidente onorario del Gruppo Abele

di Ilaria Dioguardi

Continua il viaggio di VITA nell’emergenza delle dipendenze, con un lungo approfondimento sul mondo delle droghe. Abbiamo intervistato Leopoldo Grosso, che dal 1989 lavora nel Gruppo Abele. Fondato a Torino nel 1965 da don Luigi Ciotti, si articola in varie attività, tra cui una comunità per dipendenti da alcol, un centro diurno per tossicodipendenti, un’unità di strada, un centro crisi, un drop-in.

Grosso, può raccontarci qual è stato lo spartiacque tra le vecchie e le nuove droghe?

Lo spartiacque tra vecchie e nuove droghe l’ha fatto il ridursi, per fortuna, del consumo dell’eroina per via endovenosa, verso la fine degli anni Novanta. Ciò che ha dato il colpo decisivo a questa riduzione è stata la diffusione dell’Aids, quando i tossicodipendenti hanno cominciato a capire che l’uso per via endovenosa portava a una mortalità che non era quella per overdose, ma un calvario lungo e difficile, che è durato fino agli anni Novanta: i farmaci antiretrovirali per l’Aids sono entrati in Italia nel 1996, fino a quel momento chi era affetto da Hiv era cronaca di morte annunciata. Tant’è che noi convertimmo una nostra comunità per tossicodipendenti soprattutto a persone malate di Aids. Il lavoro prima di quell’anno era soprattutto rivolto a cercare di migliorare la vita che restava loro. Negli anni Novanta un ragazzo con Hiv bravo a dipingere, che era nella comunità (una bella villa in campagna) ha dipinto la villa con un piccolo particolare: al posto del tetto il coperchio di una bara. Questo fa capire quanto l’Hiv fosse cronaca di una morte annunciata.

Leopoldo Grosso, psicologo e psicoterapeuta, presidente onorario del Gruppo Abele

Cosa ha comportato l’Aids, dagli anni Novanta, nell’uso delle droghe?

L’Aids, con tutte le conseguenze che ha comportato, ha mutato la percezione che le nuove generazioni hanno avuto dell’uso dell’eroina per via iniettata. Si sono tenuti lontani da quest’uso, anche perché si erano accorti che l’eroina, usata in quel modo, era la droga dei perdenti, dagli anni Ottanta stava montando un’altra cultura, si passò da quella Hippie a quella Yuppie, che non contestava la società e cercava il successo. Questo mutamento l’ha capito perfettamente il narcotraffico, che ha sostituito pian piano l’eroina con la cocaina, che fino a quegli anni in Italia era una droga di élite: veniva utilizzata da un certo mondo dello spettacolo, da professionisti, dalla criminalità (che si guardava bene dall’usare eroina per se stessa), da alcuni tossicodipendenti che mischiavano eroina e cocaina facendo lo speedball, cercando di estrarre i massimi effetti dall’una e dall’altra. La cocaina era molto costosa rispetto all’eroina, l’operazione che fece il narcotraffico fu quella di ridurne la purezza, tagliarla e renderla alla portata di tutti. Con il crollo del prezzo della cocaina, da mercato di élite si trasformò in mercato di massa. I nuovi utenti, con il suo uso, intendevano enfatizzare il successo e le prestazioni, questo ha portato al fatto che oggi, esclusa la cannabis, la cocaina sia la droga ufficiale più utilizzata in Italia. Ce lo dicono tutti gli indicatori, a partire dai sequestri e dalle analisi delle acque reflue dei fiumi.

Negli anni Novanta un ragazzo con Hiv bravo a dipingere, che era nella comunità ha dipinto la villa con un piccolo particolare: al posto del tetto il coperchio di una bara. Questo fa capire quanto l’Hiv fosse cronaca di una morte annunciata

Leopoldo Grosso

Come viene utilizzata, oggi, la cocaina?

