Non profit

Cina, il patibolo e il denaro

Il rapporto di Amnesty sulla pena di morte mette a nudo le contraddizioni del gigante cinese

di Franco Bomprezzi

I dati sulla diffusione della pena di morte nel mondo resi noti ieri da Amnesty International servono oggi, sui giornali italiani, a fare il punto soprattutto sullo stato di salute del gigante cinese, in testa alla lugubre classifica.

Oggi la rassegna stampa si occupa anche di:

“Pena di morte: il record della Cina”, titola il CORRIERE DELLA SERA in prima pagina sotto la fotonotizia che ritrae un processo pubblico in un palazzetto cinese gremito di gente con gli inquisiti incappucciati e scortati dai poliziotti mentre fanno passerella davanti al pubblico. Al rapporto di Amnesty in quotidiano dedica due pagine. Il titolo intorno ha un tono ottimistico: “Pena di morte, esecuzioni solo in 25 paesi”. Il 93% delle esecuzioni si è concentrato in 5 paesi (Cina con una quota del 72%, Iran, Arabia saudita, Stati uniti e Pakistan). Nel 2008 però le persone mandate a morte  sono state il doppio rispetto al 2007: 8.864 contro 3.347. A corollario del pezzo principale il corrispondente da Pechino Marco Del Corona spiega come in Cina stiano aumentando i giuristi abolizionisti: «la comunità giuridica cinese ha già registrato un consenso sull’abolizione della pena capitale» ha spiegato in un’intervista Liu Renwen, uno specialista dell’Accademia delle Scienze sociali: il fatto è che «l’opinione pubblica vuole mantenerla».

I dati del Rapporto di Amnesty che tutti i siti, a partire da Vita.it,  hanno diffuso ieri sono passati in silenzio dall’edizione cartacea di LA REPUBBLICA. Una scelta che può far discutere ma che fa capire quanto sia feroce ormai la concorrenza tra internet e carta stampata. REPUBBLICA mette la notizia in basso a pagina 12, senza richiami in prima. Poche righe per confermare il triste record della Cina: 1718 esecuzioni nel 2008. La stessa pagina apre sempre in argomento diritti umani: “Pechino spegne you tube”. Il video sotto accusa è quello che ha mandato online le immagini degli scontri tra monaci e polizia. L’accusa è che si tratti di «frammenti incollati ad arte». Tempi duri per il Dalai Lama anche i SudAfrica che ha vietato il visto sino al 2010. Il nipote di Mandela su REPUBBLICA: «Un giorno triste e una macchia per la democrazia».
Se il quotidiano di Ezio Mauro tace sulle pene di morte, invece riserva una grande notizia in prima pagina ai cinesi d’Italia: “L’albergo in un tombino per i cinesi di Milano”. Due foto impressionanti dell'”hotel Botola”, come viene ribattezzato da Michele Serra, in quanto l’unica via di fuga per questo scantinato di via Mac Mahon 77 era una botola. Sessanta posti letto, 100 euro al mese per una coppia, pochi metri quadrati a disposizione, materassi per terra. Al momento dell’irruzione c’erano 28 persone a dormire. La proprietaria era un’italiana. Commenta Serra: «Dallo skyline alle viscere, con la netta sensazione che saranno le viscere a cambiare lo skyline e non viceversa, se non altro per questione di età. L’età media dell’Hotel Botola è cento, mille volte inferiore di quella degli attuali padroni degli skyline».

E’ Filippo Facci che in prima pagina de IL GIORNALE lancia l’argomento. Il titolo della sua rubrica è “In Cina il boia non riposa mai” e commenta i dati di Amnesty «su 2390 condanne a morte, 1718 avrebbero avuto luogo  in Cina. Usiamo il condizionale perchè il dato è ballerino e cambia a seconda dell’organizzazione che abbia tentato di censirlo. Non è imperizia, nè scarsa trasparenza di Pechino: è proprio il buio totale perchè in Cina i dati sulla pena di morte sono segreto di Stato, quindi le autorità possono rendere noti i numeri che meglio credono. Secondo le maggiori organizzazioni le esecuzioni sarebbero 10mila l’anno, le più prudenti parlano di 5mila. A fare la differenza non è che i cinesi sono tanti, ma che la pena di morte resta prevista per qualche decina di reati, anche se è difficile capire quali e alcuni non implicano l’uso della violenza come frode fiscale, gioco d’azzardo, disturbo della quiete pubblica». Filippo Facci rivela la destinazione di alcuni furgoni Iveco-Fiat: «Nel 2001 l’autorità cinese sfruttò una joint venture con la Fiat per produrre furgoni Daily Iveco da trasformare  in camere mobili di esecuzione. Amnesty nel 2003 scrisse a Fiat per dissuaderla dalla funerea produzione, ma gli risposero che non erano in grado di verificare l’uso che venisse fatto dei veicoli da parte del’acquirente. Il problema si risolse quando Fiat si accorse che dalle casse Iveco mancavano 12milioni di euro  e denunciò il partner cinese». Il caso del pulmino-patibolo è il titolo di pag. 17. Gian Micalessin  cerca di orientarsi nel vortice di cifre, fra cadaveri ufficiali e  effettivi, fra esecuzioni  comminate da tribunali locali e centrali.

Alla questione Cina oggi AVVENIRE dedica solo un editoriale in seconda pagina firmato da Fulvio Scaglione: “Cina, così forte con gli altri, così debole con se stessa” (pag. 2). L’idea è che il regime cinese non sia all’altezza delle aspettative che la sua crescita economia, la sua espansione, la sua influenza politica suscitano. Le statistiche replicate negli anni non solo «dimostrano che la pena di morte non ha alcun effetto positivo sulla quantità e sulla qualità  dei crimini commessi dai cinesi», ma testimoniano anche «della rigidezza del regime, che non riesce a riformare se stesso e le proprie abitudini , e così manifesta una scarsa sicurezza nei risultati (economici e non solo) raggiunti e nel livello del consenso su cui può contare». Il consenso di cui si parla è quello di sistema, il genere di solidità che possono, per esempio, vantare gli Usa (anche se probabilmente cederà lo scettro di prima economia mondiale alla Cina). Questo dunque il paradosso di cui è prigioniera la Cina odierna: «essere così forte nel confronto con gli altri e così debole in quello con se stessa».

Con un box centrale in prima pagina, dominato dalla foto di una donna in procinto di essere impiccata tenuta da due militari cinesi, LA STAMPA da spazio al rapporto di Amnesty International che riconosce come «leader delle esecuzioni» mondiali la Cina con 1718 giustiziati l’anno. La cosa più interessante però  su LA STAMPA è il commento di Vittorio Sabadin che analizza la situazione internazionale mettendo in relazione i due paesi più potenti di oggi nel suo articolo «Il cappio e il dollaro». In breve Sabadin nota come in realtà in un momento di crisi profonda la Cina si ponga come interlocutore principale degli States al G20 di Londra. La Cina cioè potrebbe essere la principale attrice dell’incontro che dovrà trovare strade per portare l’occidente fuori dalla crisi. Il potere cinese e la pochezza degli interlocutori (un Europa allo sbando e una America nel panico) è evidenziato anche dalla visita in Cina di Hillary Clinton che incredibilmente si è dimenticata di fare le domande scomode di rito (pena di morte, Tibet, diritti umani). La principale proposta cinese sottoposta a Obama in vista del summit londinese è una riforma del sistema valutario mondiale, sostituendo il dollaro con un nuovo sistema basato sui Diritti Speciali di prelievi del Fondo Monetario Internazionale. Questo perché le pratiche inflative della Casa Bianca, che per fronteggiare la crisi stampava e iniettava dollari nel circuito americano, hanno messo in crisi Pechino che ha da parte 2 mila miliardi di riserve valutarie in dollari che non si può permettere di perdere né di vedersi svalutate. Inoltre la Cina deve, per tenere in vita il proprio principale debitore, continuare a comprare buoni del Tesoro americani. Tutto questo dice una cosa sola: in realtà il G20 sarà un testa a testa tra Obama e Hu Jintao. Tutti gli altri possono solo sperare che i due si intendano e trovino soluzioni.

 

E inoltre sui giornali di oggi:

 

PIANO CASA

REPUBBLICA – “Napolitano frena Berlusconi”, il titolo di apertura. Il piano casa di cui ieri circolava una bozza era stata fatta girare alle regioni dal ministro Fitto. Il presidente della Repubblica avrebbe consigliato Berlusconi di tenere presente le posizioni delle regioni. Di qui il colpo di freno. Un grafico interessante di REPUBBLICA, dà in parte ragione a Berlusconi: le case costruite dopo il 1991 in Italia sono 791mila su oltre 11milioni di case esistenti. L’edilizia residenziale è quindi in grande frenata, se si pensa che nel decennio 1982-1991 le case erano state 1.290.000!

IL MANIFESTO – Dedica la prima pagina a Berlusconi con il titolo “Il casinaro” sulla foto del premier con cappello da ferroviere. Nel sommario si richiamano i temi alle pagine 6 e 7. «Sul piano – casa Berlusconi va in confusione e annuncia correzioni: “Quel testo non è il mio. Ampliamenti solo per le ville”. Franceschini: “Mente”. Una lettera del Quirinale ammonisce: “Ascoltate le regioni”, il premier promette, ma afferma di non aver mai ricevuto il messaggio di Napolitano. Mentre contro la crisi detta la sua ricetta: “Lavorate di più”». A quest’ultima affermazione è dedicato anche l’editoriale di Gabriele Polo “Rosso e nero” che parte proprio dall’invito di Berlusconi a lavorare di più «questa la ricetta anticrisi di Silvio Berlusconi. Semplici. Se il paese è  rischio fallimento, l’indicazione è quella propria del padrone ai suoi dipendenti. Accompagnata dalla rassicurazione che a tutto il resto ci pensa lui. Un po’ offensivo – per chi già lavora molto e a poco prezzo -, un po’ ammiccante – per chi si affida al tono miracoloso che l’uomo incarna. È il suo messaggio di sempre, quello su cui ha costruito fortune economiche e politiche. Finora ha funzionato per lui» e prosegue dopo aver richiamato l’acquisto del Milan e la fondazione di Forza Italia: «Ora il premier non ha da mettere sul piatto per l’Italia i miliardi che il presidente ha investito per il suo Milan. Né campioni da acquistare. Tremonti non è Van Basten».

LA STAMPA – Il giornale di Torino tratta la questione del Piano Casa berlusconiano in maniera molto approfondita. Da segnalare su tutto l’editoriale, «La partita del premier», di Marcello Sorgi, in cui il giornalista sottolinea l’importanza capitale che questa riforma assume per il premier ma anche per le sorti dell’opposizione. Riassumendo il pensiero di Sorgi, che non pare così contrario al piano del governo, se Berlusconi porta a casa il pacchetto vince un’ennesima arma da brandire contro la sinistra. La casa infatti è uno dei crucci che più accomuna i cittadini italiani, anche quelli di sinistra.
D’altro canto se il piano non dovesse essere varato o peggio passare pesantemente modificato e quindi “innocuo”, sarebbe un’occasione persa per un aiuto concreto ai cittadini. Per di più con la solita querelle di insulti e accuse tra parti. Insomma per Sorgi a questo punto meglio che il piano casa si faccia e magari fatto bene.



PRESERVATIVO

REPUBBLICA– Sondaggio tra gli italiani sulla frase di papa Ratzinger: due a favore su 10 dice il titolo. In realtà i risultati sono più sfumati. I contrari sono il 52%, un dato che curiosamente contrasta con il dato sulla fiducia a Benedetto XVI, che è al 55%. Mentre quella nella Chiesa è al 58%.



ISRAELE

CORRIERE DELLA SERA – “I laburisti al governo con Netanyahu”, il partito di Barak, al contrario dei centristi di Kadima, ha accettato di sostenere il governo di destra del premier designato. In base all’intesa, Barack dovrebbe restare al ministro della Difesa. Ma il partito si spacca fra i laburisti per la partecipazione  a un governo sostenuto dall’ultranazionalista Lieberman e dai religiosi di Shas. Non si esclude – spiega il CORRIERE – che il partito possa andare incontro a una scissione.

