Famiglia

Cinema, l’ora della propaganda. Quei ciak della Cia

Finita l’epoca del cinema di denuncia, oggi dalla celluloide solo opere patriottiche.

di Ettore Colombo

“Ci mostravano come dei pataccari e non degli eroi. Dopo l?11 settembre non era più sopportabile”, spiegava serafico qualche mese fa in un?intervista esclusiva concessa al quotidiano francese Le Monde (che molto s?indignò), Chase Brandon, agente della Cia che aveva deciso di vuotare il sacco. E dunque, se mai qualcuno aveva nutrito dei dubbi, pare proprio che ora ci siano anche le prove: «Cia, Fbi, Forze Armate e Dipartimento di Stato condizionano» sceneggiature e trame dei film per influenzare l?opinione pubblica interna e internazionale, specialmente dall?11 settembre in poi. Dove sta la notizia, verrebbe da dire. Non è certo una novità, l?intesa cordiale Cia-Hollywood, eccezion fatta per alcuni ?turning point? molto speciali della storia americana, come la rivolta dei neri, la contestazione alla guerra in Vietnam, il problema dei reduci dalla medesima e il Watergate. Somalia tragica La novità sta nel fatto che, dopo l?11 settembre, la ?collaborazione? s?è rafforzata, e parecchio. Tra i titoli sotto accusa, tre sono usciti nell?anno in corso e da poco sono arrivati anche nelle sale italiane: Black Hawk Down di Ridley Scott ricostruisce la sfortunata missione americana del ?92 in Somalia, We Were Soldiers di Randall Wallace ci riporta all?alba della guerra in Vietnam, nel ?65, e The Sum of All Fears di Phil Alden Robinson resuscita lo spettro della guerra nucleare. In effetti, a ben guardarli, i tre film in questione puzzano di propaganda bellica lontano miglia. Quello di Ridley Scott ha avuto scarsa fortuna al botteghino in Italia, ma negli Usa ha fatto sfracelli e suscitato un vespaio di polemiche per la sua visione delle stars and stripes tutta e solo a bianco e nero: soggetto del film l?eroica, e scriteriata, azione dei marines, ?contrastati? da una classe politica ovviamente imbelle (all?epoca il presidente era Clinton). Al di là della retorica da «Non ne lasceremo indietro nessuno» stile Salvate il soldato Ryan, solo che nella guerra sbagliata, il film finisce di fatto per giustificare un sanguinoso intervento armato che mise a ferro e fuoco Mogadiscio, anche se solo per una notte. Ma i nostri eroi, che per l?occasione avevano dichiarato guerra a tutta la Somalia (Aidid, peraltro mai catturato, in testa), lasciarono sul campo, morti, ben 13 uomini, nonostante il più classico ?arrivano i nostri? sotto forma di pale d?elicottero. Non va meglio, tuttavia, al Mel Gibson di We Were Soldiers che, con molti meno fronzoli ma anche con molte meno capacità artistiche di Ridley Scott, cerca di rilanciare l?operazione mediatica già tentata (e fallita) dal duro John Wayne che, in pieno ?68, girò Berretti verdi per difendere l?intervento in Vietnam. Trama dell?ennesimo filmone sull?unico passato che non passa della storia americana, spiegare alle masse che i generaloni Usa avevano visto giusto a intervenire nella ?sporca guerra?. Dio è con noi Quello di Randall Wallace non è solo un film spudoratamente retorico, scopertamente revisionista e fastidiosamente bellicista, cioè un?opera di bassa e bieca propaganda militarguerriera. No, We were soldiers è anche un film profondamente e supponentemente blasfemo, che tira in ballo Dio di continuo. Un Dio guerriero e vendicativo che «sta con noi», come ripete di continuo il tenente colonnello Gibson, di cui più volte viene ricordata la convinta fede cattolica e che rincuora il giovane capitano, che ovviamente morirà in battaglia mentre salva un soldato nero, sostenendo tesi da crociato promosso sul campo teologo: «Signore, aiutaci a mandarli all?inferno». Appena uscito nelle sale italiane è infine anche il più riuscito spot della premiata ditta Cia-Hollywood, quella Somma di tutte le paure che ha per grandi protagonisti Ben Affleck e Morgan Frieman: una bomba atomica nelle mani dei perfidi islamici sta per far saltare in aria il mondo libero, ora allargato fino ai russi, ma alla fine la collaborazione tra ex nemici salva l?umanità. Alla base del film c?è, tanto per cambiare, un romanzo di successo di Tom Clancy, lo stesso autore (tra i preferiti del presidente Reagan) che nell?89 ispirò un film come Caccia ad ottobre rosso che aveva come protagonista un perfetto Sean Connery nelle parti di un generale russo (buono) che, al comando di un sommergibile fantascientifico, decideva di passare armi, bagagli (e sommergibile) dalla parte del nemico. Soltanto negli anni 90 tra Studios e Pentagono era calata una cappa di noia mortale: nemici abili e arruolabili non ce n?erano, se non piccoli satrapi orientali di scarso appeal e buoni solo per essere messi alla berlina come prototipo dell?arabo cattivo.


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