Volontariato
Cibo salvato, cibo donato
Dal lavoro comune svolto durante il Covid, alcune associazioni monzesi hanno deciso di dare stabilità a una rete collaborativa che si dedica alla raccolta e alla redistribuzione delle eccedenze alimentari: SaveTheFood
Un tavolo di sistema contro povertà e spreco alimentare per mettere in circolo buone pratiche ed essere sempre più tempestivi dove c’è un bisogno. “Save the food” è il modello di coordinamento provinciale nato in Brianza tra realtà associative che operano da anni per la distribuzione di aiuti alimentari a sostegno di persone in grave povertà.
Coordinamento dal basso
Armonizzare interventi frammentati, condividere competenze, ottimizzare l’acquisto di derrate e il recupero di eccedenze sono gli obiettivi della sinergia. La necessità di un collegamento tra i principali attori territoriali è divenuta ancor più evidente durante l’emergenza Covid, quando le richieste di aiuto sono aumentate a dismisura, arrivando a mettere in sofferenza la disponibilità di derrate. Anche sulla base di questa esperienza, è nata la piattaforma informatica “Avanzi il prossimo”, in grado di gestire l’inserimento delle bolle di consegna per la messa a disposizione di eccedenze alimentari, anche da negozi al dettaglio, tra tutte le associazioni coinvolte. Non solo: si tratta di una vera e propria mappa informatizzata che funziona anche per l’interscambio di volontari e la programmazione condivisa delle collette alimentari, in base alle disponibilità dei canali della grande distribuzione. I volontari sono stati adeguatamente formati al suo utilizzo. Una volta perfezionata, la piattaforma sarà messa a disposizione di altre associazioni e dopo la fase sperimentale resterà di utilizzo gratuito. «L’evoluzione ulteriore su cui stiamo lavorando è quella di avere un quadro di tutti gli utenti in carico, per non disperdere gli aiuti, pur nel massimo rispetto della privacy di chi riceve gli alimenti», spiega Beatrice Di Virgilio, responsabile operativa di “Save the good”. Assunta Betti, presidente della Casa del Volontariato di Monza, ne è invece l’ideatrice, che ha saputo partire da un punto fermo: la rete “Pane e Rose”, attiva dal 2015 nel recupero di cibo, anche fresco, a Monza e Brianza.
Una rete per 800
Una realtà che si è allargata di anno in anno ad associazioni che si occupano di trasporti, comunità religiose, cooperative e mense caritatevoli ed è forte della collaborazione con i Servizi sociali del Comune di Monza e di un centro di stoccaggio. Un modello organizzativo che ha contribuito alla nascita di un secondo centro, a Lissone; tra le realtà coinvolte anche Caritas, Fondazione Progetto Arca, Croce Rossa, Auser e Anteas. La rete in poco meno di 10 anni è riuscita a dare sostegno a oltre 800 famiglie, per un totale di 1.400 persone in stato di povertà economica e sociale con la distribuzione periodica di pacchi alimentari. Col tempo si è fatta più evidente la necessità di aggregarsi per condividere volontari, gestione, reperimento ma anche ricerca di fondi. L’evoluzione di “Save the Food”è arrivata grazie al Fondo di contrasto alle nuove povertà nato 3 anni fa dalla Fondazione della Comunità di Monza e Brianza, con il sostegno di enti pubblici e privati, che ha portato a un finanziamento utile anche a formalizzare il tavolo di sistema. Se nel 2019 sono stati raccolti 37.900 chilogrammi di derrate, con la nuova alleanza nel 2023 si è arrivati a 250mila chilogrammi, corrispondenti a circa 18mila pasti mensili. Venti i centri della grande distribuzione coinvolti.
Aiuto che lascia il segno
Tra le famiglie aiutate, ci sono storie che lasciano il segno. «Durante il Covid abbiamo sostenuto persone che non ne avevano mai avuta necessità ma che proprio per la pandemia hanno perso il lavoro e i loro punti fermi. Una volta passata l’emergenza, hanno saputo ricostruirsi», racconta Di Virgilio.
Tra questi oggi c’è chi ha scelto di restituire l’aiuto, diventando volontario della rete. Altri fanno donazioni periodiche di cibo per sostenere il progetto. “Save the food” ha permesso 15 raccolte alimentari con 250 volontari impegnati e la partecipazione attiva di un centinaio studenti di istituti superiori. «Sono ragazzi che portano energia positiva e una notevole capacità di diffondere le iniziative di raccolta tramite i social», racconta Di Virgilio.
Il contributo dei giovani
L’apporto dei più giovani a “Save the food” è fondamentale. Una tirocinante si è da poco laureata in Scienze e tecnologie alimentari con una tesi sul progetto, che è stato anche in grado di inserire in alcuni processi organizzativi persone con disabilità. «Di fatto», concludono i referenti, «il recupero dello spreco alimentare e la lotta alla povertà sono anche uno strumento educativo, formativo e occasione di coesione ed inclusione sociale».
Nel 2024 i ragazzi coinvolti avranno molto da comunicare con social e passaparola: sono previste 30 raccolte alimentari, nel segno dei numeri sempre in crescita.
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