Per quanto riguarda la cocaina abbiamo un utilizzo molto più diffuso, riguarda tutte le classi sociali, ognuno consuma in base a ciò che può permettersi: dall’uso nelle occasioni di divertimento alla cocaina più marginale, il crack. La cocaina viene utilizzata in maniera diversa a seconda della struttura di vita che sta dietro alle persone che la consuma. Se è usata da un giovane marginale, è possibile che venga utilizzata nella forma di crack, che è la cocaina che costa meno: viene ricavata da alcune partite di cocaina, è “cucinata” con bicarbonato di sodio e ammoniaca, ridotta in cristalli che vengono sciolti e fumati. In alcune piazze, ad esempio, in Sicilia, il prezzo è di 5-10 euro al massimo. L’area più marginale dei tossicodipendenti ha fatto e fa uso della cocaina sotto forma di crack, l’area più attrezzata con più strumenti (economici più che culturali), sniffa e ha sniffato cocaina. Le vie di trasmissioni della cocaina sono diverse e hanno diverso effetto. La cocaina sniffata che passa per via endonasale, con consumo cronico, può dare effetti molto negativi, con aumento degli ictus e degli infarti; si è capito che dietro l’ingresso nei pronto soccorso di persone relativamente giovani spesso c’è un consumo abbastanza tosto di cocaina, che può produrre anche problemi alle mucose nasali, ciò rende difficile il passaggio della cocaina per quelle vie. La cocaina sniffata produce un effetto che è immediatamente meno potente della cocaina fumata, che arriva subito al cervello anche se l’effetto dura meno: mentre l’effetto dell’eroina sniffata è di 30-45 minuti, quello della cocaina fumata è di 10-15 minuti. Il crack, con il tempo, si sta sempre più diffondendo, è diventato più trasversale:è usato anche da chi ha il setto nasale danneggiato e non può più sniffare cocaina. L’uso della cocaina per via endovenosa per fortuna è molto limitato perché è molto compulsivo: c’è bisogno di più dosi di seguito per avere effetto, rispetto a quanto durava l’eroina. L’uso è relegato a eroinomani convertiti all’uso della cocaina o a qualche cocainomane in fase di disperazione totale.

Alcuni operatori della comunità terapeutica “Cascina Nuova”, che si trova a Roletto, in provincia di Torino, accoglie dal 1992 uomini e donne con problemi di alcoldipendenza  e  politossicodipendenza

Perché la cocaina è così ricercata?

Il professor Paolo Rigliano, psichiatra, centra la questione, a mio avviso, quando dice: “La cocaina, anche se per poco tempo, ti porta quasi immediatamente al piano della vita in cui tu vorresti essere. È un ascensore molto veloce che ti porta a ciò che vorresti realizzare di te, che non riesci a realizzare per via ordinaria ma, anche se per poco tempo, in maniera un po’ illusoria ma reale”. L’aumento dell’efficacia prestazionale e della brillantezza, con l’uso della cocaina, c’è nella sfera pubblica e privata, a tutti i livelli: lavorativo, sportivo, nel tempo libero e, forse anche un po’ illusoriamente, a livello di prestazione sessuale. La cocaina, a differenza dell’eroina, non comporta necessariamente per tutti, una dipendenza conclamata. Pur essendo una droga molto problematica anche per i suoi effetti sul versante sanitario, per quanto riguarda la produzione di un comportamento dipendente la stima è del 15-20% dei consumatori di cocaina. Non è poco, ma per questo la richiesta di aiuto arrivata ai servizi pubblici per le dipendenze (SerD) o alle comunità è stata un’onda lenta e progressiva, iniziata alla fine degli anni Ottanta, montata lentamente negli anni Novanta e scoppiata nel nuovo secolo. I nuovi ingressi ogni anno dei dipendenti da cocaina e stimolanti superano quelli dei dipendenti da eroina. Nei SerD probabilmente gli eroinomani sono ancora la maggioranza, ma da 10-20 anni non sono i primi per incidenza.

Quali sono i maggiori rischi legati al consumo della cocaina?

Ho parlato del 15-20% dei consumatori di cocaina che manifestano un comportamento dipendente. Ma tutti i consumatori non sono esenti dai rischi della cocaina, che sono in primis di tipo sanitario. L’alcol è un parente stretto dell’uso di cocaina, molti arrivano all’uso di cocaina dopo un abbondante uso di alcol, che li disinibisce e aumenta il desiderio di consumare cocaina. Il rischio non è tanto l’overdose per cocaina, anche se è in aumento soprattutto se in concomitanza con l’uso di altre sostanze. Il rischio maggiore è il danno al sistema cardiocircolatorio: la cocaina aumenta la pressione del sangue, crea aritmie e in soggetti che sono tendenzialmente più vulnerabili porta a una crescita di probabilità di incorrere in infarti o ictus, in età in cui in genere questi non si verificano, anticipandone di 20 anni il rischio. Nei pronto soccorso se ne sono accorti, come dicevo: quando un quarantenne arriva con un infarto gli fanno le analisi del sangue per vedere se ha fatto uso di cocaina. Uno dei rischi acuti sul piano mentale, per un uso eccessivo o protratto e intensivo di cocaina porta a stati mentali che generano ansia, sospettosità, paranoie, stati psicotici.

