Formazione

Cnca, il futuro è un’impresa

Sempre meno operatori disposti a una vita comunitaria. Anche per questo nel mondo dell’accoglienza le cooperative sociali stanno sostituendo il volontariato.

di Redazione

Sono trascorsi 25 anni da quando i battenti di Villa Lascaris salutarono l?ingresso di una quarantina di giovani preti antidroga. L?appuntamento di Torino era stato convocato da don Luigi Ciotti. Nel panorama dell?Italia di inizio anni 80 «c?erano due modelli: quello dell?intervento totale di Muccioli e quello di don Mario Picchi, ancorato ai principi del risanamento psicologico del Progetto uomo», don Vinicio Albanesi a Torino si era praticamente autoinvitato. «A Capodarco vivevo ai margini, volevo capire cosa stava succedendo nel cuore dell?impero». Subito comprese che nell?antico maniero del marchese Agostino Lascaris era nata la terza via: «Il nostro era un approccio relazionale e pedagogico». Proprio Albanesi raccolse nel 90 il testimone di Ciotti. Intanto il Cnca – Coordinamento nazionale comunità terapeutiche faceva proseliti. Nel 2002, quando Albanesi lasciò, non senza polemiche, il timone a Lucio Babolin, le dimensioni del Cnca erano pressoché quelle di oggi: 260 organizzazioni, con circa 35mila utenti e 135mila contatti. Tossicodipendenti, ma anche minori in difficoltà e senza tetto. Il Cnca non ha perso la sua matrice originaria, «che è quella di lavorare in stretta collaborazione con i servizi del territorio», ribadisce Babolin, ma comunque sta cambiando faccia. Oggi circa i 2/3 degli associati (la quota va, a seconda del fatturato, da 250 a 1.500 euro l?anno), sono cooperative sociali. Una volta il ?grosso? era costituito dal volontariato. Il trend è segnato. «Molti operatori non sono più disponibili a una vita di comunità, preferiscono impegnarsi nel sociale senza rinunciare a casa e famiglia». Su un binario parallelo intanto continua a viaggiare spedita la regionalizzazione del coordinamento. Ancora Babolin: «Essere riconoscibili a livello locale ormai è imprescindibile». Più imprenditorialità e più radicamento. L?agenda per il futuro però non convince un ?grande vecchio? come Albanesi: «La differenza fra un manager e un imprenditore è che il primo gestisce lo status quo e il secondo investe nelle idee. La sensazione è che oggi nel Cnca i manager la facciano da padroni».

Per saperne di più: <a href="http://www.cnca.it" target="_blank">Cnca</a>


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA