Non profit

Claudio, come un trans diventa un eroe

Il Gaypride Caravaggio. A Stornara, Foggia, una strordinaria esperienza di solidariet

di Mara Mundi

Diverso. 32 anni sulla carta d?identità, una vita assai più lunga alle spalle. Ha conosciuto tante persone, Claudio Dalessandro. Molti amici sono morti. Non è comune, a quell?età, il rapporto così stretto con il dolore, la sofferenza. Aids, alcol, droga. Amici omosessuali, come lui. Ragazzo di provincia, un paese agricolo di cinquemila anime, Stornara, poco distante da Foggia. Pieno Meridione. Poi, la voglia di costruire qualcosa da un cumulo di macerie, che alza polvere soffocante. Il desiderio di aiutare altri ragazzi e ragazze di strada. Soggetti emarginati.
Ha voglia di combattere, Claudio. Esce allo scoperto, in una terra legata a pregiudizi, discriminazione e intolleranza. Fonda un?associazione, la Gaypride Caravaggio, attiva da qualche mese in Puglia e nella vicina Basilicata. Quasi duemila gli iscritti, tra gay e sostenitori eterosessuali. La proposta: ristrutturare un vecchio palazzotto, su due livelli, e destinarlo a Centro di accoglienza per fasce deboli. È una realtà diffusa, quella del degrado sociale. Claudio la conosce bene. L?ha vista con i suoi occhi, quando faceva il transessuale: viveva a Bologna, portava i capelli lunghi, e i suoi seni erano una terza misura. Strinse forte la mano di Jessica, un suo amico, che all?anagrafe si chiamava Raffaele. Nato vicino a Napoli e morto nella città dell?Emilia Romagna. Solo, con il virus dell?Hiv, che lo aveva consumato, fino a ridurlo a niente. Claudio lo ospitò a casa sua, due stanze in affitto in un condominio in zona centrale. Anche Gennarino è stato in quella casa, anche lui omosessuale. Alcolizzato, per la difficoltà di accettarsi e di farsi accettare. Dopo alcuni mesi, Gennarino fumava solo una sigaretta al giorno. Non si attaccava più alla bottiglia. Era salvo. Aiutato dall?impegno di chi credeva e crede nella solidarietà. Un gesto spontaneo di reciproco sostegno. Lo ha fatto al Nord, ora Claudio vuole ripeterlo al Sud.
«Questo Centro di accoglienza dovrebbe prevedere dieci posti letto, in modo da rendere più agevole l?inserimento ed il reinserimento sociale di ciascun ospite», spiega tutto d?un fiato questo giovane presidente, che da qualche mese lavora come operatore ecologico. «Preciso subito, per sgombrare il campo da ogni dubbio, che la nostra iniziativa è rivolta agli omosessuali, così come agli eterosessuali. È rivolta agli emarginati, e vi assicuro che l?emarginazione è una realtà trasversale che colpisce tutti. I criteri di selezione saranno stabiliti d?intesa con il Comune, la Provincia ed altri enti locali interessati a promuovere l?iniziativa, e con l?azienda sanitaria locale». Non si ferma un attimo, Claudio, mentre racconta con incontenibile entusiasmo il suo progetto. «L?integrazione civile e lavorativa della persona sarà al centro di ogni intervento programmatico, messo in campo dalla struttura. Da non sottovalutare il problema della prostituzione, ancora in forte aumento. Vorremmo offrire una possibilità di riscatto a questi giovani, costretti a vendere il proprio corpo, e con questo anche la loro anima, ed una dignità brutalmente calpestata».
Sorride, come fa chi si trova nel giusto. Allarga le braccia, quasi a voler dire che si rimette al fato oppure ad un disegno superiore. È cattolico, Claudio. Ha studiato in seminario. Non si sente un diverso. Mai. Ultimo di dieci figli, adesso vive con il fratello, bracciante agricolo, cinque anni più grande.
La madre è morta di tumore, pochi mesi fa. Il padre è scomparso nel ?91. I genitori gli sono stati vicino. Sempre. Sin da quando le insegnanti di Claudio, in terza media, li convocarono per parlare di alcuni strani atteggiamenti del figlio. Giocava a fare la mamma, Claudio. Nell?ora della ricreazione passava il tempo con le bambole, mentre gli altri suoi compagni tiravano calci al pallone. Poche sedute dallo psicologo, e la diagnosi fu chiara: omosessualità. Claudio consegue la licenza media e va via. Lascia il paese, perché vuol proteggere la famiglia dai pettegolezzi. Arriva a Bologna, per qualche tempo lavora come facchino in un albergo. Dura poco. Cambia vita. Claudio fa il trans. Passano gli anni. Cresce, matura. Claudio capisce che deve tornare nella sua terra, un posto da dove è fuggito sottraendosi alle sue responsabilità. È tornato per esporsi, non per vivere in clandestinità. Lo fa con delle assemblee pubbliche, a tutela dell?integrazione tra mondi in apparenza distanti. «Ho scelto questo paese, il mio, come sede dell?associazione, perché sarebbe stato troppo facile scappare e rinunciare per sempre a vivere liberi». Le adesioni del piccolo centro aumentano giorno per giorno, mentre diminuiscono i segni di disapprovazione. «Ce ne sono ancora tanti: gente che mi prende in giro per strada, ma io vado avanti». Claudio è deciso, irremovibile. Con la mano accarezza le ultime schede di adesione raccolte: sono cinque. Tutti eterosessuali. Già, non è facile per i diversi uscire alla luce del sole, dichiararsi per quello che sono, bocciando i tabù.
«Non è facile, ma vogliamo aiutarli, con una linea telefonica dedicata ai loro problemi e con l?assistenza di operatori specializzati», dice.
È diverso Claudio. Diverso da chi crede che al Sud le cose debbano andare come vanno. Che nulla può esser fatto. Nulla può cambiare o migliorare. Claudio crede nella forza delle sue idee. E combatte, sorridendo.

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