Può spiegarci meglio i rischi sul piano mentale dell’uso di cocaina?

L’uso cronico può portare a un’escalation di sintomi. Non c’è un cocainomane che faccia uso dipendente da cocaina che non abbia sperimentato la sua immersione nelle diverse paranoie, che determinano dei comportanti di difesa, che possono essere anche di fuga precipitosa. I rischi comportamentali indotti dall’uso di stimolanti sono soprattutto tre, che possono essere riassunti con tre parole che iniziano con la V: velocità alla guida, violenza, virus.
Se la cocaina è combinata con l’alcol, si possono causare incidenti stradali alla guida, se si va veloci. I comportamenti violenti si scatenano soprattutto all’interno o all’uscita dei locali, come ho detto aumenta la sospettosità: lo sguardo degli altri viene vissuto in termini inquisitivi o provocatori e a volte si reagisce con l’aggressività (molte risse sono spiegabili con l’uso di cocaina abbinata ad alcol). La terza V è il virus, la malattia sessualmente trasmessa: quando si è sotto sballo spesso non si prendono precauzioni con i partner sessuali occasionali. Alcune ricerche dicono che, tra i consumatori di cocaina, l’Hcv e l’Hiv sono molto più diffuse che non tra i consumatori di cocaina.

Oltre alla cannabis e alla cocaina, quali altri droghe sono maggiormente usate?

La cocaina è emblematica perché è la più diffusa ed è la principale tra gli stimolanti. Si è passati dall’uso più massiccio dei deprimenti del sistema nervoso centrale (con l’eroina ci si chiude in un bozzolo con se stesso, è molto solipsistica) a una droga di elevata socializzazione come la cocaina. È la regina degli stimolanti, ma non è l’unica: ci sono anche le anfetamine, le meta anfetamine, di queste ultime la più famosa è l’ecstasy ma ci sono varianti infinite: basta cambiare una piccola molecola e si rende la nuova anfetamina, appena dichiarata illegale, di nuovo legale. C’è un uso molto diffuso di ketamina, utilizzata soprattutto in ambito veterinario che è utilizzata dai ragazzi oggi per avere effetti stimolanti e di percezione diversa della realtà. Infine, ci sono tante sostanze a cui si aggiunge la manipolazione della cannabis.


Alcuni operatori dell’unità di strada del Gruppo Abele

Molte droghe sono diffuse anche online?

Sì, c’è un’invasione nel mercato, anche tramite internet, di droghe che permettono di personalizzare l’effetto. Per esempio, se si cercano online le parole “droga” e “sessualità”, si trovano molti siti su cui si discute l’uso che viene fatto delle varie sostanze psicoattive a sostegno degli incontri sessuali. L’aspetto dell’effetto personalizzato che si cerca nell’uso e nella combinazione delle sostanze, per ottenere gli effetti desiderati, è da tenere in considerazione.

Il Dipartimento della salute di New York ha riferito che l’81% dei decessi per overdose nella città è causato dall’uso di fentanyl. In Italia si fa uso di questa droga?

Il fentanyl è una nuova droga, che sembra non arrivare ancora in Italia, per fortuna, attraverso lo spaccio organizzato, ma attraverso internet: chi fa uso di fentanyl è soprattutto un grande utilizzatore della rete. Sono dosi a cui la popolazione italiana non è ancora preparata, il rischio di queste droghe è l’overdose. Prima del fentanyl in America c’è stata l’epidemia di ossicodone, un fortissimo anestetico usato nella fase terminale dei tumori, con un abuso di prescrizioni e una mortalità che ha raggiunto picchi altissimi. Si temeva che arrivasse anche qui, com’è stato per l’eroina, la cocaina e il crack, che si sono diffuse nel nostro paese a distanza di un po’ di anni dall’America. Per il momento il fenomeno è presente ma in modo molto contenuto. L’Istituto Superiore di Sanità cerca di controllare la diffusione di queste sostanze attraverso un sistema di allarme rapido, cercando di comunicare la diffusione alle asl, in modo che avvertano i SerD, che a loro volta avvertono i tossicomani.

