Mondo

Cipro, esilio forzato per gli uomini di Kofi Annan

Giorgio Sartori racconta il dopoguerra visto dall’Hotel Flamingo. Ed un articolo di Stefano Arduini sul viaggio in Iraq di don Vitaliano della Sala.

di Carlotta Jesi

“Pare che la Virgin sia pronta a lanciare voli commerciali su Bagdad. Visto da qui sembra molto strano”. Qui, per Giorgio Sartori, responsabile dell?Humanitarian Information Centre for Iraq delle Nazioni Unite, è l?Hotel Flamingo di Cipro, quartier generale per oltre 200 uomini dell?Onu che attendono di entrare in Iraq. E ?strano? è l?aggettivo più politically correct che potesse trovare per descrivere il paradosso cui assiste: voli commerciali pronti a far rotta su Bagdad e voli carichi di aiuti umanitari cui è vietato l?atterraggio in Iraq. Porta chiusa Il 18 aprile è successo agli aerei di Save the Children, il 21 a quelli dell?Onu: “Gli Usa negano un corridoio aereo alle Nazioni Unite”, informa il portale di news umanitarie HIC Iraq che Sartori dirige. Notizia che, vista da Cipro, significa una cosa sola: “L?America vuole gestire gli aiuti in prima persona. La situazione voli si sbloccherà presto, ma intanto abbiamo accumulato ritardo”. E il ruolo vitale (secondo gli alleati) e centrale (secondo l?Ue) che gli uomini di Kofi Annan dovevano avere in Iraq? All?Hotel Flamingo di Cipro è diventata una specie di battuta. Alla domanda, si risponde così: “Ancora non esiste una policy tra l?Onu e gli anglo-americani”. L?unica cosa certa sono i 31 uomini delle Nazioni Unite che il 9 aprile dovevano entrare a Dohuk, Arbil e Sulaymaniyah e che, il 22, ancora non avevano avuto il permesso di portare aiuti nei governatorati controllati dall?alleanza. Tre focolai di colera “In due settimane dalla presa di Bagdad, nessuno dei nostri funzionari internazionali è riuscito a rientrare in Iraq”, spiega Sartori che ha passato gli ultimi 15 giorni a monitorare le emergenze umanitarie del Paese. “Acqua, attrezzature mediche, sangue ed elettricità”, elenca scorrendo la lista di allarmi che riceve ogni giorno da cooperanti, soldati e personale Onu impegnato nel Golfo. Esitando su un?emergenza che ha quasi paura di rivelare: “Ci hanno segnalato tre focolai di colera: l?allarme non è ancora stato confermato, attendiamo l?esito di analisi in Kuwait. Se si rivelasse fondato, però, il rischio di un?epidemia è grande”. Rischio aggravato dalla difficoltà di coordinamento di chi è impegnato sul campo. “Prima della caduta del regime, a Bagdad gli aiuti li coordinava la Federazione della Croce Rossa”, dice Sartori. “Adesso però è il caos: qui arrivano voci di ong che si rifiutano di rispondere alla Croce Rossa e di una costituzione difficile dell?ufficio americano per la ricostruzione”. Alle voci, Sartori e i suoi collaboratori rispondono pubblicando su Internet le informazioni più utili di cui dispongono per facilitare il lavoro delle ong: mappe dei corridoi umanitari e delle strade dichiarate sicure dalla coalizione, liste degli ospedali che hanno bisogno di attrezzature mediche. Ma c?è un dubbio che i 200 uomini dell?Onu in trasferta a Cipro non sono ancora in grado di risolvere: il destino del programma Oil for Food. “Il 15 maggio scade il nuovo mandato”, spiega Sartori, “per fortuna non c?è un immediato bisogno di cibo, ma ancora non sappiamo che ne sarà del programma”. E, di conseguenza, dei 10,3 miliardi di dollari depositati sul conto dell?Oil For Food per acquistare cibo e materiale sanitario. Il viaggio arrabbiato di Don Vitaliano Costretto da ordini superiori a rinunciare al suo ufficio di parroco di Sant?Angelo a Scala, il prete dei no global, don Vitaliano della Sala non si è certo seduto sugli allori della notorietà. Lasciata l?Italia venerdì 18 aprile, eccolo infatti capitanare un convoglio carico di medicinali che dalla Siria ha puntato dritto verso l?ospedale pediatrico di Bakuba, nord di Bagdad. La missione, allestita dall?associazione pescarese Aiutiamoli a Vivere (c/c postale 20316639) vede protagonisti anche la cantante Gianna Nannini, il pediatra Marino Andolina e il poeta Edvino Ugolini. Un viaggio non privo di contrattempi. “In Iraq c?è un vero e proprio stato di occupazione militare”, racconta il religioso durante il trasferimento, anche se “i check-point angloamericani sparsi un po? ovunque controllano poco o nulla”. Quali le ragioni di questa discesa in campo? La risposta è diretta e pungente: “È il minimo che possa fare, ma è anche l?indispensabile, l?improcrastinabile per togliere ai militari la gestione degli aiuti”. Difficilmente il messaggio raggiungerà Palazzo Chigi, ma nel frattempo don Vitaliano lavorerà “per far comprendere alla popolazione irachena che oltre ai militari che hanno bombardato, esiste un pezzo di società occidentale impregnata di umanità che è con gli innocenti. Un bambino non vale mai meno di una goccia di petrolio”. Stefano Arduini


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