Europa

Cipro, ovvero il fallimento della diplomazia internazionale ed europea

In questi giorni gli anniversari della divisione dell'isola avvenuta 50 anni fa tra la Repubblica Turca di Cipro del Nord, riconosciuta solo dalla Turchia, e la Repubblica di Cipro che fa parte dell'Onu e della Ue. Una situazione che non ha ancora trovato il filo di una possibile soluzione dopo più di mezzo secolo

di Paolo Bergamaschi

È una settimana davvero speciale, questa, per l’Unione europea. Tutti i riflettori puntati su Strasburgo dove si è appena insediato l’europarlamento eletto a giugno consegnando a Ursula von der Leyen il mandato per la formazione della nuova Commissione che reggerà le sorti del vecchio continente per i prossimi cinque anni. A 3300 chilometri di distanza, però, nell’angolo più remoto dell’Europa sud-orientale, le luci cedono il posto alle ombre dove aleggiano e si rincorrono i fantasmi del passato.

A Cipro sono due le ricorrenze che scandiscono il calendario della settimana nell’indifferenza pressoché totale della comunità internazionale. Il 15 luglio del 1974 alcune unità della Guardia Nazionale e di membri del gruppo paramilitare Eoka B, sostenuti dalla dittatura dei colonnelli al potere in Grecia, dirigevano colonne di carri armati verso il palazzo dove il legittimo presidente, l’arcivescovo Makarios. stava incontrando un gruppo di bambini egiziani. Fu l’inizio di un colpo di stato che anche se durò solo otto giorni ebbe conseguenze catastrofiche per tutta l’isola. Cipro, che nel 1960 aveva ottenuto l’indipendenza dalla Gran Bretagna, era da tempo preda di tensioni interetniche e interreligiose fra la comunità greco-cipriota, quasi l’80% della popolazione, e quella turco-cipriota. Makarios riuscì miracolosamente a salvare la pelle riparando avventurosamente a Londra grazie all’aiuto degli inglesi che avevano mantenuto alcune basi militari sull’isola. Cinque giorni dopo, il 20 luglio, si scatenò la reazione rabbiosa della Turchia con l’arrivo di truppe aviotrasportate che diedero il via all’invasione. Ankara giustificò l’intervento sulla base del Trattato di Garanzia che assegna a Regno Unito, Grecia e Turchia il ruolo di potenze garanti dell’indipendenza, integrità territoriale e sicurezza dell’isola. Il colpo di stato di matrice greca a Nicosia metteva a rischio la sopravvivenza della minoranza turca. Nel giro di pochi giorni le truppe di Ankara si spinsero fino a conquistare il 37% circa del territorio cipriota, ben oltre la quota del 18% che corrispondeva alla componente turca della popolazione. A distanza di cinquant’anni poco o nulla è cambiato. Un contingente di circa 40.000 soldati dell’esercito di Ankara presidia la parte settentrionale dell’isola che nel 1983 ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza sotto la denominazione di Repubblica Turca di Cipro Nord, riconosciuta, tuttavia, solo dalla Turchia.

Quella che era conosciuta come l’isola dell’amore perché. secondo la mitologia greca, dalle acque del suo mare era emersa Afrodite, la divinità dell’amore per antonomasia, nel volgere di pochi giorni si è trasformata nell’isola dell’odio intercomunitario, interetnico, interreligioso.

La linea verde che divide l’isola in due parti spacca in due anche la capitale Nicosia. Vani sono stati tutti i tentativi delle Nazioni Unite di ricomporre pacificamente la situazione per arrivare alla riunificazione dell’isola. Nell’aprile del 2004 la soluzione sembrava a portata di mano grazie al piano patrocinato dall’allora segretario dell’Onu Kofi Annan. Lunghi negoziati avevano portato alla definizione di un documento concordato tra le parti. Sottoposto a referendum, però, il piano veniva massicciamente bocciato dalla comunità greco-cipriota contrariamente a quella turco-cipriota che aveva dato luce verde. Pochi giorni dopo la Repubblica di Cipro entrava ufficialmente a far parte dell’Ue di fatto amputata della zona settentrionale occupata dalla Turchia, Chi pensava che il processo di adesione avrebbe potuto fungere da catalizzatore per smussare gli angoli e facilitare il riavvicinamento fra le parti ha dovuto ricredersi. A conti fatti abbiamo, più o meno involontariamente, importato un conflitto all’interno dell’Unione senza avere la forza di risolverlo.

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha prodotto a gennaio un ultimo sforzo nominando Maria Holguin come suo inviato personale per verificare se esistono le condizioni per una ripresa del dialogo ma anche questo tentativo sta per spegnersi nel nulla. La questione di Cipro rappresenta, così, il fallimento della diplomazia internazionale con il concorso europeo. Nel silenzio anche del movimento pacifista, in particolare quello più ideologico, sempre pronto a declamare principi ma restio a mobilitarsi laddove potrebbe giocare un ruolo di rilievo di diplomazia dal basso.                

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