Giornata mondiale dell'infanzia

Cinque milioni di bambini nel mondo muoiono prima di compiere 5 anni

A livello mondiale, 148 milioni di bambini soffrono di arresto della crescita, 45 milioni sono deperiti e quasi 5 milioni muoiono prima di aver compiuto cinque anni, ovvero l’equivalente dell’intera popolazione italiana di età compresa tra 0 e 10 anni. È quanto emerge dall’Indice Globale della Fame 2024, tra i principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato da Fondazione Cesvi

di Redazione

A livello mondiale, 148 milioni di bambini soffrono di arresto della crescita, 45 milioni sono deperiti e quasi 5 milioni muoiono prima di aver compiuto cinque anni, ovvero l’equivalente dell’intera popolazione italiana di età compresa tra 0 e 10 anni. È quanto emerge dall’Indice Globale della Fame 2024 (Global Hunger Index – GHI), tra i principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato da Cesvi per l’edizione italiana e redatto annualmente da Welthungerhilfe e Concern Worldwide – organizzazioni umanitarie partner di Cesvi nel network europeo Alliance2015 e, da quest’anno, insieme anche a IFHV – Institute for International Law of Peace and Armed Conflict.

L’insicurezza alimentare acuta e il rischio di carestia sono in aumento e i primi ad esserne colpiti sono i bambini, che subiscono gli effetti della fame già nei primi giorni di vita o addirittura ancor prima della nascita. La malnutrizione infantile è infatti strettamente correlata a quella materna e sono oltre 9 milioni le donne e ragazze che soffrono di malnutrizione acuta in gravidanza e durante l’allattamento, con gravi danni per la salute dei neonati.

La situazione peggiora ulteriormente con la crescita: oltre 36 milioni i bambini sotto i 5 anni sono malnutriti e tra questi oltre 9 milioni soffrono di malnutrizione grave. Dall’Indice Globale della Fame di Cesvi emerge, inoltre, che in 27 Paesi i livelli di arresto della crescita sono così alti da avere una rilevanza molto preoccupante per la salute pubblica: la situazione più grave si registra in Burundi, Yemen e Niger, dove circa la metà dei bambini subisce un ritardo nel normale sviluppo a causa della malnutrizione. Negli ultimi anni la prevalenza dell’arresto della crescita è aumentata di almeno 4 punti percentuali anche in Afghanistan, Argentina, Mongolia, Niger e Yemen. Il deperimento infantile è particolarmente elevato in India, ed è alto e in aumento in Sudan e Yemen.

Siamo ancora molto lontani dall’obiettivo ‘Fame Zero’ entro il 2030. Anche quest’anno milioni di bambini nel mondo hanno sofferto la fame con esiti che arrivano ad essere fatali. In cinque Paesi dell’Africa la mortalità infantile continua ad essere superiore al 10%: in Somalia, Niger, Nigeria, Ciad e Sierra Leone un bambino su dieci non supera i cinque anni di vita.

L’impatto della guerra sui minori

a situazione è aggravata da guerre e conflitti armati: quasi 2 miliardi di bambini vivono in un Paese in guerra e circa 473 milioni – più di un bambino su sei – vivono entro 50 km da scontri armati. La situazione più grave si registra nel continente africano, dove 181 milioni di bambini vivono in Paesi coinvolti in crisi armate. In cinque Stati dell’Africa Subsahariana, oltre 1 bambino su 10 muore prima dei cinque anni, ed è l’area che detiene il più alto tasso di mortalità neonatale globale (40%). La situazione è particolarmente critica in Sudan, Paese che sta affrontando una tragica emergenza fame e dove Cesvi sta intervenendo: qui quasi 9 milioni di bambini vivono in condizioni di grave insicurezza alimentare e oltre 700mila bambini al di sotto dei 5 anni sono a rischio di morte.

In Medio Oriente, il numero più alto di bambini che vivono in zone di conflitto rispetto all’intera popolazione infantile (32,1%): nella Striscia di Gaza, nell’ultimo anno quasi la metà (44%) del totale delle vittime civili registrate aveva meno di 14 anni, con la massima incidenza nella fascia tra i 5 e i 9 anni. In meno di un anno il 96% della popolazione (2,15 milioni di persone) è precipitata nell’insicurezza alimentare catastrofica o acuta, l’acqua pulita è diventata introvabile e le carenti condizioni igieniche hanno provocato problemi di salute al 90% dei bambini sotto i 5 anni. Nonostante le enormi difficoltà di accesso degli operatori umanitari, Cesvi sta sostenendo la popolazione della Striscia di Gaza da oltre un anno attraverso la distribuzione di acqua (raggiungendo  decine di migliaia di persone e dotando 7 accampamenti di cisterne), cibo (consegnando pacchi alimentari e 18 tonnellate di Plumpy’Nut, cibo terapeutico per la cura della malnutrizione acuta) e con interventi, anche strutturali, per ripristinare il sistema fognario e delle latrine, per il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie nei rifugi.

