Salute
Cittadinanzattiva: in Italia le cure oncologiche non sono uniformi
Uno studio dimostra come ci siano enormi differenze territoriali su prevenzione, lotta al dolore e farmaci
di Redazione
Se ci ammaliamo di tumore, non siamo tutti uguali nel nostro Paese. Prevenzione, lotta al dolore e farmaci sono le aree in cui si registrano le maggiori differenze nelle cure oncologiche garantite dalle Regioni. Lo rivela il Rapporto 2011 dell’Osservatorio civico sul federalismo sanitario promosso dal Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, presentato oggi a Roma. Il Documento tecnico di indirizzo del ministero della Salute per ridurre il carico di malattia da cancro 2011-2013, condiviso con le Regioni, definisce la rete oncologica come il «coordinamento di tutte le azioni che riguardano il paziente neoplastico, dentro e fuori dall’ospedale», ricorda Cittadinanzattiva, e rappresenta un requisito fondamentale per consentire un uguale accesso alle cure in tutto il territorio nazionale. La realtà è anche in questo ambito diversa e variegata di Regione in Regione, soprattutto sul fronte della prevenzione e su quello delle cure palliative, con livelli di offerta molto deboli soprattutto in alcune regioni del Sud. Sul tema prevenzione, ad esempio, Liguria, Lazio, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna riescono a coinvolgere nei programmi di screening contro il cancro alla cervice uterina, mammella e colon retto una fetta di popolazione residente inferiore rispetto allo standard definito dal ministero della Salute. Lombardia, Molise e Basilicata registrano performance in linea con lo standard. Si distinguono invece in positivo, Toscana, Veneto, Emilia Romagna e Umbria.
Sul fronte delle cure palliative, Lazio, Basilicata, Puglia, Molise, Marche, Emilia Romagna e Sardegna hanno realizzato e attivato almeno un posto letto per il trattamento palliativo dei malati terminali ogni 56 deceduti a causa di tumore, come previsto dal decreto ministeriale 43 del 22 febbraio 2007. Ben al di sotto dello standard, invece, Sicilia, Calabria, Campania, Abruzzo e Toscana. Anche dal monitoraggio dei segretari regionali di Cittadinanzattiva su chi registra il dolore in cartella clinica, emerge una realtà a macchia di leopardo tra le diverse regioni e tra le Asl della stessa regione. Ai due estremi opposti, si distinguono in negativo Lazio e Liguria che non hanno adottato alcuna forma di monitoraggio regionale, e in positivo Provincia autonoma di Trento, Sicilia, Marche, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana. In Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sardegna il monitoraggio del dolore in cartella clinica è operativo solo in alcune realtà aziendali o limitatamente all’assistenza domiciliare (è il caso dell’Abruzzo).
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