Welfare

Cina: 13 dopo Tienanmen la repressione continua

Amnesty International ha documentato almeno 195 casi di persone tuttora detenute a seguito delle proteste di Tiananmen al termine di processi iniqui

di Redazione

Ogni anno il 4 giugno si ricordano in tutto il mondo le vittime della dura repressione delle manifestazioni per la democrazia di Piazza Tiananmen. ?Chi ha perso la vita o è stato imprigionato nel 1989 chiedeva riforme politiche, un governo responsabile e trasparente e la fine della corruzione. La maggior parte delle persone lo faceva in modo pacifico? ha dichiarato oggi Amnesty International. Tredici anni dopo, nonostante i ripetuti appelli, le autorità cinesi non hanno ancora fatto piena luce su quanto accaduto allora. Amnesty International ha documentato almeno 195 casi di persone tuttora detenute a seguito delle proteste di Tiananmen al termine di processi palesemente iniqui. Le autorità continuano a rifiutare di aprire un?inchiesta pubblica sulle numerose uccisioni e gli arresti da parte delle forze di sicurezza durante la repressione del movimento filodemocratico e le proteste del 1989. Nessuno è stato messo sotto accusa per le migliaia di persone uccise, ferite o detenute arbitrariamente. Le autorità si sono rifiutate di riesaminare i casi di quanti sono tuttora imprigionati in relazione alle proteste per i reati ?controrivoluzionari?, che dal 1997 non sono più reati per la legge nazionale. Ma è complessivamente peggiorata la situazione dei diritti umani in Cina da quando si sono spenti i riflettori su Tiananmen. Amnesty International documenta casi di maltrattamenti di dissidenti, la violenta repressione di gruppi indipendentisti quali tibetani e uighuri musulmani, gli arresti indiscriminati e la tortura nei confronti di appartenenti a movimenti pacifici come Falun Gong. Almeno duecento seguaci del Falun Gong sono morti in detenzione l?anno scorso. Si continua ad applicare la pena di morte in modo esteso ed indiscriminato. Nel 2001, Amnesty International ha registrato oltre 4000 condanne a morte e almeno 2500 esecuzioni. Le esecuzioni avvengono tramite fucilazione o iniezione letale e in alcuni casi sono effettuate dopo solo poche ore dalla sentenza. Molte esecuzioni di massa si sono svolte in pubblico di fronte a vaste folle. Sembra che almeno un raduno per un?esecuzione di massa sia stato trasmesso in diretta dalla televisione di stato. Dopo l?11 settembre, con la scusa della lotta al terrorismo, il governo cinese ha intensificato la repressione nella regione dello Xinjiang, nella parte occidentale della Cina, soffocando nel sangue le richieste autonomiste della maggioranza mussulmana, di etnia uigura turcofona. ?Mentre a parole il governo cinese si sta impegnando a rispettare gli standard internazionali?, commenta Francesco Visioli, coordinatore per la Cina della Sezione Italiana di Amnesty International, ?nei fatti il rispetto dei diritti umani nel paese è assolutamente minimo. Amnesty International chiede anche alla comunità internazionale di rompere il silenzio e considerare la Cina non solo come un grande mercato e, quindi, una straordinaria opportunità in termini economici, ma anche e soprattutto un paese dove innanzitutto i fondamentali standard internazionali sui diritti umani vengano finalmente rispettati e garantiti?.


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