Verso Cop29

Clima e biodiversità: la Cop16 a fari spenti

In Colombia, la Cop sulla biodiversità si è conclusa con poche luci e l'ombra del mancato accordo su come finanziare la protezione della natura nei Paesi poveri. Tra pochi giorni in Azerbaijan, alla Cop29 sul clima si riproporrà il tema del divario tra Nord e Sud globale. «Il momento storico che viviamo è attraversato da una frattura tra le nazioni e al loro interno. In tempi come questo, la tentazione è ripiegarsi su se stessi. Ma se lo faremo, sarà la fine della lotta al riscaldamento globale», afferma il segretario esecutivo per il Cambiamento climatico dell'Onu, Simon Stiel

di Elisa Cozzarini

Si è conclusa  sabato 2 novembre al mattino, a riflettori quasi spenti, la Conferenza dell’Onu sulla biodiversità, la Cop16 di Cali, Colombia. Doveva essere un appuntamento decisivo per dare concretezza finanziaria all’accordo di Kunming-Montreal, raggiunto due anni fa in Canada alla Cop15, per fermare la drammatica perdita della varietà di specie animali e vegetali sul pianeta. Viene spesso paragonato all’Accordo di Parigi sul clima, ma di certo non è altrettanto conosciuto. Inoltre, gli Stati Uniti non partecipano alla Cop sulla biodiversità. L’assenza di consenso sulle strategie di finanziamento approfondisce la spaccatura tra Nord e Sud globale: non un buon segnale in vista della Cop29 sul clima che si terrà a Baku, in Azerbaijan, dall’11 al 22 novembre. Ma qualche luce si è accesa con il riconoscimento ufficiale della voce delle popolazioni indigene nei negoziati Onu e l’istituzione di un fondo per l’utilizzo di materiale genetico nell’industria farmaceutica e cosmetica.

Cosa si è deciso alla Cop16 sulla biodiversità

Una delle priorità del vertice in Colombia era stabilire una strategia su come raccogliere i fondi per finanziare la protezione e il ripristino della natura a livello globale: in base all’accordo di Kunming-Montreal, 200 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 e 20 miliardi di dollari da trasferire dai Paesi ricchi a quelli poveri entro il 2025. Si tratta di un incremento modesto rispetto ai 15,4 miliardi di dollari investiti in progetti di conservazione nel 2022 secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – Oecd. Ma i negoziati si sono conclusi con un nulla di fatto, nonostante l’intervento del Segretario generale delle Nazioni unite António Guterrez: se ne riparla in un vertice intermedio a Bangkok tra un anno, mentre la Cop17 sarà in Armenia nel 2026.

Tra i pochi giornali presenti a Cali, The Guardian spiega che i negoziati avrebbero dovuto concludersi la sera del 1° novembre, invece si sono protratti per dodici ore e sono terminati quando oltre metà dei delegati, per lo più di Paesi del Sud globale, hanno dovuto abbandonare la conferenza per prendere l’aereo di ritorno, non avendo le risorse per posticipare il viaggio. Anche l’approvazione del Fondo Cali, di compensazione per l’utilizzo delle informazioni genetiche (digital sequencing information – dsi) nell’industria farmaceutica e cosmetica potrebbe essere avvenuta in assenza del quorum. Dunque, anche il maggiore risultato della Cop di Calipotrebbe essere contestato. Sino a oggi, il materiale biologico raccolto per lo più nella foresta pluviale viene usato gratuitamente da compagnie che ne traggono enormi profitti. Con il nuovo fondo, le imprese dovranno versare o l’1% dei profitti o lo 0,1% del reddito derivante da questo utilizzo, per la tutela della natura.

Lo storico riconoscimento delle popolazioni indigene

Cali passerà alla storia, secondo alcuni osservatori internazionali, per il riconoscimento delle popolazioni indigene e le comunità locali quale soggetto accreditato a partecipare ai negoziati Onu sulla biodiversità, per lo stretto legame che hanno con la terra e l’acqua. Il testo include anche i diritti delle popolazioni afrodiscendenti, che vivono nelle Americhe in seguito alla schiavitù. Per oltre vent’anni sono stati presenti solo come gruppo informale e l’ascolto del loro punto di vista dipendeva dalla buona volontà degli altri delegati.

Per gli osservatori internazionali, però, il giudizio sulla Cop16 è insoddisfacente, soprattutto a causa della mancanza di leadership da parte dell’Unione europea, del Canada e della Cina, che invece erano stati protagonisti a Montreal due anni fa. L’Unione europea si è impegnata a raddoppiare i finanziamenti a sostegno della biodiversità in altri Paesi fino a raggiungere i 7 miliardi di Euro nel 2027.

