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Co-progettazione, uno spiraglio dal Tar della Campania

Il tribunale amministrativo campano con riferimento a una manifestazione di interesse finalizzata alla costituzione di un partenariato per la co-progettazione e la realizzazione degli interventi previsti da un avviso regionale POR per l’inclusione sociale, ha ritenuto non applicabile la disciplina del Codice dei contratti pubblici, sottolineando le finalità di contrasto alla povertà e alla discriminazione sociale della procedura. Indicando così una strada per uscire dal giogo delle interpretazioni restrittive di Anac ed il Consiglio di Stato

di Federico Mento e Aurora Donato

Qualche tempo addietro, con una mossa a tenaglia, l’Anac ed il Consiglio di Stato hanno portato un colpo quasi letale al fragile istituto della co-progettazione. Disconoscendo il portato dell’articolo 55 del Codice del Terzo Settore, l’Anac poneva all’attenzione del Consiglio di Stato “dubbi interpretativi” circa l’applicazione dei processi di co-progettazione, evidenziando, al medesimo tempo, l’emergere di posizioni “contrastanti da parte di vari stakeholder e del Ministero del lavoro”, rispetto alla non applicabilità del Codice dei contratti pubblici ad ampi settori, nei quali operano in via prevalente gli Enti del Terzo Settore. Quasi ad assumere le prerogative del Legislatore, il quesito dell’Anac evidenziava un “difetto di coordinamento” tra il Codice del Terzo Settore, in particolare gli articoli 55-56-57 relativi ai rapporti con gli enti pubblici, e la normativa nazionale in materia di trasparenza e di prevenzione della corruzione. Il parere, concludendo in favore di una tendenziale qualificazione della co-progettazione come un appalto, ha contribuito a rallentare il ricorso alla co-progettazione, funzionando come una sorta di terribile Medusa per i dirigenti ed i funzionari pubblici, timorosi nel rimanere di sasso solo per aver immaginato di utilizzare il controverso strumento.

La questione, dal nostro punto di vista, non deve essere interpretata solo in punta di diritto, poiché si rischierebbe di limitare il dibattito allo spazio dello specialismo. Il tema della co-progettazione ha implicazioni molto profonde sull’assetto del sistema di welfare. Non si tratta, dunque, solo di una tecnicalità nella gestione delle procedure per la selezione degli erogatori dei servizi, ma, tatticamente, la co-progettazione può assolvere a diverse funzioni, alcune delle quali particolarmente strategiche verso una transizione virtuosa del welfare pubblico. In primo luogo, rovesciare l’asimmetria che si è determinata nell’analisi dei bisogni, con la PA che ha progressivamente depauperato gli spazi ed i momenti per la concertazione ed il dialogo nei territori, riducendo i processi partecipativi ad esercizi di stile. Al contrario, nell’avviare la co-progettazione l’analisi dei bisogni tornerebbe ad essere un’occasione di incontro, scontro e sintesi tra la PA e gli Enti del Terzo Settore. Un secondo elemento agisce sulla dimensione finanziaria, oggi le organizzazioni operano in un regime di concorrenza determinato dal modello degli affidamenti basato sui ribassi. Nel coprogettare, viene meno la competizione per le risorse, mentre l’enfasi viene posta sulla cooperazione nelle risorse. Una terza questione è legata all’efficacia delle risposte, nella co-costruzione e co-produzione delle soluzioni, infatti, si è più rilevanti nel rispondere ai bisogni, incrementando l’efficacia dei servizi.

Dopo il parere del Consiglio di Stato, in molti hanno atteso, se non un intervento del Legislatore, almeno una presa di posizione da parte della giurisprudenza e della stessa Anac. Per quanto riguarda l’Anac, negli ultimi mesi è stata avviata la consultazione online sulle nuove linee guida recanti “Indicazioni in materia di affidamenti di servizi sociali”, la cui data di scadenza era il 5 luglio 2019. Nel documento sottoposto agli stakeholder, l’Autorità, pur sottolineando il valore dell’apporto degli enti del Terzo Settore nella gestione dei servizi sociali, ha nella sostanza sposato l’impostazione del parere Consiglio di Stato, ritenendo che la co-progettazione possa avvenire in deroga alle disposizioni previste dal Codice dei contratti pubblici – nella forma di un accordo procedimentale di collaborazione sulla definizione di progetti innovativi e sperimentali di servizi, interventi e attività complesse da realizzare in partenariato tra amministrazioni e privato sociale – solo al ricorrere di alcuni presupposti che di fatto escluderebbero buona parte delle procedure espletate nella ricca prassi antecedente al parere.

Negli stessi giorni, è stata pubblicata anche una sentenza del Tar Campania che, pur confrontandosi con la questione solo incidentalmente, sembra comunque lasciare aperto lo spiraglio per un’interpretazione diversa da quella che negli ultimi mesi è apparsa preponderante[1]. Il Tar Campania, infatti, con riferimento a una manifestazione di interesse finalizzata alla costituzione di un partenariato per la co-progettazione e la realizzazione degli interventi previsti da un avviso regionale POR per l’inclusione sociale, ha ritenuto non applicabile la disciplina del Codice dei contratti pubblici, sottolineando le finalità di contrasto alla povertà e alla discriminazione sociale della procedura. Il Tar sfiora soltanto la questione, ma, in ogni caso, la sentenza ci ricorda che è possibile ragionare di co-progettazione anche in termini diversi, senza ricondurre in automatico ogni procedura allo schema degli appalti pubblici. Speriamo, questa volta, che la rondine faccia primavera.


* Legal Team

** Human Foundation


[1] TAR Campania, Napoli, Sez. III, 2/07/2019, n. 3620

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