E rappresentano una leva importante, economica e sociale. Ma chi le abita è l’ultimo a conoscere il patrimonio che ha sotto mano. Lo dice una ricerca del Cidac«Sono troppe le iniziative estemporanee, specie al Sud. Iniziative fatte senza una visione strategica complessiva dell’offerta. Senza tener conto dei residenti, ma unicamente pensando a chi fa turismo culturale». E ancora: «Gli strumenti di promozione sono raramente integrati. E in questo senso sarà utile il contributo della nuova Direzione generale per i musei e le gallerie». Parla con cognizione di causa Ledo Prato, segretario generale Associazione Città d’arte e cultura. Per la lunga esperienza e perché questi sono alcuni dei risultati del Primo rapporto sulle città d’arte del Mezzogiorno d’Italia, realizzato dalla Cidac in collaborazione con Mecenate 90 e con il contributo di alcune fondazioni bancarie, del ministero dei Beni culturali e di Unioncamere, che sarà presentato a Napoli il 4 febbraio.
Vita: Nella ricerca si parla del turismo culturale come di una «leggenda metropolitana». In che senso?
Ledo Prato: Le motivazioni di un viaggio sono sempre composite. Il problema vero sta nel rendere compatibili le esigenze dei turisti e quelle dei cittadini, cosa di cui raramente si tiene conto. Non a caso dal Rapporto emerge una complessiva debolezza delle associazioni culturali. Utilizzate poco al Nord, ancor meno al Sud. Bisognerebbe invece puntare su una relazione virtuosa fra cittadini e patrimonio artistico. La cultura può essere uno strumento per la coesione sociale. Ma non ci si pensa e in generale le attività sono scarsamente attente ai residenti. E quindi non tengono conto della specificità anche identitaria dei luoghi.
Vita: Il Rapporto sottolinea anche la cronica assenza di dati…
Prato: In effetti, abbiamo dovuto fare uno sforzo significativo per individuare dei criteri utili a definire cosa sia e da cosa sia caratterizzata una città d’arte, anche perché manca una legge che la identifica precisamente (ne abbiamo presentata una: è stata depositata in Senato nel mese di dicembre). Nel Meridione ne abbiamo individuate 185.
Vita: E cosa emerge dal confronto fra le città del Sud e quelle del Nord?
Prato: Nel Settentrione c’è forse una maggior consapevolezza nel mettersi in gioco come città d’arte, nell’entrare in tutti i segmenti dell’offerta. Anche in quelli economici. Va detto che anche nel Meridione ci sono centri, come Barletta, che investono. Ma in generale al Sud pare mancare un disegno strategico e una attitudine ad analizzare bene progetti e iniziative in modo che non siano attività estemporanee.
Vita: Pompei è forse il caso più esemplare. Un patrimonio straordinario, molte potenzialità non colte?
Prato: Per Pompei bisognerebbe fare un ragionamento molto complesso. Partendo dalla scarsa presenza dello Stato, dalla rete di abusivismo, dal diffuso atteggiamento tollerante nei confronti di diverse forme di illegalità. Andrebbero promossi i tentativi, che pure sono stati fatti, di lavorare in chiave distrettuale. Con Ercolano e gli altri luoghi archeologici.
Vita: Cosa pensa della Direzione generale per i musei e le gallerie creata dal ministro Bondi?
Prato: Servirà a dare impulso. Specialmente se non rimarrà una scelta isolata. Se cioè contestualmente si affronterà il problema del profilo giuridico del museo e della sua autonomia, quello degli standard qualitativi e della classificazione museale finalizzata a politiche mirate di valorizzazione. Un altro problema che occorrerà affrontare è la competenza. Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, la tutela del patrimonio artistico è affidata, in via esclusiva, allo Stato, mentre la valorizzazione è materia concorrente, cioè vi contribuiscono anche le Regioni. Sarebbe opportuno armonizzare gli interventi. In questo senso la Direzione generale potrebbe mettere in moto meccanismi positivi.
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