SOLE24 ORE – La destra e la sinistra  israeliana, dopo una notte intera di trattative, hanno deciso di governare insieme. La decisione di Barak, riporta il SOLE 24 ORE, non è stata vista con favore da tutti i membri del partito laburista. I 1470 membri chiamati a ratificare la scelta del loro leader hanno spaccato il partito quasi in due: 680 hanno detto sì alla coalizione con la destra, 570 hanno votato contro. Per quelli che hanno votato no, sostiene l’analisi del Sole24ore, è stata una scelta identitaria più che politica. Dal punto di vista politico però, al partito di Barak, la proposta di Netanyahu è la classica offerta difficile da rifiutare. In base all’accordo, il partito laburista entrerà nell’esecutivo con 5 ministri. Il  partito che aveva straperso le elezioni di un mese fa e che conta solo 13 deputati,oltre ad entrare nel governo, ottiene dei ministeri importanti come quello alla Difesa all’Industria. «Se stavamo all’opposizione», ha detto Barak, «saremmo ridotti a ruota di scorta». L’accordo sarà stato anche conveniente a Barak, ma quanto  lo sarà per il processo di pace? L’articolo del Sole24 sostiene che nell’accordo tra Likud e partito Laburista, ci sono più voci riguardanti la politica economica rispetto a quelle che riguardano il processo di pace. Secondo l’analisi di approfondimento di Ugo Tramballi, l’accodo è ambiguo e ignora i nodi storici.  «Dopo tanto lottare l’uno contro l’altro, a 60 anni Bibi e a 67 Ehud sono convinti che la carriera politica non dia loro ancora tempo da perdere fuor dal governo. L’opposizione, è roba per giovani. Una seconda ragione di questo matrimonio contro natura solo in apparenza, è Tzipi Livni: ha 50 anni, è una donna, ed è curiosamente disposta a rinunciare al potere in nome dei suoi principi».  Ed è proprio la Livni il collante che ha fatto unire i due vecchi leader. «Se alla fine Bibi e Ehud faranno il loro Governo e sapranno tenerlo in vita per un tempo sufficiente, si saranno liberati di Tzipi e di Kadima. Un comodo ritorno al passato: ambiguo sulla relazione tra fede e Stato, temporeggiatore su un compromesso con i palestinesi».

IL MANIFESTO – Sull’accordo tra Netanyahu e Barak si osserva da una parte il rischio di scissione tra i laburisti israeliani con un’intervista a Yuli Tamir, ministra laburista all’istruzione che per il suo partito preferiva la scelta dell’opposizione: «rielaborare il nostro programma in senso pacifista e in appoggio ai lavoratori, può darci gli stimoli giusti per rinnovarci, per far emergere la nuova generazione del partito, in modo da recuperare la stima e il consenso degli israeliani».



STAMINALI

CORRIERE DELLA SERA – «L’Italia entro tre anni produrrà sangue da staminali adulte». Utilizzati i cordoni ombelicali. L’annuncio è del sottosegretario del Welfare Ferruccio Fazio. L’Italia al contrario della Gb, ma come gli Stati uniti ha optato per le staminali adulte e non per  quelle embrionali, superando così eventuali problemi etici. «La nostra è la stessa strada che ha scelto l’esercito americano. Questo significherà pur qualcosa», ha detto Fazio. Che poi ha precisato come questo progetto abbia costi elevati e si tratta «di una soluzione complementare che non sostituirà le donazioni».  

 

ABORTO

AVVENIRE – “Crisi, uno spettro chiamato aborto”. Un viaggio fra i Cav e le richieste di aiuto che pervengono. Le motivazioni economiche per le richieste di aborto sono passate dal 23% del 1990 al 44% del 2007. Più un altro 12% che lamenta la disoccupazione e un 10% che parla di alloggio mancante, quindi, indirettamente ancora cause legate a questioni economiche. Sommando le tre motivazioni si arriva a un 66% di donne che chiedono di interrompere la gravidanza per mancanza di risorse.



