Famiglia

Cittadinanzattiva: rapporto sull’assistenza domiciliare oncologica

Buoni i servizi delle Asl, ma insufficienti a coprire il territorio nazionale. Scarsa la diffusione della terapia del dolore

di Sara De Carli

L’assistenza domiciliare per i malati di tumore in Italia e’ buona, ma averla è una scommessa. Il quadro è dipinto da Cittadinanzattiva, che ha presentato il primo rapporto sull’assistenza domiciliare oncologica. “Pur in presenza di una crescita dell’assistenza domiciliare per i malati oncologici, il servizio sanitario nazionale non e’ in grado, al momento, di garantire ai cittadini un accesso uniforme e omogeneo su tutto il territorio”. Lo ha detto Stefano Inglese, responsabile nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva. “Badanti, infermieri professionali e fisioterapisti hanno un costo elevato e non alla portata di tutti, se bisogna provvedere di tasca propria”. L’analisi e’ stata condotta in 59 distretti sanitari di tutto il Paese. Ne risulta una inadeguata personalizzazione dei percorsi assistenziali, scarso coinvolgimento dei pazienti e familiari, lunghi tempi di attesa per alcune protesi e ausili, ancora non ottimale l’attenzione alla terapia del dolore. Il primo rapporto sull’assistenza domiciliare oncologica ha mostrato comunque che, dove c’e’, il servizio e’ buono: nell’84,7% delle Asl esiste un centro di assistenza domiciliare che garantisce il servizio, in media, a 322 pazienti per anno, l’82% dei quali al di sopra dei 65 anni. Nelle regioni del nord 9 centri oncologici su 10 dispongono di questo servizio contro gli 8 su 10 del Centro e i 7 su 10 del Sud. Il 90,4% degli intervistati preferisce l’assistenza a domicilio rispetto a quella ospedaliera. Soltanto il 7,6% degli intervistati ha potuto usufruire, in alternativa alla assistenza domiciliare, di un ricovero in un hospice. Il 64,7% dei pazienti ha potuto contare sulla visita da parte di un componente dell’equipe nel giro di poche ore. Dalla ricerca e’ emerso anche che piu’ tre Asl su quattro garantiscono un servizio telefonico che fa capo alle sedi dei distretti e dei centri Adi (80,6%), agli Urp (10,1%) o ai Cup (3,3%). Poco meno della meta’ delle realta’ monitorate (47,6%) e’ in grado di attivare il servizio entro le 48 ore mentre l’equipe e’ formata prevalentemente dal medico di famiglia e dall’infermiere professionale e nel 78% dei casi le strutture assicurano misure di terapia del dolore.


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