Cop28
Clima: un compromesso per la fine dei fossili
"Transitioning away" è la formula magica che ha permesso, a sorpresa, di ottenere il consenso di duecento Stati verso l'abbandono dei combustibili fossili, alla Cop28 di Dubai sul clima. Non è stato un flop, come molti temevano, ma un compromesso verso una strada ormai tracciata, per Francesco Ferrante di Kyoto Club. Intanto, la grande comunità di ricercatori, attivisti, imprenditori che si è incontrata a margine dei negoziati ufficiali guarda più avanti dei vertici politici
«Il pianeta terra non è perduto», così il WWF ha commentato l’accordo raggiunto, con un giorno di ritardo, alla Cop28 di Dubai, la Conferenza Onu sul clima, il 13 dicembre. E Greenpeace: «Il segnale che l’industria dei combustibili fossili temeva è arrivato: è tempo di porre fine all’epoca del gas, del petrolio e del carbone. Ma il messaggio essenziale rischia di essere oscurato da distrazioni pericolose». Per Action Aid «i Paesi più ricchi hanno rifiutato di offrire nuovi finanziamenti per aiutare quelli in via di sviluppo a rendere questi obiettivi una realtà raggiungibile. Gli Stati a basso reddito, già indebitati a causa dei costi dei disastri climatici, potrebbero dover fare scelte impossibili tra sicurezza economica e azione per il clima».
L’accordo finale si gioca tutto sulle parole: transitioning away, la transizione fuori da tutti i combustibili fossili è la formula magica che ha permesso, a sorpresa, di ottenere il consenso globale dopo due settimane di trattative ufficiali nella Blue zone. È in questi spazi che le delegazioni degli Stati lavorano per l’accordo sul testo finale, mentre la Green zone è il luogo aperto, dove nascono proposte e progetti dall’incontro tra le realtà imprenditoriali e della società civile. Oltre cento Paesi, sostenuti dagli ambientalisti e da moltissime organizzazioni, avevano fatto pressione per l’adozione di un testo più ambizioso, con un riferimento all’uscita graduale (phase out) da carbone, petrolio e gas. Senza successo: l’opposizione dell’Arabia Saudita e dei Paesi produttori di petrolio infatti stava portando a un’impasse, che si è risolta nella notte tra il 12 e 13 dicembre.
«La Cop28 non si è conclusa con un flop come temevano/auspicavano in tanti, ma con un compromesso. A mio avviso anche avanzato: la strada per uscire dall’era dei fossili è ormai tracciata», ha scritto Francesco Ferrante, di Kyoto Club, in un tweet rilanciato dall’economista Leonardo Becchetti, docente all’Università di Roma Tor Vergata.
Per Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia «il testo finale rappresenta un miglioramento rispetto all’ultima bozza, che era inaccettabile. Ma è ancora molto permeato e influenzato dalle lobby fossili e da quelle delle false soluzioni del nucleare e dei sistemi di cattura e stoccaggio del carbonio». Il testo finale invita tutti i Paesi a seguire le indicazioni del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico – Ipcc e afferma l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, ma per il WWF l’accordo non è coerente con questo obiettivo. «La vera riflessione da fare, al più presto, è capire come rendere molto più influenti coloro che tutelano gli interessi collettivi e di chi non ha voce, dai poveri alla natura», conclude Midulla.
Sara Roversi, presidente del Future Food Institute, di ritorno da dieci giorni che definisce «travolgenti» a Dubai, afferma: «C’è una comunità enorme che si incontra intorno al grande summit, una rete globale che ha dimostrato di essere presente e attiva su tanti fronti, con progettualità e capacità di guardare oltre, di sperimentare nuove soluzioni. La parola “rigenerazione” è stata presente in ogni ambito, dalla finanza alla salute, dall’economia all’agricoltura. Ho avvertito un cambiamento significativo al di fuori delle aule dei negoziati, con un focus sulla rigenerazione integrale, che include prosperità, fertilità e longevità per l’umanità e il pianeta».
Per la prima volta, alla Cop28 un’intera giornata è stata dedicata al capitolo cruciale della produzione di cibo, responsabile di circa un terzo delle emissioni di gas serra. «Gli Emirati hanno posto grande attenzione al tema, dando l’esempio, da organizzatori della manifestazione, dimostrando capacità di innovare e sperimentare, – racconta Roversi. – Hanno disegnato un menù sostenibile, con proposte vegetariane e vegane, utilizzando un software per misurare l’emissione dei piatti proposti. Se pensiamo che in tutto al summit sono passate oltre centomila persone, possiamo immaginare l’impatto significativo di un’azione come questa, che finora nessun’altra Cop aveva adottato».
Il rammarico, per Roversi, è che nei documenti ufficiali non sia menzionato il tema del cibo, ma «la comunità scientifica, economica e le organizzazioni non governative vanno avanti: i progetti concreti di agricoltura rigenerativa segnano la strada per modelli più sostenibili ed equi. I decisori politici, poi, se ne accorgeranno».
In apertura foto di AP Photo/Peter Dejong/LaPresse
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