Sostenibilità
Clini: probabile un accordo, ma non vincolante
Il ministro dell’Ambiente fa il quadro sul vertice
di Redazione
Sono poche le speranze per un accordo vincolante. Le distanze tra le economie tradizionali, come Europa, Stati Uniti e Canada, e quelle emergenti, come Cina, India, Brasile, Sud Africa, sono, infatti, ancora difficili da colmare. Ciò non toglie che una condivisione di obiettivi sarebbe già un primo passo importante. A fare un quadro all’Adnkronos sulle potenzialità di Rio+20, la conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile che si terrà a Rio de Janeiro dal 20 al 22 giugno, è il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, già a Rio de Janeiro. Il negoziato, spiega il ministro a Adnkronos, «è in una fase interlocutoria e i due terzi del documento sono ancora in discussione». Secondo Clini, «c’è uno stallo dal punto di vista del negoziato tra due grandi gruppi di paesi, tra quelli che hanno un’economia che cresce e che tira e di cui abbiamo bisogno, e le nostre economie che sostanzialmente non riescono a reggere la competitività sulle produzioni tradizionali e cercano di muovere il mercato su strategie e prodotti nuovi».
Probabilmente «riusciremo a raggiungere un accordo sugli obiettivi comuni verso i quali orientare la crescita senza però che questi diventino un vincolo. Questo pone un problema molto importante soprattutto all’economia europea, che di fatto è quella meglio strutturata, per muoversi verso sistemi di gestione nuovi». In questo contesto, dunque, «l’Europa deve scegliere se rimanere intrappolata in questo confronto che non riesce a trovare una soluzione in un accordo o in un trattato o se invece intraprendere un’altra strada». Ossia, «investire sul futuro proponendo a Cina, Brasile o India di mettere insieme le risorse finanziare e tecnologiche e fare in modo che, il salto di qualità che noi auspichiamo verso l’economia verde, avvenga trascinando le economie emergenti su progetti comuni».
Secondo Clini «è l’unico modo per diventare protagonisti nei mercati nuovi». Ma si tratta di un cambiamento che necessita di coraggio: «bisogna liberare risorse per gli investimenti nelle nuove tecnologie. Bisogna perseguire quella che l’Europa ha scelto come via politica di tendenza, ossia la road map verso un’economia competitiva a basso contenuto di carbonio».
Una strategia che ad oggi, purtroppo, risente della congiuntura economica negativa: «siamo bloccati, in questo momento nella nostra politica di bilancio e austerità, e non siamo in grado di cogliere la domanda che arriva dall’economia emergente».
Eppure le opportunità sono tante. Basti pensare, sottolinea il ministro, che «l’India in un anno ha aumentato gli investimenti per le energie pulite nel mercato interno indiano del 58% e la Cina l’anno scorso ha investito 50 miliardi di dollari». Questi paesi, dunque, «stanno investendo perché hanno bisogno di soluzioni nuove» e sarebbe un peccato non cogliere questa occasione.
Ma, aggiunge Clini, «quello che non si riesce a fare negli accordi tra paesi, in qualche modo accade direttamente nel mercato». In contemporanea ai governi, infatti, «c’è un’iniziativa che si chiama Global compact alla quale aderiscono tutte le più grandi imprese del mondo. La discussione fra queste imprese è molto più avanzata rispetto a quella dei governi perché già praticano iniziative industriali in collaborazione con questi paesi con grandi risultati». Tanto che «spesso i conti di queste grandi imprese europee dipendono proprio dalle loro iniziative nei mercati emergenti».
Ma quali sono i punti principali su cui Rio+20 non può permettersi di fallire? Prima di tutto, commenta il ministro, «concordare una base comune che valga per tutti i paesi». Il secondo punto, invece, «riguarda i mercati. Fare in modo che la convergenza di fatto che oggi c’è nelle più importanti produzioni industriali, diventi una piattaforma per poter sviluppare progetti comuni avanzati».
Da Rio+20, dunque, «potrebbe nascere un’iniziativa globale promossa dai governi che facilitano partnership tra le diverse imprese per lo sviluppo di tecnologie nuove». Come ad esempio: «introdurre regole incentivanti, dare vita a marchi di qualità che vengono riconosciuti contemporaneamente nei diversi paesi». Ma che questo si concretizzi in un accordo scritto, conclude il ministro, «è ancora difficile».
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