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Ciclismo & doping. Se sei pulito…corri in Estonia

Sport: la squadra che ha detto no al doping, niente giro né tour. Intervista al patron Ivano Fanini.

di Stefano Arduini

La sua squadra si chiama Amore e vita. Ma siccome nel ciclismo ?grande? di amore per la vita ce n?è davvero poco, lui, Ivano Fanini, industriale di Lucca, una passione sconfinata per le due ruote, ha preferito fare armi e bagagli e portare i suoi campioni su altre corse. Dal 1996 corre il Giro del Marocco, il Giro dell?Estonia, le classiche in Messico.
Vita: Allora Fanini, com?è andata in Estonia?
Ivano Fanini: Che le devo dire. Ormai siamo costretti a correre gare minori in Germania, Stati Uniti, Messico ed Est Europa. Ed è dura fare risultato anche lì. Quest?anno abbiamo vinto solo in Messico. Ormai in Italia, Spagna e Francia non ci fanno più gareggiare. Anche il nostro sponsor principale, il salumificio Beretta, ha ridimensionato il suo impegno nell?Amore e Vita da 800 a 300 milioni di vecchie lire. E dobbiamo ringraziarlo per non averci abbandonato del tutto.
Vita:Non c?è proprio verso di fare il Tour, il Giro o la Vuelta?
Fanini: Ma noi reggeremmo al massimo una settimana. Non si può fare altrimenti, restando puliti. Saremmo il termometro per l?opinione pubblica di quanto il doping domini.
Vita: C?è qualcuno nel ciclismo che vi ha dato una mano nella lotta al doping?
Fanini: Nessuno. Dopo il 1996, siamo stati esclusi dal Giro. Sapevano che dopo tre giorni saremmo andati fuori tempo massimo. Avremmo dimostrato che tutti gli altri si dopano. Ci sono rimasti accanto solo i piccoli sponsor legati al nostro impegno etico contro l?aborto, il fumo e il doping.
Vita: Prima del 1996 non è che foste molto puliti neppure voi…
Fanini: Tutti baravano. Pensavo fosse normale, mi fidavo dei medici. Pensi che all?epoca con Magnusson battevamo un fenomeno come Cipollini. La mia squadra per 16 anni non ha rotto le scatole a nessuno e abbiamo sempre fatto le corse più importanti del mondo.
Vita: Sei anni fa la svolta. Perché?
Fanini:Fino al 1996 i miei ragazzi hanno assunto di tutto. Una notte feci una riunione con il direttore sportivo. Mi disse che i corridori ?caricavano? come bestie. Quando c?era in giro la voce di un possibile controllo, si operavano da soli e si levavano il sangue in albergo. Qualcuno ha rischiato di morire. Poi accadde qualcosa di allucinante.
Vita: Dica.
Fanini: Il Giro del 1996 partì dalla Grecia. Prima della tappa che arrivava a Brindisi, l?allora segretario della Lega riunì corridori e direttori sportivi e ci invitò a gettare a mare tutto l?epo perché in Puglia ci aspettavano i Nas per un controllo.
Vita: Sta dicendo che il segretario della Lega vi ha fatto una soffiata?
Fanini: In piena regola. E ha mandato all?aria l?operazione dei carabinieri.
Vita: E lei dopo che ha fatto?
Fanini: Ho iniziato a licenziare. Nel ?97 hanno beccato nella mia squadra Meloni, Johnson e Massimo Gimondi. Sì, proprio il nipote del grande Felice. Gli ho dato il benservito e solo quando hanno rivelato alla polizia i nomi dei fornitori, li ho ripresi con me. Poi ho iniziato a pubblicare sul nostro sito il valore dell?ematocrito dei miei atleti.
Vita: A livello giovanile come va?
Fanini: Io conosco la realtà toscana. Qui sono i genitori, quando pensano di avere in casa un campioncino, che spingono i ragazzini di 13, 14 anni a usare caffeina e altri stimolanti. Da qui al doping il passo è breve.
Vita: Dove trovano le sostanze?
Fanini: Dai ragazzi più grandi. Sono i genitori a contattarli e a chiedere come rifornirsi. Allucinante. Pensi al boom del ciclismo campano di pochi anni fa, senza storia fino a ieri. Un fenomeno non si inventa dal nulla.
Vita: Come se ne esce?
Fanini: Con il pugno di ferro. Questo doveva essere l?eurogiro, si è trasformato nell?eurodoping. Quando le controanalisi confermano l?uso di farmaci proibiti, uno deve fermarsi 4 anni. Scuse tipo il dentista che fa otturazioni con la cocaina sono una barzelletta. Basta omertà.

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