Verso la Cop29 sul clima

Che ci sia un nesso tra perdita di biodiversità e cambiamento climatico è riconosciuto dagli esperti, da sempre, ma la scelta di affrontare i due problemi in modo distinto deriva dal Summit della Terra di Rio del 1992. «A una settimana dall’inizio della Cop29, la conclusione della Cop16 senza un accordo per colmare il divario finanziario tra il Nord e il Sud globale per proteggere le persone e la natura, è grave perché mina la fiducia tra gli Stati», afferma An Lambrechts, a capo della delegazione di Greenpeace a Cali. «L’unica strategia che può salvarci è proteggere gli ecosistemi che sostengono la nostra vita sulla Terra e creare un ponte politico tra l’azione per la biodiversità e la lotta al riscaldamento globale».

Un anno fa, la Cop28 di Dubai sul clima si è conclusa con un accordo per triplicare le rinnovabili, raddoppiare l’efficienza energetica, lavorare per l’adattamento e l’uscita dal fossile (usando la formula: transitioning away).

Anche a Baku, come è stato a Cali (senza successo), l’obiettivo principale è trovare i fondi per realizzare quanto deciso durante i negoziati. Lo scorso anno si è investito a livello mondiale oltre un trilione di dollari nell’azione per il clima, molto più di qualche centinaio di miliardi di dieci anni fa. Secondo l’Oecd nel 2022 i Paesi ricchi hanno sostenuto quelli in via di sviluppo con 100 miliardi di dollari. Il Segretario esecutivo per il Cambiamento climatico dell’Onu Simon Stiel afferma: «Ma bisogna fare molto di più. Alla Cop29 le delegazioni devono mantenere e rendere concreti gli impegni presi, riconoscendo che la finanza climatica è cruciale per il futuro dell’economia globale e per salvare le vite e i mezzi di sussistenza di miliardi di persone dagli effetti devastanti del riscaldamento globale». Stiel aggiunge poi la necessità di adottare meccanismi per monitorare e assicurare che le promesse di finanziamento siano effettivamente mantenute dagli Stati. Sottolinea ancora che il fondo pr le perdite e i danni istituito alla Cop28 deve essere messo nelle condizioni di funzionare a pieno regime, per «coloro che più hanno bisogno di aiuto».

«Viviamo un momento storico attraversato da una profonda frattura tra le nazioni e al loro interno. In tempi come questo, c’è la tentazione di ripiegarsi su se stessi. Ma se lo faremo, sarà la fine della lotta al riscaldamento globale. Scegliamo invece di fare la differenza, riconoscendo che investire nella finanza climatica è nell’interesse di tutti e può dare risultati positivi ovunque. È l’unica strada possibile per la sopravvivenza e prosperità di ogni nazione del mondo», conclude Stiel.

L’appello del Wwf

Alla vigilia ella Cop29, il Wwf ritiene necessario che siano prese decisioni urgenti per non sforare la soglia dell’innalzamento delle temperature globali di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali e chiede di aumentare in modo sostanzioso i finanziamenti, raggiungendo un accordo sui nuovi obiettivi finanziari. I dati sono sempre più allarmanti. Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia ha dichiarato: «Gli elevati livelli di gas serra sono purtroppo solo uno dei tanti record climatici battuti nel 2023. Nei giorni scorsi il programma ambientale delle Nazioni Unite ha fornito dati sconfortanti sull’inadeguatezza dell’azione sul clima: con le politiche climatiche attuali siamo destinati a un riscaldamento globale di 3,1°C». Questi dati devono, per l’associazione ambientalista, fare da sirena  d’allarme per i decisori politici che si riuniranno in Azerbaijan. «L’aumento vertiginoso delle concentrazioni di anidride carbonica e metano, dovuto alle attività umane, porta a eventi meteorologici estremi più gravi, a rischi economici più elevati e impatti gravi e irreversibili sugli ecosistemi. L’inazione alza la posta in gioco, non solo per il raggiungimento degli obiettivi climatici, ma anche per la salute, la sicurezza e il benessere delle persone ovunque nel mondo», conclude Midulla. «Chi teorizza tempi lunghi e addirittura vuole ritardare la transizione, invece che accelerarla, o non conosce i rischi o fa il gioco di chi antepone interessi di pochi al futuro di tutti e tutte. Oggi i veri nemici dell’umanità sono gli inattivisti climatici e coloro che non cercando di fermare la perdita di biodiversità».

In apertura, Baku, Azerbaijan, foto di Orkhan Farmanli su Unsplash

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