Infanzia e shock climatici

Nel Mondo 1 miliardo di bambini è a rischio a causa delle conseguenze della crisi climatica: 739 milioni vivono in zone con alta o estrema scarsità di acqua potabile e 436 milioni in aree in cui è difficile accedere alle fonti idriche.

L’impatto degli shock climatici si estende a ogni ambito della vita dei minori. In sei anni oltre 43 milioni di bambini, circa 20mila al giorno, sono stati costretti ad abbandonare le proprie case a causa di disastri meteorologici, con forti ripercussioni su tutti gli aspetti della loro vita, inclusa la formazione: ogni anno 40 milioni di minori sono costretti a interrompere gli studi a causa della distruzione degli edifici scolastici.

La situazione è particolarmente critica nell’area del Corno d’Africa, alle prese con una crisi climatica estrema, segnata dall’alternarsi di lunghissimi periodi di siccità e devastanti inondazioni. In Somaliail livello di malnutrizione è ormai gravissimo e stagioni consecutive di scarse precipitazioni, problemi di sicurezza, effetti della guerra in Ucraina e conseguenze dei cambiamenti climatici hanno spinto le comunità più vulnerabili al limite. Il tasso di mortalità infantile nel Paese è allarmante: oltre 3 bambini su 100 muoiono entro i 28 giorni di vita e 4 su 100 prima dei 4 anni. Cesvi opera da molti anni nel Paese per rispondere ai bisogni nutrizionali dei più vulnerabili, attraverso 3 centri di salute nei quali si occupa di cura e nutrizione per neonati e mamme. 

Fame allarmante o acuta in 42 Paesi

L’Indice Globale della Fame (GHI) misura la fame a livello globale, regionale e nazionale basandosi su quattro indicatori: denutrizione, deperimento infantile, arresto della crescita infantile e mortalità dei bambini sotto i cinque anni. Quest’anno il punteggio GHI del mondo è di 18.3, ovvero fame a livello moderato. In 6 Paesi (Somalia, Burundi, Ciad, Madagascar, Sud Sudan e Yemen) è stato riscontrato un livello di fame allarmante e in ulteriori 36 un livello di fame grave. «I progressi compiuti nella lotta contro la fame tra il 2000 e il 2016 dimostrano che un miglioramento sostanziale è possibile, anche in tempi ragionevoli – sottolinea il direttore generale di Cesvi, Stefano Piziali – ma purtroppo dal 2016, quando il punteggio GHI globale era 18.8, per il mondo nel suo complesso e per molti Paesi, i progressi si sono arenati e in alcuni Paesi si sono registrate addirittura delle inversioni di tendenza».

In ben due terzi dei 130 Paesi esaminati nell’edizione 2024 del GHI, la denutrizione non ha registrato miglioramenti o è addirittura aumentata. In particolare, in 22 Paesi con punteggi di GHI 2024 moderati, gravi o allarmanti, è stato rilevato un peggioramento rispetto al 2016 e in 5 Paesi (Venezuela, Siria, Libia, Giordania e Figi) addirittura anche rispetto al 2000. In base alle attuali proiezioni del GHI, al ritmo attuale, sono almeno 64 i paesi che non raggiungeranno livelli di fame bassi, tanto meno l’obiettivo Fame Zero, entro il 2030. Si stima infatti che, con il ritmo attuale, nel 2030, 582 milioni di persone saranno ancora cronicamente denutrite, la metà delle quali in Africa; un numero paragonabile alla popolazione denutrita nel 2015, anno in cui il mondo si è impegnato a eliminare la fame entro il 2030.

Dal GHI emerge, inoltre, che l’insicurezza alimentare acuta si sta rapidamente aggravando, con condizioni di carestia in crescita, in diversi Stati e territori, tra cuiGaza, Sudan, Haiti, Burkina Faso, Mali e Sud Sudan e che solo in un numero ridotto di Paesi (Bangladesh, Mongolia, Mozambico, Nepal, Somalia e Togo) sono stati registrati miglioramenti significativi, sebbene continuino ad essere presenti livelli di fame troppo elevati. In America Latina e Caraibi il rallentamento della crescita è aumentato anche tra il 2016 e il 2023, con situazioni critiche nei territori di Haiti, Brasile e Argentina. Haiti, in particolare, è tra i paesi con i maggiori aumenti nei punteggi GHI tra il 2016 e il 2023, principalmente a causa dell’aumento della malnutrizione: i livelli di fame stanno aumentando drasticamente, mentre il Paese affronta una serie di shock concomitanti, tra cui piogge irregolari, inflazione e turbolenze politiche che hanno generato violenze delle bande e sfollamenti interni.

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