Salute
Circa il 25% dei bambini al di sotto dei 5 anni non dorme bene
I disturbi del sonno costituiscono un problema comune nella popolazione generale e hanno un’alta prevalenza anche in età pediatrica, interessando circa il 25% dei bambini al di sotto dei 5 anni di età e circa il 10-12% di quelli oltre i 6 anni
di Redazione
I disturbi del sonno costituiscono un problema comune nella popolazione generale e hanno un’alta prevalenza anche in età pediatrica, interessando circa il 25% dei bambini al di sotto dei 5 anni di età e circa il 10-12% di quelli oltre i 6 anni.
La ridotta quantità e la scarsa qualità del sonno hanno importanti ripercussioni sia sulla qualità di vita dei bambini, sia su quella dei genitori, i quali sono sottoposti a notevole stress e sono a rischio di sviluppare problemi di salute, prima fra tutti la depressione.
Nella prima infanzia sono più frequenti le difficoltà di addormentamento, i risvegli frequenti (nel lattante spesso in correlazioni con i pasti o con le coliche gassose) e i comportamenti anomali nel sonno (pavor notturno o risvegli confusionali).
In età scolare, invece, si osservano maggiormente la paura dell’addormentamento e disturbi del movimento correlati al sonno. Negli adolescenti, infine, i disturbi del sonno sono frequentemente conseguenza di stili di vita e abitudini scorrette, in primo luogo l’inversione del ritmo sonno-veglia e l’utilizzo di schermi luminosi in prossimità dell’addormentamento.
Nel bambino, tra le conseguenze più gravi della carenza di sonno, troviamo disturbi di tipo cognitivo-comportamentale (calo del rendimento scolastico, disturbi di apprendimento, ridotta memoria di lavoro), problemi legati alla sonnolenza diurna (disattenzione, traumi accidentali) e l’obesità; nell’adolescente il disturbo del sonno può portare ad abuso di sostanze.
I disturbi del sonno possono essere primari, solitamente su predisposizione genetica, oppure secondari a una cattiva igiene del sonno o a patologie psichiatriche o organiche. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, coesistono diversi fattori e spesso si associano errati comportamenti di gestione da parte dei genitori (ad esempio il “cosleeping”) che favoriscono la cronicizzazione del disturbo.
“L’approccio terapeutico nelle forme primarie è in primo luogo di tipo comportamentale – spiega Nardo Nardocci, del Consiglio Direttivo SINPIA, Direttore Dipartimento Neuroscienze Pediatriche della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta -. Esistono diversi protocolli terapeutici mirati a ristabilire l’igiene del sonno e a migliorare i sintomi. L’utilizzo di farmaci dovrebbe essere considerato solo in caso di inefficacia del primo intervento o in presenza di comorbidità e, benché non esistano ad oggi farmaci approvati per l’insonnia nel bambino, anch’esso dev’essere valutato sulla base del tipo di disturbo”.
“La misura più efficace per evitare l’insorgenza dei disturbi del sonno – conclude Nardo Nardocci – rimane, comunque, la prevenzione precoce, che consiste nel favorire una buona igiene del sonno già nel primo anno di vita. Tra le più importanti regole da adottare figurano la regolarità del luogo e dell’orario di addormentamento e la dissociazione della fase di alimentazione dalla fase del sonno”.
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