Il fentanyl è una nuova droga che sembra non arrivare ancora in Italia, per fortuna, attraverso lo spaccio organizzato ma attraverso internet, è diffusa in modo molto contenuto. Il rischio è l’overdose

Leopoldo Grosso

In questo viaggio che VITA sta facendo nel mondo delle tossicodipendenze, è emerso che l’età dei consumatori si è abbassata in modo preoccupante (VITA ne ha parlato QUI). Ce lo può confermare?

L’uso delle droghe è più precoce, soprattutto per quanto riguarda i minorenni. La fine del lockdown per il Covid ha dato un nuovo impulso. La cocaina è la seconda droga illegale più utilizzata tra i minorenni, nel triennio della scuola secondaria di secondo grado, con qualche eccezione nella scuola secondaria di primo grado. Il consumo tra i più giovani è ancora amicale, di gruppo, spesso non è ancora una dipendenza, è un consumo che si trasforma precocemente in abuso: la forma più tipica del consumo di cocaina è quella dell’“abbuffata”, un consumo sfrenato, senza limiti, del weekend che porta a far fatica a tornare a scuola o al lavoro il lunedì mattina, il down perdura. Siccome il tempo di latenza tra l’età del primo consumo e l’età della richiesta di aiuto è molto lungo (possono passare anche 8-10 anni) e poiché non necessariamente il consumo porta alla dipendenza (si può oscillare tra consumo, abuso e dipendenza), sono molto importanti i servizi di intercettazione precoce, che non aspettano che il consumo diventi così problematico da essere indispensabile andare al SerD, luogo molto stigmatizzato dai ragazzi che lo vedono come il luogo dei drogati eroinomani: chi consuma cocaina non si sente un drogato, ha sempre l’illusione di usarla per divertirsi, di controllare la sostanza e nega il fatto di diventare dipendente.

In che modo è possibile un’intercettazione precoce?

È importante che i servizi escano dal loro ambulatorio e vadano nelle situazioni in cui si consuma droga per poter incontrare i giovani e intervenire. Poiché spesso non hanno intenzione di smettere, si può agire attraverso i servizi di “riduzione del danno”, che riducono il danno distribuendo pipe per fumare, cannucce, preservativi per evitare il passaggio delle infezioni. Questi servizi consentono di contattare precocemente i ragazzi, cercando di stringere un rapporto, agganciare le situazioni più problematiche per favorire un ingresso ai SerD, fare un servizio di counselling per monitorare li loro stato di salute e mentale. I servizi di strada sono importanti perché anticipano i tempi di intervento. Tutta la letteratura, internazionale e nazionale, è d’accordo sul fatto che prima si interviene, meglio è. Se si interviene nei primi quattro anni del consumo, la probabilità di uscirne bene e in tempo più breve è nettamente alta. Più il tempo passa, più il consumo diventa cronico, più tutto diventa più complicato. Questo non vuol dire che una persona che consuma da 15 anni cocaina non ne esca, ma lo fa con molta più difficoltà e con meno probabilità. I servizi di strada sono anche quelli che sono presenti nei luoghi antistanti (e magari anche dentro) alcune discoteche, dove si sa che circolano molto cocaina, crack, ecstasy, qui si può fare un lavoro di prevenzione dei rischi. Sono importanti anche i servizi di analisi delle sostanze: è importante che i consumatori sappiano cosa c’è nelle sostanze che comprano, spesso pensano di comprare una cosa e invece c’è tutt’altro. In 10 minuti si può fare l’analisi di una sostanza e restituirla al consumatore, che a volte entra in crisi quando si accorge che nella sostanza ingerita non c’era quello che pensava ci fosse. 

