Sostenibilità
Cibo: Parmacotto, riciclati per anni prosciutti scaduti?
Almeno secondo quanto testimonia un ex dipendente, che ora sarà sentito in Procura. L'azienda smentisce seccamente
di Redazione
Migliaia di prosciutti cotti contraffatti, cioe’ riciclati e ‘rigenerati’ quando erano prossimi alla scadenza, e poi messi invendita come nuovi. Un procedimento che in Parmacotto sarebbe andato avanti per almento 15 anni, nella consapevolezza di tutti i dipendenti e su input dei ‘piani alti’. La clamorosa denuncia, tutta ancora da verificare, e’ stata lanciata da Giovanni Cattani, ex dipendente dell’azienda parmigiana, che ha rivelato la vicenda a ‘La Voce di Parma’ con una lettera indirizzata alla redazione prima e poi con un’intervista sulle pagine del settimanale locale. L’intervista non e’ sfuggita alla magistratura locale, senza contare che Parma e’ sede dell’Efsa, l’Autorita’ Europea per la Sicurezza Alimentare. Ancora nessun fascicolo e’ stato aperto in merito dalla magistratura, anche se non si escludono sviluppi. “Allo stato esiste soltanto un ritaglio di giornale che costituisce una potenziale notizia di reato. Altre fonti non ce ne sono. E’ chiaro dunque che sentiremo quella fonte”, riferisce all’agenzia Adnkronos il Procuratore capo di Parma, Gerardo Laguardia. L’ex dipendente, che ha lavorato per Parmacotto per 25 anni, sara’ quindi sentito dalla Procura di Parma che, laddove vi saranno elementi sufficienti e fondanti che emergeranno dalla testimonianza, aprira’ un’inchiesta sulla vicenda.
Ma cosa ha detto l’ex dipendente? Cattani a ‘La Voce di Parma’ ha raccontato che “in quello stabilimento oltre ai prosciutti cotti di nuova produzione si rifacevano quelli che erano prossimi alla scadenza, essendo rimasti invenduti nel nostro magazzino. Con questo procedimento – ha sostenuto – gli davamo altri mesi di vita”. Cattani sottolinea anche che “si trattava non dei prosciutti pre-affettati e messi nelle vaschette, ma dei prosciutti che vanno a finire nei negozi e venduti affettati davanti al cliente”. Addirittura, ha aggiunto l’ex dipendente, “se ne facevano bancali, si arrivava anche a mille o duemila per volte”. Rispetto agli uomini impiegati in questa operazione, riferisce Cattani a ‘La Voce di Parma’, si trattava di “tutto un reparto di confezionamento”. ”Gli uomini che nella produzione normale erano fuori a togliere i prosciutti dagli stampi venivano messi ad aprire gli scatoloni dal bancale e le donne aprovano le buste e buttavano i prosciutti nell’acqua e sale”. Alla domanda della ”Voce di Parma” su quali erano le condizioni dei prosciutti quando venivano aperte le buste, l’ex dipendente ha raccontato: ”A volte erano buoni,altre volte facevano schifo. C’era addirittura qualcuno di noi che, quando venivano aperte le buste, vomitava. A volte c’era una puzza di marcio incredibile. Colava giu’ la gelatina, diventata colla”.
“La Voce di Parma ha pubblicato un articolo, privo di fondamento, gravemente denigratorio e offensivo nei confronti di Parmacotto”: così inizia la replica dell’azienda. “La societa’”, continua, “ha pertanto deciso di intraprendere tutte le opportune iniziative legali a salvaguardia della propria immagine e reputazione e di ogni diritto risarcitorio anche mediante la presentazione di querela per diffamazione nei confronti del soggetto intervistato cosi’ come dell’estensore dell’articolo e del rappresentante legale del giornale”. Lo riferisce una nota diffusa dalla stessa azienda. ”L’ulteriore divulgazione della notizia -prosegue il comunicato della Parmacotto- assolutamente priva di fondamento, verra’ perseguita legalmente, in ogni sede ritenuta opportuna”.
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