La sua enorme forza non le è bastata stavolta: chi l'ha conosciuta sa bene che Francesca ha lottato fino alla fine, come lottava con forza da sempre per rompere qualsiasi tipo di barriera.
Francesca ha smesso di respirare ieri: ma già il suo respiro viaggia in questa triste vigilia di Natale nella voce e nel dolore di chi l'ha conosciuta. Francesca Pieretti viveva e combatteva ad Altopascio, in provincia di Lucca. Era nata 40 anni fa. Una di quelle donne la cui grande forza contrasta con l'esiguità del corpo e dal suo fragile corpo prende ancora più forza.
Francesca è una di quella persone, come Franco Bomprezzi, che è riuscita con la sua opera e il suo impegno a cambiare radicalmente il senso comune sui temi della disabilità. A rivoluzionarli. Ben sapendo che sono temi che toccano in qualche modo ognuno di noi.
Così si presentava sul sito della sua associazione.
"E’ la disabilità che crea il presupposto per l’handicap, in quanto essa si realizza ogni qualvolta l’ambiente in cui vive il disabile interponga barriere architettoniche, legislative, psicologiche o socio–culturali che gli impediscono il normale inserimento sociale".
Ironica, delicata, determinata. Francesca non si arrendeva mai. Aveva portato il tema delle barriere di ogni tipo nella sua comunità, impegnandosi anche politicamente nel proprio comune. Con la sua associazione, Punto Handy, aveva avviato tanti progetti in innumerevoli ambiti, tutti quelli dove siamo ancora maledettamente indietro. Pochi giorni fa aveva compiuto 40 anni, così rifletteva su facebook sulla sua nuova età:
"Ho attraversato anni di battaglie, di sfide, di vittorie e di sconfitte, facendo i conti con la disabilità che il destino mi ha assegnato, ma anche cercando di trarre il meglio dalle opportunità che il cervello e la vita mi hanno posto davanti. Prima di arrivare a costruire l’autonomia, l’indipendenza, un progetto di vita; la scuola, gli amici, l’università, l’impegno sociale e nel volontariato, persino la politica, e infine un lavoro hanno caratterizzato questi miei anni difficili ma sempre con lo spirito di ricominciare ogni volta. In questi anni ho affrontato sguardi scettici, ma anche sorrisi e strette di mano, ho viaggiato e confrontato, ho incontrato migliaia di persone, disabili e non, e ho avuto la fortuna di avvicinare teste lucide e coraggiose, che mi hanno spronato a dedicarmi, per quanto possibile, a diffondere una buona e onesta cultura dei diritti e della normalità di vita. La soddisfazione più grande – attraverso il mio lavoro – è scoprire, ogni tanto, che le mie parole hanno aiutato qualcuno a vivere meglio. Non credo nella felicità lontana e non è ciò che cerco, piuttosto ambisco a quella salute e serenità quotidiana, e trovo che il modo migliore per tentare di vivere a questo mondo sia essere sempre e comunque se stessi, pensare ed agire sempre con la propria testa, sono convinta che non ci sia niente di più basso che farsi trascinare e influenzare dagli altri. Non voglio favoritismi, ma desidero opportunità, desidero considerare il mio handicap un motore dove non si conoscono i suoi limiti, e dove nulla vieta di provare a conoscere l’ebbrezza di una velocità che non si calcola in chilometri orari, ma in centimetri annui rubati dalla disabilità; di una potenza che non si misura in cavalli, ma in determinazione; di una ripresa che non si assapora in qualche secondo, ma in un solo respiro, e poi ammirare quella carrozzeria che circonda quel motore, e di scoprirla armoniosa, completa, ed efficiente. Come lessi una volta in un libro: questo è il primo giorno del resto della mia vita …".
Cara Francesca, hai già detto tutto tu. Ci mancherai e riposa in pace.
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