FINE VITA

AVVENIRE – Ieri è cominciata la votazione degli emendamenti relativi al ddl Calabrò. Bocciati a inizio seduta oltre 1.600 emendamenti «permissivi». Via libera ai primi due articoli del testo: il primo con 161 sì, 95 no e 30 astenuti. Il secondo con 148 voti a favore , 95 contro e 18 astenuti. Passano sei emendamenti relativi al primo articolo: uno di Francesco Rutelli, due di Gustavino (Pd), uno di Michele Saccomanno (Pdl), uno di Domenico Nania (Pdl), già ribattezzato emendamento anti-contenziosi e uno di Laura Bianconi (Pdl). Rispetto al secondo articolo invece sono state approvate 11 proposte di modifica, di cui solo due del Pd (uno di Rutelli).

 

BABY GANG

IL GIORNALE  – Dà notizia della denuncia della Fondazione nazionale antiusura  san Nicola e santi Medici che avverte che il fenomeno delle baby gang  sta coinvolgendo bambini sempre più piccoli che fanno atti sempre più violenti. L’attività che attualmente tira è l’usura: tasso del 200%, per un euro se ne devono restituire tre.

 

ROM

AVVENIRE – In vetrina, un reportage nella regione da cui proviene la maggior parte dei nomadi che arrivano a Milano, Roma e Napoli. Gli adulti sono quasi tutti partiti per l’Italia; là hanno lasciato povertà, infrastrutture fatiscenti, rapporti difficili con la popolazione romena. Con i fondi arrivati dalla Ue sono nate industrie e strade, ma si pagano ancora i danni economici del regime comunista. Sullo sfondo, il traguardo dell’ingresso dell’Ue. La Casa della carità, tenta un’inversione di rotta. L’obiettivo: creare lavoro in Romania per fermare l’esodo dei rom. La fondazione milanese ha finanziato una piccola fabbrica a Tantareni (Craiova) e la formazione dei sei cittadini rom che il titolare locale si è impegnato ad assumere: non è un fatto scontato, dato che nella vicina Bucarest i rom non entrano neppure nei locali pubblici. La situazione cambia leggermente dalla metropoli alla campagna, ma per i gitani questa rappresenta una vera e propria scalata sociale. Questo è solo il primo passo e fare molto altro: l’esperienza di Tantareni potrebbe aprire la strada a una serie di progetti pilota sostenuti da altre fondazioni in Italia.

 

ISLAM

IL GIORNALE – Intervista a Bernard Lewis dal titolo  “Ecco perchè i musulmani ci odiano”. Tra le risposte «Lo scontro di civiltà  non è una trovata, è un fatto». «Gli arabi definiscono la loro identità solo grazie a fede e dogmi», «Il cristianesimo è incompatibile con il loro universalismo», «Il secolarismo  per i seguaci di Allah è considerato il male assoluto».

 

ARMI

IL MANIFESTO – Due pagine dal titolo “Metti un F-35 nel bilancio di crisi” per raccontare che «Oggi in parlamento il megaprogetto Usa Joint strike fighter, che prevede l’acquisto di 131 caccia e la realizzazione di una base a Cameri (Novara). 15 milioni di euro per oliare l’industria bellica», in pratica inizia la discussione nelle commissioni Difesa di Camera e Senato. Gli articoli sono di Giulio Marcon e Massimo Paolicelli. Nella stessa pagina l’appello di Sbilanciamoci dal titolo “Fermiamo i cacciabombardieri” nel quale si osserva che «con 14 miliardi di euro si possono fare molte altre cose in alternativa. Ad esempio si possono costruire 5000 nuovi asili nido, costruire un milione di pannelli solari, dare a tutti i collaboratori a progetto la stessa indennità di disoccupazione dei lavoratori dipendenti, allargare la cassa integrazione a tutte le piccole imprese. Il parlamento faccia una scelta di pace e di solidarietà; blocchi la prosecuzione del programma (…)».

 

CINEMA

IL GIORNALE – A pagina 39 recensione del film “Tutta Colpa di Giuda”  di Davide Ferrario che esce il 10 aprile  in cui la Littizzetto  interpreta suor Bonaria, duro angelo custode dei galeotti-teatranti. Poche scene, ma la sua partecipazione sta già facendo parlare.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA