Welfare
Co.co.pro, il ministero fa confusione
Per il nostro esperto Giulio D'Imperio «la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.7/2013 non tiene conto nè degli accordi sindacali, nè delle norme che regolamentano le collaborazioni dei professionisti»
Esaminando la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.7/2013 sono rimasto molto sorpreso in particolare leggendo quanto affermato in merito alla possibilità di applicare i co.co.pro. per le ONG/ONLUS e nelle organizzazioni socio assistenziali.
Quel provvedimento infatti sembra non considerare che la regolamentazione dei rapporti di collaborazione nell’ambito delle Organizzazioni non lucrative oggi è già normata in base a un accordo stipulato in data 20 ottobre 2004, e non ancora rinnovato, ch ha visto come organizzazioni firmatarie l’ Associazione delle ONG italiane e sul vesrsante sindacale ALAI –CISL, CPO-UIL, NIDIL-CIGIL.
A questo punto mi chiedo: le collaborazioni disciplinate dal Contratto a progetto appena citato, sono differenti dalle co.co.pro su cui si intrattiene la circolare del ministero?
I cooperanti a quale disposizione devono attenersi, considerando che esiste un contratto a progetto riconosciuto dalle tre sigle sindacali unitarie e che il Ministero del lavoro non fa alcun cenno a tale contratto collettivo?
Passando poi a considerare le co.co.pro. in realtà socio assistenziali, qualcuno mi spieghi a quali figure potrebbe essere applicato tale formula contrattuale, considerando che in simili realtà lavorano figure professionali (es. medici, psicologi, etc) per i quali non è possibile applicare la collaborazione a progetto in quanto prestazioni di tipo intellettuale per il cui svolgimento è necessaria l’iscrizione in albi professionali?
Considerando anche quanto riportato nel testo della circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.29/2012, i contratti a progetto non possono essere stipulati per compiti meramente esecutivi o ripetitivi che devono però essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Se invece si considera quanto riportato nell’ultima frase del paragrafo della circolare n.7/2013 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dal titolo “Il lavoro a progetto nelle ONG/ONLUS e nelle organizzazioni socio assistenziali” dove si afferma che la collaborazione a progetto può essere svolta in una struttura socio assistenziale quando “il collaboratore determini unilateralmente e, discrezionalmente, senza necessità di preventiva autorizzazione e successiva giustificazione, la quantità di prestazione socio/assistenziale da eseguire e la collocazione temporale della stessa”, si intuisce che il riferimnento a un libero professionista, per cui non vedo la convenienza ad instaurare un rapporto di co.co.pro.
Se non è così mi chiedo: come può una persona che lavora all’interno di una struttura socio assistenziale definire autonomamente “con il destinatario finale della prestazione, gli aspetti operativi riguardanti la tipologia di intervento, gli orari di assistenza e le concrete modalità di erogazione del servizio” la tipologia di intervento senza interfacciarsi con la struttura?
Pertanto sarebbe stato più opportuno, per non far incorrere in errore le strutture socio assistenziali, spiegare con qualche esempio per quali figure è consigliabile applicare il co.co.pro., altrimenti quella norma sarà di fatto inutilizzabile.
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