Il Gruppo Abele fu fondato a Torino nel 1965 da don Luigi Ciotti (al centro nella foto)

Un aspetto a cui lei tiene molto è la necessità di un’integrazione tra interventi sociali ed educativi, sanitari e delle forze dell’ordine

Come diceva don Mario Picchi, fondatore e presidente del Centro Italiano di Solidarietà (CeIS), ai suoi tempi: “Il problema della droga, prima di essere un problema penale e giudiziario, è un grande problema educativo”. Se vogliamo fare prevenzione, dobbiamo pensare agli aspetti sociali ed educativi. Un consumatore che è integrato, ha i suoi affetti, la sua famiglia e se diventa dipendente mette a repentaglio questa struttura di vita: cerca, nonostante i consumi, di mantenersi il lavoro, le relazioni, gli amici, la sua immagine sociale. Chi non ha questa struttura di vita perché ha abbandonato presto la scuola, la famiglia è problematica o disgregata, non ha un lavoro o ce l’ha insoddisfacente, fa uso delle sostanze in maniera più dirompente, soprattutto se la sostanza di cui fa uso è molto legata ai contesti e alle persone. La prima lezione sulle dipendenze dice che non si diventa drogati solo perché si consuma una sostanza: alcune fanno male di più altre di meno. Dove la struttura di vita non c’è, è importante intervenire anche sulle problematiche sociali ed educative che possono rimettere in piedi la struttura di vita a cui le persone tengono. Quando alcune mamme vengono a fare counselling, preoccupate perché il loro figlio consuma cannabis, la seconda domanda che faccio è: “Oltre al consumo, cos’altro fa?”. E se la risposta è che non va a scuola, non fa più sport, ha perso i vecchi amici, il tempo della loro giornata è vuoto lì la situazione è preoccupante. Il consumo di sostanze è importante ma non va demonizzato: spesso il problema è il senso che questi ragazzi danno alla loro struttura di vita. Manca un contenitore che può essere la scuola, un apprendistato, il lavoro. Se il ragazzo riesce a recuperare un interesse, a riprendere gli studi, a iniziare un’attività, quasi sempre si verifica la diminuzione del consumo. L’intervento sociale ed educativo è fondamentale accanto a quello sanitario. In molte situazioni, se non c’è l’intervento sociale ed educativo, quello sanitario fallisce, ha bisogno di appoggiarsi sugli altri due interventi, soprattutto nei primi quattro anni di consumo durante i quali si può ancora fare molto.

L’intervento sociale ed educativo è fondamentale accanto a quello sanitario

Leopoldo Grosso

E per quanto riguarda l’integrazione con le forze dell’ordine?

In molte situazioni di consumo, giovanile soprattutto, si è portati a raccogliere i soldi tra gli amici e ad avere rapporti con il pusher, in questo modo i ragazzi riescono a consumare facendo la “cresta” sulla colletta e si pagano il fumo per loro. Così iniziano le carriere di piccoli spacciatori. I più intraprendenti ne fanno un piccolo business. In questi casi (di solito, nella fascia di età intorno ai 18 anni), potrebbero essere importanti le figure delle forze dell’ordine, i cosiddetti vigili di quartiere, che non intervengono in maniera repressiva ma cercano di far capire ai ragazzi che corrono il pericolo di essere presi in flagranza di reato, che hanno bisogno di aiuto e li indirizzano verso i servizi sociali e sanitari.

Grosso, che servizi offre il Gruppo Abele?

Oltre a una comunità per alcol dipendenze, che si trova a Roletto (in provincia di Torino), abbiamo un centro diurno per tossicodipendenze, aperto dalle ore 12. Si pranza insieme alle persone inviate dai servizi per tossicodipendenti, si fanno con loro attività fino al pomeriggio, per alcuni prosegue anche un accompagnamento domiciliare. Stiamo per riaprire, dopo una ristrutturazione, sempre a Torino un centro crisi che ospita ragazzi tossicodipendenti che hanno bisogno di un intervento immediato di comunità, per toglierli da situazioni di strada e di difficoltà. Un’unità di strada cerca di contattare le persone e le invia verso un’altra nostra struttura, un drop-in che si occupa di persone che non fanno ancora riferimento ai servizi e che fa “riduzione del danno”, ovvero distribuisce materiale sterile e intercetta le persone tossicodipendenti. Oggi fortunatamente distribuisce meno siringhe pulite in cambio di siringhe sporche, ma più kit che riguardano l’uso di crack e cocaina.

Le foto sono dell’ufficio stampa Gruppo Abele e dell’Archivio Gruppo Abele.

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